Cassese ci racconta cos’è la democrazia

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25 Novembre 2017

 

“Incompiuta, fragile, vulnerabile: eppure la democrazia è il solo modo di continuare a guardare con fiducia al futuro”. La quarta di copertina de “La democrazia e i suoi limiti”, l’ultimo libro di Sabino Cassese, è un vero atto di fede del grande giurista in quella che Churchill definì la peggiore forma di governo ma aggiungendo che non ne conosceva di migliori. Proprio sui limiti va dunque fatta una profonda riflessione in quanto “la democrazia è essa stessa lo strumento del governo limitato”.

Il ragionamento sul sistema democratico o, piuttosto, sui limiti del sistema democratico che Cassese offre all’intelligenza del lettore è denso di suggestioni e utile anche a dissipare alcuni luoghi comuni oggi correnti sulla stessa idea di democrazia. A cominciare da quella ingenua della democrazia come governo del popolo. Il popolo , sostiene Cassese, é protagonista del processo democratico soltanto nella fase dell’investitura della rappresentanza, protagonista è invece la rappresentanza a tal punto che si dovrebbe parlare di governo di una parte dell’oligarchia per conto del popolo.

L’idea di una onnicomprensività della sovranità popolare viene smentita anche dalla presenza di quelle che l’autore definisce “componenti aristocratiche del processo decisionale”, cioè pubblica amministrazione e magistratura che rispondono ad un criterio di competenza tecnica e che sono irriducibili alla legittimazione popolare. Immaginare una contaminazione fra politica e amministrazione e ancor di più fra magistratura e politica costituisce un grave errore come grave errore è la chiusura degli stessi in quello che definisce “corporativismo autoreferenziale” che, storicamente e tecnicamente si rivela ostacolo alla modernizzazione.

Altro tema, e altro limite, è offerto dalla crescente integrazione globale e dall’emergere di organismi internazionali che possono, laddove non regolate da standard e da regole, mettere a rischio la stessa democrazia. Cassese non  teme questo pericolo anche perché gli organismi intergovernativi si dotano di strumenti di ascolto coinvolgendo organizzazioni legate alla società civile nelle loro riunioni o sperimentando procedure di democrazia deliberativa. Proprio in riferimento alla Unione Europea, Cassese sostiene che l’assenza di una “cinghia di trasmissione tra domanda popolare e politiche europee simile a quella nazionale” non è un ostacolo ma una peculiarità di un ordinamento diverso da quello nazionale ma pur sempre democratico, vale a dire legittimato sia pure con diversi livelli di intermediazione dal popolo.

Cassese, in quanto a idea di democrazia, propende dunque per una impostazione schumpeteriana del processo democratico: da un lato infatti ci sono gli elettori che scelgono sul mercato politico l’opzione che ritengono migliore, dall’altro c’è il governo che deve essere messo in grado di realizzare il programma che è stato preferito dall’elettorato.  E’ chiaro quindi che il nostro non prova fascinazione per quell’altro modello, prevalso per lungo tempo, che è poi quello kelseniano per il quale le decisioni vengono elaborate attraverso la mediazione parlamentare e il compromesso fra interessi diversi.

Il modello kelseniano, che nella sua esplicitazione economica si affida a quello keynesiano, a suo giudizio si manifesterebbe come fonte di inefficienze ed ostacoli al processo decisionale, che è poi quello fondamentale in un sistema di governo. Insomma, un saggio carico di suggestioni che si inserisce in un dibattito di grande attualità e dal quale, nonostante tutto, viene fuori una visione ottimistica, ne è infatti esempio limite il suo escludere che si debba considerare alla stregua di una patologia del sistema democratico il diffuso astensionismo che si  registra in questi anni.

TAG: democrazia, governabilità, Istituzioni politiche, politica, Unione europea
CAT: Scienze sociali

Un commento

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  1. amorislaetitia 6 anni fa

    ho appena letto la recensione e sono anch’io ottimista cioè penso che l’astensionismo non sia una malattia patologica del sistema democratico. CREDO INOLTRE CHE il modello keynesiano sia ormai obsoleto e si debba andare verso il sistema che premia la realizzazione del programma vincente. Si avrebbe così chiara visione di quale effetto sia stato prodotto da una determinata scelta politica, e si avrebbe così la possibilità di una chiara alternativa nelle successive votazioni. Senza fare un’ammucchiata e una vittoria di tutti e di nessuno, per una sconfitta che si possa spalmare su tutti… Il sistema che ha governato sin qui è stato di questo tipo, forse anche per questo l’astensionismo è aumentato almeno qui in casa nostra.

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