Baricco, Renzi e la cultura della “cattiveria”

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3 Dicembre 2017

In un agile libello estratto dagli incontri culturali organizzati in occasione de “La repubblica delle idee” – 2013, Baricco parla di “cambiamento”. Sull’onda del renzismo dilagante – anche se è difficile ricostruire il rapporto di causa-effetto: è Baricco il guru che si nasconde dietro lo storytelling della rottamazione o è Renzi che ha rappresentato un modello per le osservazioni di Baricco? – lo scrittore torinese, appunto, si interroga su quali siano Le parole esatte da cui ripartire, che poi è il titolo del monologo da lui tenuto a Firenze il 6 giugno 2013  e riprodotto in versione scritta da “la Repubblica” nello stesso anno.

Le parole che l’autore di Oceano mare individua come determinanti per far ripartire l’Italia sono quattro: educazione, cittadinanza, cattiveria, speranza. Quello su cui vale la pena riflettere, in particolare, è l’accezione che l’autore dà alle parole “educazione” e “cattiveria”.

In modo liquidatorio Baricco osserva che in Italia non abbiamo idea di cosa significhi oggi “educare”. E poi precisa che a monte del problema c’è il fatto che è sbagliato proprio il “come”insegniamo. E spiega: per farvi capire che cosa voglia dire “educazione”, si potrebbe pensare che ricominciare dovrebbe coincidere con il dare ai ragazzi un modo di esplorare il sapere che sia coerente con la loro forma di intelligenza. E si chiede: perché la scissione tra la vita scolastica dei ragazzi e il resto della loro vita si è spalancata a livelli che anche solo per la mia generazione erano inimmaginabili?

Infine conclude: bisogna inventare una scuola adatta a loro … questo Paese va alfabetizzato nella lingua del presente, cioè nel digitale. La scuola ha l’obbligo di mettere in connessione i giovani con lo spirito del loro tempo e, aggiunge: se sposti quattro cose di colpo, con decisionismo nella scuola … l’accelerazione a un ritorno vero al gesto dell’educazione è immediata.

Poi, nel paragrafo dedicato alla parola “cattiveria”, Baricco fornisce la ricetta infallibile per realizzare il piano di modernizzazione della scuola che avrebbe sospeso la volontà di educare. Per lui “cattiveria” è la capacità di dare un taglio netto al passato: non si cambia nulla se non si acquisisce la capacità di uccidere qualcosa. E se la prende con l’Italia secondo lui affetta da un’atavica incapacità collettiva di far estinguere le cose e afflitta da un difetto insopprimibile, cioè, la pretesa di rimanere abbarbicata allo strano desiderio di costruire il nuovo salvando tutto il vecchio. E, se non è chiaro, Baricco integra: cosa significa ammazzare le cose? Significa, naturalmente creare shock e disagio … non si lasciano in piedi delle cattedrali inutili. Non si può fare.

La logica conclusione è una sola: bisogna smettere di affezionarsi alle cose … bisogna accorgersi con serenità e con la giusta cattiveria che alcune nostre conquiste e idee buone che in passato abbiamo avuto e realizzato, nel tempo si sono praticamente stoppate su se stesse e stanno producendo solamente zavorra … Dobbiamo ripartire dalla cattiveria.

È difficile dire se la legge 107/2015 – “La Buona Scuola” – sia figlia di questa weltanschauung, ma le sia avvicina in modo sorprendente. Due, infatti, sono i pilastri portanti della riforma scolastica mutuati dalle riflessioni del maître à penser Baricco: cesura rispetto al passato e innovazione digitale. Tutto in nome del “cambiamento”.

Non ci si rende conto, però, che il concetto di cambiamento è una categoria del marketing. Si cambia, di solito, una macchina vecchia per acquistarne una più accessoriata, anche se non sempre quella nuova risponde a una reale esigenza di sicurezza, insomma, a una effettiva necessità, ma, in genere, riflette solo il fascino della novità. “Nuovo” diventa sinonimo di “bello” e di “buono”. Va detto, d’altra parte, che nella cultura di mercato, il nuovo esiste davvero: ciò che è reputato vecchio viene sostituito da una reale alternativa che concretamente si distacca dai modelli, di fatto, superati in termini di efficienza. Non si può dire la stessa cosa per “La Buona Scuola”, che non è affatto un’alternativa, perché la scuola prima di questa riforma funzionava – certo, tutto è perfettibile – ma ora, invece, sembra impantanata in labirintiche difformità rispetto ai principi sanciti dalla stessa Costituzione. Già, ma bisogna essere “cattivi”: secondo questa linea di pensiero anche la Costituzione andava cambiata … era un retaggio del passato!

Nel mondo della cultura e della scuola, invece, non valgono le categorie del mercato e non sempre il cambiamento innova in meglio, spesso, anzi, produce una reformatio in peius: per dire di aver innovato, non basta aver formalmente imposto un piano di digitalizzazione delle scuole che del peggiore maoismo presenta la carica avvilente della “marcia forzata” e della tradizione tipica dell’Italietta conserva l’ipocrisia. Come si può imporre la didattica multimediale se non si dotano le scuole delle attrezzature elementari per realizzarla? E, poi, si può davvero imporre una metodologia? Il “vecchio” contratto degli insegnanti – comunque ancora in vigore – e l’articolo 33 della Costituzione non prevedeno la libertà dell’insegnamento e delle scelte didattiche? È davvero corretto, è veramente onesto far circolare il messaggio fuorviante secondo cui la vera didattica vincente sia quella della flipped classroom, del docente youtuber, della LIM e dei videoproiettori?

Alla “cattiveria” proposta da Baricco andrebbe opposta la nota espressione di Umberto Eco che, riprendendo una frase di Bernardo di Chartres, scriveva: siamo nani sulle spalle di giganti. Non si può cancellare il passato e liquidarlo come “vecchio”. Non esiste presente senza passato. E, comunque, i cambiamenti non sono mai tagli netti, ma processi lenti e graduali e devono produrre effettivi miglioramenti. E, invece, “La Buona Scuola” non ne ha fatti registrare. E il renzismo sta facendo acqua da tutte la parti, vittima di un’implosione imprevista, rottamato da nuovi rottamatori che avanzano.

Davvero è vincente la carta della “cattiveria” giocata da Baricco? Davvero l’Italia ha bisogno di cesure e tagli netti? Davvero il passato è solo zavorra?

Nel linguaggio nautico anche la zavorra ha un senso, se non altro serve a fare da contrappeso ad un’imbarcazione, perché si tenga in equilibrio e possa navigare.

TAG: Cultura, libri, Matteo Renzi, scuola
CAT: Governo, Letteratura, Partiti e politici

2 Commenti

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  1. evoque 6 anni fa

    Si prende a pretesto Baricco per attaccare La Buona Scuola. “La scuola prima di questa riforma funzionava – certo, tutto è perfettibile – ma ora, invece, sembra impantanata in labirintiche difformità rispetto ai principi sanciti dalla stessa Costituzione”. Siamo sicuri che la scuola funzionasse prima della riforma Giannini? Allora, come mai una maestra di sostegno – è cronaca di ieri – obbliga lo scolaro bisognoso di sostegno a correggere la parola zebra, scritta correttamente, in zebbra, con due b? E, andando indietro con gli anni, come mai io alle elementari avevo avuto una maestra che pronunciava un pessimo italiano: ci dettava borza e noi bimbi di terza elementare diligentemente scrivevamo borza? Che però all’atto della correzione veniva considerato errore.

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  2. giofederle 6 anni fa

    1 Il motivo principale per cui si dovrebbe cambiare l’automobile è proprio perché si constata che non funziona.
    Non ho letto nulla sul mancato funzionamento della “Buona scuola” su questo articolo: si da per scontato che non funzioni pregiudizialmente.

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