Nel paese dei Ponzio Pilato Barabba è Re

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21 Maggio 2015

Ma mentre Norberto Achille rubava a piene mani dove erano i suoi collaboratori, i dipendenti di Ferrovie Nord, le segretarie che pagavano le multe, i dirigenti che ne coprivano le spese folli e tutti quelli che non potevano non sapere e hanno taciuto per anni? Quando avremo il coraggio di ammettere che il silenzio degli innocenti ci rende colpevoli e che nessuno può rubare senza avere qualcuno che gli fa da palo? Veramente c’è qualcuno che pensa che in Ferrovie Nord non sapessero quasi tutti qual era l’andazzo?

In un paese di Ponzio Pilato, Barabba la fa da Re.

Indisturbato.

Achille è l’ennesimo esempio di un’ignavia che si è impossessata di quasi tutti noi vanificando qualsiasi possibilità di un controllo etico che , dalle basi della nostra società, ne raggiunga i vertici. Un comportamento che arriva addirittura a negare e tacitare anche le voci di denuncia che alle volte si alzano anche se consce di essere spesso  inascoltate. Ci limitiamo ad un costante lamento generalizzato, rivolto a impersonali categorie professionali, imprenditoriali, politiche, amministrative, senza fare mai un nome, urlare un cognome, indicare un indirizzo. Fino a che i mariuoli non vengono  smascherati, noi non sappiamo, sentito, visto niente. Solo dopo incominciano, come un fiume in piena , gli aneddoti che prima erano dei tabù raccontati a denti stretti, pettegolezzi da macchinetta del caffè, confidenze di Pulcinella.

Achille è l’ennesimo esempio di una sudditanza che intimorisce e spegne il coraggio di onestà anche di chi non ne ha nessun vantaggio. Difende semplicemente un posto ma  non un lavoro che, anzi,  ama sempre di meno e svolge, spesso sconfortato,  sempre peggio. Un declino progressivo da cui si può uscire esclusivamente con una partecipazione, questa sì assolutamente collettiva e del basso, che smascheri ogni tipo di privilegio, ruberia, vessazione.

Non so se sia necessaria una legge, non so se debba essere incentivata la pratica del “whistleblowing” ( 1),  ma sono quasi certo  che noi potremo essere uno, cento, mille, commissari anticorruzione, antiruberie, antifrode di inaspettata  efficacia.

Dobbiamo solo riacquistare coscienza e ritenerci direttamente responsabili, smettendola di delegare ad altri il compito di difendere i nostri beni comuni.

Invece di aspettare le grandi inchieste di coloro che di queste patologie vivono e prosperano, invece di chiedere interventi e controlli dall’alto che non sortiscono nessun risultato, invece di rifugiarci nell’indifferenza, aguzziamo la vista, apriamo le orecchie ma soprattutto torniamo a urlare, non alla luna, le nostre denunce facendo nomi e cognomi, raccontando fatti, smascherando imbrogli e illegalità.

 

1) Il “whistleblower” (soffiatore nel fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione; per questo decide di segnalarla. Il “whistleblowing” è uno strumento legale – già collaudato da qualche anno, anche se con modalità diverse, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna – per informare tempestivamente eventuali tipologie di rischio: pericoli sul luogo di lavoro, frodi all`interno, ai danni o ad opera dell’organizzazione, danni ambientali, false comunicazioni sociali, negligenze mediche, illecite operazioni finanziarie, minacce alla salute, casi di corruzione o concussione e molti altri ancora. E’ evidente come i primi in grado di intuire o ravvisare eventuali anomalie all’interno di un`impresa, di un ente pubblico o di un`organizzazione no-profit sono spesso coloro che vi lavorano e che sono in una posizione privilegiata per segnalare queste irregolarità. Tuttavia, indipendentemente dalla gravità o meno del fenomeno riscontrato, molto spesso i dipendenti non danno voce ai propri dubbi per pigrizia, ignoranza, egoismo ma, soprattutto, per paura di ritorsioni (se non addirittura del licenziamento) o per la frustrazione di non vedere un seguito concreto e fattivo alle proprie denunce. Una legge per l’istituto del whistleblowing offre – e offrirebbe anche in Italia – una tutela legale per i lavoratori che denunciano le irregolarità nel caso questi subiscano una ritorsione da parte del “denunciato” proprio a causa della delazione di quest’ultimo.  ( dal sito http://www.whistleblowing.it/)

TAG: whistleblowing corruzione achilli denuncia partecipazione ruberie frode leggi
CAT: Beni comuni, Criminalità

4 Commenti

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  1. alfio.squillaci 9 anni fa

    D’accordissimo, anche perché ho pagato duramente nella vita precedente per aver osato oppormi al mio capataz di turno. Ma occorre procedere a quello che Ortega y Gasset chiamava “el repulimiento de las cabezas”, il cambio di mentalità. In Italia è intollerabile ancor più che rubare “fare la spia” (perché non si è addirittura “figli di Maria”) però non c’è altra strada che questa, il whistleblowing o anche l’altra pratica anglosassone, quella di “tentare” il pubblico ufficiale con atti corruttivi. Anche questa pratica sarebbe intollerabile in Italia. Insomma occorrerebbe diventare un po’ protestanti?

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  2. marcogiov 9 anni fa

    Articolo che lascia perplessi. La colpa è di chi non denuncia, non di chi ruba. Anche in Sicilia, ad esempio, la mafia esiste perché nessuno denuncia, perché i siciliani non hanno voglia di andare in caserma dai Carabinieri. Se ci andassero tutto si risolverebbe, no? Forse i collaboratori di Norberto Achille avevano il fondato timore che avrebbero pagata cara la rottura dell’omertà e, scriveva un certo Alessandro, il coraggio uno non se lo può dare.

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    1. andrea-bonessa 9 anni fa

      Marcogiov, l’articolo vuole proprio affermare che, ferma restando la colpevolezza del reo, il silente non è da meno. Riguardo all’esempio Siciliano sarei portato a pensarla come tu dici. E questa secondo me è la grande differenza tra un paese cattolico e un paese protestante, dove la responsabilità personale è centrale.

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      1. marcogiov 9 anni fa

        Mi sembra che i discorsi moralistici non portino a molto. Se so che il delinquente resterà impunito e potrà vendicarsi mi viene poca voglia di fare l’eroe inutilmente, che io sia ateo, protestante, cattolico o Hare Krishna,

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