Dal Congresso di Vienna al G7, quando i Grandi sono fuori dal tempo

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12 Giugno 2015

Nei giorni scorsi, per la precisione il 9 giugno, si sono celebrati i duecento anni dalla fine del Congresso di Vienna. In quegli stessi giorni le cronache dei giornali erano piene dei resoconti dall’ennesimo vertice che vedeva riuniti i cosiddetti grandi del mondo (con tanto di foto più o meno taroccate atte a dimostrare la maggiore o minore vicinanza tra i singoli protagonisti dell’incontro e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama).
Inevitabile mettere a confronto i due eventi, anche per dover riscontrare come da parte della stampa di oggi e di allora la cifra principale sia stata quella di essere il megafono ai presunti “risultati” ottenuti dai dialoghi tra i potenti.
Oggi c’è, forse, qualche malizia in più a condire le cronache, ma nessuno dei giornalisti presenti a quei vertici, opportunamente selezionati ed embedded, si è sognato di porre in dubbio l’efficacia di questi incontri e men che mai di porre questo dubbio ai protagonisti degli stessi, durante le copiose conferenze stampa tenutesi.
Eppure anche le facce dei protagonisti odierni davano l’impressione di essere fin troppo simili a quelle dei loro predecessori di due secoli fa, quei difensori senza speranze di un ordine mondiale che aveva già subito qualche scossone (rivoluzione americana e francese, tanto per cominciare), che cercava faticosamente di far finta di nulla ristabilendo confini (ad esempio rimettendo teste coronate su troni sempre più traballanti) ma che si preparava ad essere spazzato via dopo qualche decennio dall’impetuoso avanzare delle rivoluzioni costituzionali europee.
Oggi le facce di Angela, Barack, Francois e Matteo (e di tutti gli altri protagonisti di questi incontri) paiono raccontare la stessa storia e il timore che traspare anche dai loro volti è che, senza adeguate contromosse a cui nessuno dei protagonisti degli incontri del G7 pare pensare (e che, a parere di chi scrive, non si possono trovare in ristretti vertici, ufficiali o bilderbeghiani che siano) le rivoluzioni prossime venture spazzeranno via quel poco rimasto delle conquiste sociali e di diritti conquistati nella seconda metà del ventesimo secolo, compiendo così il percorso paradossale di compiere la restaurazione per via rivoluzionaria. Per insipienza (più o meno interessata) dei cosiddetti Grandi della Terra.

Playlist durante la scrittura del pezzo
The tourist – Radiohead
Do as De La does – De La Soul
One way ticket – Aretha Franklin
In the rapids – Genesis
Portrait live – Charlie Mingus
Ain’t no other man – Christina Aguilera
Blister in the sun – Violent Femmes
Run of the mill – George Harrison
Whirlybird – Count Basie
Starlight – Electric Light Orchestra
Hunted – Cowboy Junkies
Seaside – The Kooks
I love you so much that it hurts – Ray Charles
The gloaming – Radiohead
Racing in the street – Bruce Springsteen

Protocollo finale del Congresso di Vienna

Protocollo finale del Congresso di Vienna

 

 

TAG: Congresso di Vienna, G7, Hollande, Merkel, obama
CAT: Geopolitica, Storia

Un commento

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  1. vitellini 9 anni fa

    Trovo che paragonare il Congresso di Vienna e un qualsiasi G7 sia improprio e non pertinente. Per prima cosa i due vertici nascono per motivi diversi e con scopi differenti, e secondo, i risultati del congresso avevano una portata storica di assoluto livello, cosa che nessun G7 potrà mai avere. Un’altra differenza è che che chi si riunì a Vienna rappresentava una classe sociale per gran parte imparentata, e, quindi, il Congresso era una sorta di “riunione di famiglia”. E’ vero che il Congresso fu una grande manovra per far sopravvivere una idea di governo ormai non più sostenibile (e infatti non durò a lungo), ma è anche vero che è solo grazie al Congresso che gli ideali della Rivoluzione Francese furono legittimati, grazie soprattutto al gran lavoro di Talleyrand.

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