Studiose, lesbiche e femministe a Parigi per dire no alla maternità surrogata

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2 Febbraio 2016

«Arrivando da diverse scuole di pensiero, abbiamo deciso di attivarci in questa campagna per abolire la pratica della maternità surrogata, desiderando che venga promossa, elaborata ed attuata una convenzione internazionale in materia». Si legge così sul sito dell’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata, previsto il 2 febbraio a Parigi, nella Salle Victor Hugo della Assemblée Nationale, sotto la presidenza di Laurence Dumont, deputata socialista.

Studiose, lesbiche, femministe, giornaliste e politici scendono in campo per chiedere l’abolizione della maternità surrogata. Le associazioni che hanno organizzato il convegno sono il Coordinamento delle associazioni per il diritto all’aborto e alla contraccezione (già promotore nel 2011 di un manifesto contro la surrogata), il Coordinamento lesbiche in Francia (anch’esso abolizionista già dal 2001) e il Collettivo per il rispetto della persona. Tra i fondatori di quest’ultimo, promotore dei diritti umani, figurano la storica femminista Marie Josephe Bonnet, la filosofa Sylviane Agacinski, la scrittrice Eliette Abecassis e Marie Anne Frisone Roche, professoressa di diritto. L’obiettivo comune dei partecipanti all’Assise è quello di combattere affinchè venga posta fine alla GPA (gestazione per altri), definita come «un’ingiusta pratica sociale lesiva dei diritti fondamentali dell’essere umano».

Sylviane Agacinski, anima della campagna e della giornata in programma a Parigi, femminista, filosofa docente dell’Ecole des études en sciences sociales, e autrice del saggio Corps en miettes (Corpi sbriciolati) spiega:

«Non abbiamo a che fare con gesti individuali motivati dall’altruismo, ma con un mercato procreativo globalizzato nel quale i ventri sono affittati. È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa […] Fare della maternità un servizio remunerato è una maniera di comprare il corpo di donne disoccupate che presenta molte analogie con la prostituzione […]».

Proprio la docente francese, insieme a Laurence Dumont, parlando con il settimanale Ouest France ha ribadito che il Parlamento europeo si è già espresso contrariamente alla Gpa, ma ha denunciato che in questo momento il Consiglio d’Europa sta studiando il rapporto della deputata Petra de Sutter che propone la legalizzazione della surrogata, e che professionalmente adotterebbe la pratica, non essendo in Belgio vietata esplicitamente dalla legge.

Insieme a Sylviane Agacinski, e alle altre due promotrici dell’iniziativa, Eva Maria Bachinger, scrittrice austriaca, e Kajsa Ekis Elman, giornalista svedese, all’assise partecipa Daniela Danna, ricercatrice in Sociologia presso il Dipartimento di studi politici e sociale della Facoltà di Scienze Politiche di Milano. La ricercatrice, che ha scritto un libro sul tema dal titolo Contract Children. Questioning Surrogacy, afferma che «la relativa disumanizzazione delle madri ridotte a lavoratrici/fattrici su commissione […] non è l’unico modo di essere aiutati nella propria incapacità a procreare, possono anche esserci accordi informali con una donna che si presta a fare un/a figlio/a per altri, accordi gratuiti e volontari che le leggi non possono abolire non dovendoli approvare […] La maternità surrogata nella sua forma oppressiva richiede istituti giuridici appositi (come minimo l’approvazione del contratto di compravendita di neonati) e l’invalidazione del principio legale mater semper certa est in base al quale la madre è la donna che partorisce (e chi altri potrebbe esserlo alla nascita? le madri sociali vengono dopo). Dunque ha senso parlare di abolizione (o non introduzione) degli istituti giuridici che legalizzano la vendita di neonati».

In Italia, la battaglia contro la pratica dell’utero in affitto è stata finora portata avanti pubblicamente principalmente dalle associazioni cattoliche. In merito si è però espressa la filosofa e fondatrice della Libreria della donne di Milano, Luisa Muraro, dichiarando che «non esiste un diritto di avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere: finito il tempo delle grandi aggregazioni e dei partiti, è un nuovo modo di fare politica cercando consensi. L’utero in affitto si innesta in questa tendenza, anche se è nato prima, negli Usa, con gli effetti che sappiamo. È la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne».

Il dibattito è certamente ancora aperto e divide l’opinione pubblica, che spesso confonde il tema della Gpa come una prerogativa delle coppie omosessuali. Alla fine dell’Assise parigino i rappresentanti politici e delle associazioni presenti firmeranno la Carta per l’abolizione universale della maternità surrogatasottoscrivibile da tutti.

 

Immagine di copertina tratta dal sito dell’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata

TAG: Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata, Gpa, Maternità, maternità surrogata, utero in affitto
CAT: diritti umani

Un commento

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  1. marta.dore 8 anni fa

    Le femministe hanno spesso tante ragioni, ma rischiano a volte di dimenticarsi della pluralità dei punti di vista che possono avere le donne. Le quali non sono un monolite unico né un’entità da difendere a priori, come fossero incapaci di agire, decidere, scegliere ciò che vogliono, ciò che sono disposte a dare e a ricevere per realizzare i loro sogni – per quanto spesso socialmente condizionati- , o per migliorare le proprie condizioni di vita. La battaglia priva di dubbi di alcune femministe di oggi ricorda quella condotta dalle loro madri o sorelle maggiori (o forse sono sempre le stesse?) negli anni 80 contro l’inseminazione artificiale (Finrrage) quando parlavano di “bordello riproduttivo” alludendo alle “prostitute della riproduzione”, dimenticando che anche quelle sono persone capaci di scegliere. Quella loro battaglia è stata persa: la riproduzione assistita si è diffusa e continua a diffondersi sempre più, al punto che oggi è entrata nel normale scenario riproduttivo delle trentenni-quarantenni, nonostante i costi fisici, psicologici ed economici. Vedremo che sarà della battaglia contro la gravidanza per altri, che a mio modesto avviso, come ogni cosa, avrebbe bisogno più che di essere ostracizzata tout court, di essere regolamentata, in modo da tutelare tutte le persone coinvolte, madri surrogate, madri del desiderio e naturalmente anche i bambini. Ma siccome siamo ancora qui a disquisire se le coppie omosessuali hanno diritto o meno di amarsi come gli altri, la vedo veramente grigissima.

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