È vero, votano anche gli ignoranti: quand’è che ricominciamo a occuparcene?

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24 Giugno 2016

A meno di voler proprio essere ciechi e ipocriti, i risultati del referendum nel Regno Unito sono chiari come il sole: i vecchi, i poveri, gli ignoranti votano senza preoccuparsi delle conseguenze e creano un problema enorme – e del tutto evitabile – a se stessi e a tutti gli altri.

A questo fenomeno – che ormai è evidente ovunque – si dà il nome di populismo: vuol dire che dei soggetti che si presuppongono liberi e sapienti vengono colti da un furore improvviso e prendono poi decisioni per le quali – come soggetti liberi e sapienti – devono essere ritenuti responsabili (e quindi colpevoli). Populismo significa semplicemente che è colpa loro: degli stupidi, che non si capisce come mai si ostinino a essere (poveri e) stupidi.

Non sarebbe più logico ammettere non ritratta di un raptus improvviso e che gli stupidi sono stupidi anche prima e dopo di votare? Non sarebbe meglio accettare che gli stupidi esistono? E quindi parlare con loro? Riconoscerli come soggetti e immaginare progetti che non li escludano? Non abbiamo esempi evidenti di società che si sono date questo ragionevole obiettivo e – per un po’ – ci sono anche riuscite? Cosa facevano i partiti socialisti o popolari? Ti ordinavano come votare perché giustamente presupponevano che tu non fossi capace di farlo, ma almeno ti spiegavano perché. Ti parlavano. Ti riconoscevano come soggetto. Adesso che abbiamo superato questo orribile paternalismo, prima facciamo finta che gli stupidi siano pienamente consapevoli e responsabili – per poterli derubare senza pietà – e poi ci lamentiamo per le cazzate che fanno. Ma se gli stupidi votano in maniera bestiale è anche perché nessuno più è disposto a parlare con loro (e meno che mai i partiti che si chiamano ancora “socialisti”).

Non è che una delle cause dell’assenza di dialogo all’interno della nostra società è stata proprio fingere che tutti potessero dialogare liberamente allo stesso modo? Non è che è proprio falsa – e per nulla in favore dei più sfortunati – la balorda idea secondo la quale uno vale uno? Non è che un linguaggio orribilmente edulcorato ha finito per escludere tutti quelli che non lo padroneggiano? Non avremmo bisogno di tornare a saper maneggiare anche una retorica bassa? E non lasciarla tutta a Salvini e Le Pen?

Certo non si può semplicemente tornare ai Trente Glorieuses e indubbiamente gli stupidi e i poveri di cinquanta anni fa in generale percepivano un miglioramento della loro condizione che li rendeva assai più disponibili ad ascoltare e a contribuire alla società rispetto agli stupidi e ai poveri di adesso, che sono giustamente incattiviti dalla percezione di un evidente peggioramento della loro condizione, ma forse potremmo iniziare a rivedere un serie di pregiudizi che stanno davvero rovinando il mondo. Contro l’opinione della signora Thatcher, la società è esistita, prima che sembrasse geniale che gli individui la distruggessero. Se non vogliamo che questa distruzione sia completa, sarà meglio ricostruirla.

Non sarà certo una soluzione proibire agli stupidi di esprimersi. Bisogna che tutti adottino uno stupido. Nel migliore dei casi sarà un lavoro lungo.

TAG: Brexit
CAT: Politiche comunitarie

6 Commenti

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  1. andrea-adream 8 anni fa

    Mi sento offeso da questo articolo. Condivido le ragioni che hanno indotto i britannici a lasciare la UE e non mi sento per questo uno stupido. Faccio solo due considerazioni: primo non mi piace la deriva che ha preso l’europa. Secondo quando a voler restare è un establishment arrogante e screditato, francamente qualche dubbio viene. Grazie, comunque per la paternalistica considerazione, cortese giornalista, ma l’idea di venire adottato da persone della sua levatura… Please, no. .

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  2. drpeteam 8 anni fa

    Ora che gli strumenti finalmente ce lo consentono, la soluzione è logicamente semplice quanto di difficile attuazione politica: passare dalla Demo-Crazia alla Demo-Garchia.

    Non a caso infatti la Demo-Crazia si chiama cosi’ non a caso: si rifá alla parola κράτος (cràtos): potere esercitato in maniera quasi dispotica. Cosi’ come oggi il popolo, in tutte le sue sfaccettature, esercita il potere in maniera dispotica, quasi non ragionata. Ripudio le votazioni basate su pochi slogan ad effetto. Mi stanno dicendo in faccia che il mio popolo è stupido.

    Passerei invece ad un concetto -esteso- di Demo-Garchia, ovvero archè (ἀρχή) = comando.
    Ma quale sarebbe la differenza? La differenza sarebbe un sistema di continua consultazione popolare per la costruzione delle leggi, dei contenuti, delle valutazioni. Impensabile fino a qualche tempo fa per le complicazioni organizzative di cui avrebbe avuto bisogno.
    Di facile attuazione oggi.

    Ed il voto? Il voto rigorosamente rimarrebbe a tutti. A tutto il popolo. Pero’ il voto andrebbe pesato per competenza: chi ha le competenze per valutare in maniera consapevole allora ha un certo peso sul voto. Chi si lascia influenzare da facili slogan o da articoletti di scrittori sui giornali (non chiamiamoli giornalisti, per caritá) allora avrá un peso del voto nullo o comunque minimale.
    Basterebbe mettere un mini-test di valutazione, sempre a crocette. Metti la crocetta sul tuo voto, in maniera universale e segreta. Ma in maniera altrettanto universale e segreta fammi capire tu quanto ne sai di quel tema, degli impatti che puo’ avere una scelta o l’altra. E se mi dimostri che non ne capisci niente, allora il tuo voto non sará considerato.
    Affiancate questo ad una campagna informativa adeguata ante del voto.
    E forse sarebbe la volta buona per avere un popolo sempre piú informato e partecipe.

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  3. raffaele65 8 anni fa

    mamma mia ma perchè ti permettono di scrivere questo delirio di cazzate? di la verità sei stato adottato dalla redazione. :)
    Comunque ti volevo informare che ad oggi tutte le illazioni sulla composizione del voto si basano su una ricerca demoscopica su 2000 (duemila) persone, e, inoltre, il sondaggio in questione dava per vincente il remain. Come a dire se non sei uno stupido tu, faccio fatica a trovarne un altro. baci democratici e un grazie all’inghilterra.

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  4. raffaele65 8 anni fa

    ……che poi io lo avrei anche capito che tu in quanto sincero democratico hai detto stupido ma intendevi povero non acculturato abitante di sobborghi periferici.

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  5. salvatore-clemente 8 anni fa

    Certi ignoranti, che non sanno neanche scrivere un italiano perfetto, sanno distinguere tra il bene e il male, anche perché non ci vuole tanto. L’Unione europea per come è fatta, è un totale fallimento, autocratica e burocratica, antidemocratica, e i loro singoli non governi non fanno mai gli interessi del popoli che governano, con l’unica eccezione la Germania. Per capire questo non ci vuole una laurea, al contrario chi ha scritto questo articolo, pur avendo una laurea, non riesce a capire molto, forse perché capisce un fatto solo quando vincono i suoi padroni, di cui è il servo e come tale ragiona!

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  6. vincesko 8 anni fa

    PROGETTO EDUCATIVO. Ciascuno di noi è il prodotto di due fattori: i geni e l’educazione: il primo è una variabile non controllabile, un dato immodificabile, a meno che non si prenda in considerazione l’eugenetica; il secondo è invece una variabile controllabile, attraverso l’interazione con l’ambiente: familiare, scolastico, sociale. Possiamo chiamare questa interazione “educazione”. L’analisi del processo educativo dovrebbe svolgersi considerando, nell’ordine indicato, questi tre ambiti. Noi tutti nasciamo con 100 miliardi di neuroni ciascuno, ma senza sinapsi, che si sviluppano, soprattutto, a partire dalla seconda parte della gravidanza fino a 3 anni, a condizione che vengano stimolati dall’ambiente, altrimenti si “bruciano”; il cervello del bambino è come una spugna, capace di assorbire tutto, di bene e di male. Occorre quindi investire in un progetto educativo rivolto alle mamme in gravidanza (e ai padri) e nei primi 3 anni di vita dei figli. Poi la scuola. Impostato così, potendo disporre di strumenti intellettivi e culturali adeguati, non pensate anche voi che non si sarebbe facilmente vittime delle bugie, della disinformazione e della cacofonia dei politici e dei media? Io credo che, in questo mondo così competitivo in cui noi, non avendo molte risorse materiali, possiamo/dobbiamo contare soprattutto sul capitale umano, dovremmo elevare il livello medio intellettivo e culturale degli Italiani; per far ciò è necessario farsi carico di tutti, anche – forse soprattutto – dei milioni di bambini delle fasce povere, marginali, escluse totalmente o parzialmente dal circuito educativo-scolastico; per dare al maggior numero possibile di individui le fondamenta su cui erigere più agevolmente la costruzione educativa, che ha un duplice effetto positivo: sulla personalità e sul livello intellettivo/culturale. Questo obiettivo può essere molto più facilmente perseguito e raggiunto, se il progetto educativo ha come protagonista la famiglia, cioè in primo luogo la madre (e il padre), nella fascia d’età critica del bambino, cioè dalla gravidanza a 3 anni. Su questa solida base, come ho scritto nel ‘post’ allegato, potrà poi svolgere il suo compito – agevolato o complicato, a seconda dei punti di vista… – la scuola. Ps: Va da sé che la premessa indispensabile è la volontà del potere politico pro tempore di avere, anziché braccia da sfruttare e menti da manipolare e dominare, cittadini intelligenti, istruiti e sicuri di sé. Allegato: “Educazione dei figli, in famiglia, dalla gravidanza a tre anni” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753847.html oppure (se in avaria) http://vincesko.blogspot.com/2015/05/educazione-dei-figli-in-famiglia-dalla.html

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