Verso la direzione Pd, la via “perfezionista” per un partito del XXI secolo

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4 Luglio 2016

Conformismo e subalternità sono le malattie principali da cui curare la funzione e l’organizzazione di una forma-partito moderna, autonoma e culturalmente avanzata.

[v. Stanley Cavell, Condizioni Ammirevoli e Avvilenti. La costituzione del perfezionismo emersoniano, Roma, Armando Editore, 2015]

 

Fase storica

Potendo oggi riflettere con uno sguardo più disinteressato – quasi da osservatori – sull’ultima stagione ultraventennale della politica italiana, iniziata con una crisi ideologico-giudiziaria-istituzionale (Caduta del Muro di Berlino e Tangentopoli) e conclusasi con una crisi economico-finanziaria-istituzionale (Crisi dell’Euro e del debito pubblico), è possibile comprendere i limiti della proposta politica allora messa in campo delle forze del centro-sinistra e l’avvento nella scena nazionale di Matteo Renzi.

Il prossimo Ottobre 2016 con il referendum confermativo sulla riforma costituzionale detta Ddl Boschi (fine bicameralismo perfetto, senato delle autonomie, sterilizzazione titolo V, etc.) il Partito Democratico si appresterà a concludere definitivamente la lunga transizione italiana conosciuta come “II Repubblica”, portando così il Paese ad un sistema di governo più efficiente e responsabile, incaricando direttamente i cittadini per la selezione di tutti i vari livelli del potere esecutivo (comuni, regioni e governo nazionale): non solo più quindi arbitri della rappresentanza, ma anche del governo. La sfida sarà dunque la riconquista di quel primato della politica perso proprio nel corso di questi ultimi 20 anni.

Sostenere il Si al referendum è prodromo quindi di una riflessione riguardo la ri-elaborazione del possibile potere riacquisito, cioè: quali sono le modalità della sua gestione? Che tipo di confronto governo-rappresentanza si dovrà sperimentare? Che genere di partecipazione alle scelte potrà essere praticata? In definitiva, quale partito si vorrà costruire ed organizzare diffusamente alla luce della svolta politica impressa?

Sostenere Matteo Renzi: esecutore testamentario di scelte politiche prese 20 anni fa

Pur se la sconfitta alle amministrative di giugno è un duro colpo alla leadership del partito e una scossa per la campagna referendaria, l’appuntamento elettorale di Ottobre richiederà per forza di cose un’ulteriore presa di posizione univoca da parte del Pd, cioè la necessità di sostenere l’attuale premier e segretario. A prescindere da qualsiasi considerazione di merito che giustamente gli si sono e gli si potranno rivolgere, cercando di non fuoriuscire oltre gli argini di una sana dialettica, strada al contrario perseguita sistematicamente dagli oppositori interni, sconfitti nelle primarie del 2013. Non sarà dunque una richiesta di banale lealtà verso la propria comunità politica, ma la formazione di un ambiente politico ecologicamente sano che permetta una campagna referendaria vissuta collettivamente e non come un plebiscito. Il nuovo sistema istituzionale che scaturirà dalla riforma Boschi – e sarà quello che accompagnerà la politica italiana probabilmente per i prossimi decenni – non è un coniglio fuoriuscito dal cilindro di un mago, ma un lavoro ereditato dal almeno un ventennio di riflessioni che il centro-sinistra ha adottato come sue scelte di fondo (le famose Tesi dell’Ulivo e il discorso del Lingotto). Renzi dunque, con il suo piglio e la sua sfrontatezza, sta soltanto portando a compimento delle decisioni ormai insite nel genoma del popolo del centro-sinistra italiano. Abiurarle e non riconoscerle più significherebbe sconfessare la propria storia.

Vittoria referendaria: evitare deriva bonapartista

Se l’esito della campagna referendaria sarà positivo, è probabile che nell’arco dell’anno seguente – durante la primavera del 2017 – il Paese tornerà al voto con il nuovo assetto istituzionale formalizzato ed attuato nei suoi vari aspetti. Prima di quell’appuntamento il Pd dovrebbe avere la possibilità di confrontarsi e contendere la leadership del partito con un nuovo congresso. Quello sarà il luogo in cui riaccendere la dialettica sospesa, in cui delineare come il Pd debba affrontare la nuova stagione della politica italiana.

Due sono i pericoli che potrebbero portare al fallimento del più importante momento tra tutti quelli illustrati:

1) una deriva bonapartista dell’attuale gruppo dirigente e del suo leader, propensi a gestire l’appuntamento come un’incoronazione, un’acclamazione per la vittoria referendaria appena ottenuta, dopo le mille difficoltà vissute;

2) una sagra di rancori e recriminazioni, tesi congressuale di completo disfattismo se non di definitivo scissionismo.

Questi due estremi potranno essere sconfitti solo se la larga partecipazione prevista chiederà risposte a quelle domande iniziali prima esposte, cioè alla propria trasformazione che il Pd dovrà attuare necessariamente nel nuovo contesto politico-istituzionale.

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Una trasformazione perfezionista del Partito [“condizioni di possibilitàper una critica della democrazia dall’interno]

Fabrizio Barca con il suo lavoro sul partito-palestra [v. Fabrizio Barca, La Traversata – una nuova idea di partito e di governo, Feltrinelli, Roma 2013] aveva già proposto una seria riforma della struttura e dei criteri organizzativi di un partito naufragato nel collasso economico e politico della Grande Crisi (2008-2014) – prima quindi degli esiti di questa stagione riformista – auspicando la supremazia di un’autonomia di azione e sperimentazione rispetto lo Stato, quindi rispetto la dimensione governativa in cui spesso è coinvolto un partito.

Questa è una piattaforma da cui ripartire. Evidenziando però un’attenzione speciale su come oggi un individuo, nella sua singola appartenenza e parzialità, possa e debba riconoscersi in dinamiche, regole e criteri, che lo dovrebbero rappresentare. Una realtà in cui un singolo può – da una parte – pretendere la libertà di criticare e di prenderne le distanze qualora sentisse che la sua voce non sia più udibile o addirittura esprimibile (cioè, garantire la possibilità e la salubrità del dissenso); e – dall’altra parte – sancire la realizzabilità di una dimensione collettiva a cui concedere il proprio consenso, come se l’individuo possa riconoscersi nella voci di altri a cui accordare un impegno, a cui permettere di essere praticate, a cui dare risposta (cioè, riconoscere il valore della decisione democraticamente deliberata). Il nemico principale da sconfiggere sarà quindi il conformismo: incapacità di riscoprire la validità della sfera quotidiana, intersoggettiva, che continuamente si appella agli individui per portare a chiarimento errori commessi e propri fraintendimenti, strade sbarrate da non percorrere e percorsi nuovi in cui inoltrarsi. Rinchiudendo – all’opposto – una comunità di persone in una cappa impenetrabile alla realtà ordinaria, come se fossero arroccati in una posizione dominante figlia di privilegi, che portano la contesa politica solo verso una spudorata e sanguinaria lotta di potere. Il Partito invece deve essere sempre sfidato e sfidante.

Rendendo conto della dimensione appena descritta dell’esperienza individuale nel nostro tempo, sarà possibile ricostruire una forma-partito che permetta quella “conversazione tra voci” necessaria, cioè la possibilità delle voci stesse di lasciarsi rappresentare legalmente e politicamente: unendo energie, sentimenti, bisogni e visioni in un comune contesto diffuso, condivisibile e continuamente riformabile. Questa è la via perfezionista verso un Partito per la Giustizia: strutturato per rendere sempre misurabili i meccanismi rappresentativi e decisionali di se stesso e delle istituzioni, consentendo così sia a chi rivendica un ascolto, sia a chi esige una decisione deliberata, di giustificare il proprio consenso.

Il Perfezionismo è quella dimensione del pensiero che vuole liberare il bene più che limitare il male, come se muovesse da una condizione in cui disperiamo del bene (del bene e del male in ciascuno di noi). Se c’è un perfezionismo non solo compatibile con la democrazia, ma necessario ad essa, esso non consiste nello scusare la democrazia per i suoi fallimenti inevitabili, o nel tentare di elevarsi al di sopra di essi, ma nell’insegnare come rispondere a questi fallimenti, e al proprio senso di compromesso con essi, senza ricadere nelle scuse e nell’estraniamento.” (S. Cavell, cit., p. 83).

 

Organizzazione nuovo Pd, Partito per la Giustizia

L’attuazione delle riforma perfezionista del partito fornirà gli strumenti per liberarlo dalle sue storture più profonde, come il correntismo e l’inadeguatezza organizzativa. Formerà una classe dirigente forgiata dallo sperimentalismo democratico (metodo organizzativo che tiene conto dei diversi contesti in cui viene chiamato ad operare e in grado di proporre soluzioni flessibili, in virtù dei risultati ottenuti) e dalla mobilitazione cognitiva (ricerca e aggregazione di conoscenze, competenze e capacità diffuse nel territorio al fine di individuare contenuti partecipati di scelta pubblica e di governo da adottare ed attivare). L’iscritto non sarà più un numero per la conta tra correnti, ma invece un protagonista della vita rappresentativa e deliberativa del partito. La richiesta di un impegno politico attivo porterà ad una sana scrematura numerica e qualitativa dei tesserati. Un partito – così – libero e autonomo dalla “dittatura degli eletti”, padrone di una reale capacità di indirizzo e controllo che permetterà un migliore coinvolgimento democratico e quindi uno sviluppo dell’efficacia amministrativo-istituzionale:

Livello locale: addio tesserificio e votificio

La partecipazione attiva e la realizzazione di progetti definiranno gli assetti di ogni circolo territoriale. Congresso come “piano industriale triennale” con cui organizzare l’attività del partito. Nessuna elezione di un segretario e di un direttivo, al loro posto un’assemblea deliberante permanente formata dagli iscritti nel circolo. Verranno cooptati – come esercizio di pratica unitaria – gli organi istituzionali (presidenza assemblea degli iscritti, tesoriere, commissione di garanzia) ed i “responsabili progetti deliberati”. Agevolare con la piattaforma digitale la pubblicità e l’interazione della vita del circolo. Ogni congresso quindi sarà anche un consuntivo sul raggiungimento degli obiettivi del piano industriale, analisi e misurazione della loro sperimentabilità.

Albo d’oro elettori primarie

In ogni comune istituire un albo degli elettori Pd in cui potersi iscrivere (integrabile con elettori coalizione, ove necessario). E’ possibile rinnovare e/o iscriversi nel primo trimestre di ogni anno (primo data base utile per successiva fase tesseramento) e 15 giorni prima di ogni elezione primaria indetta. Possibilità di iscriversi anche on-line.

Stati generali delle policies

Organizzare almeno una volta all’anno un’assemblea generale di iscritti, elettori albo d’oro e simpatizzanti in cui analizzare lo stato delle amministrazioni comunali interessate da ciascuno circolo territoriale. Indirizzo e controllo delle politiche adottate, dei bisogni e delle visioni cittadine che la macchina amministrativo-comunale dovrebbe affrontare.

Rete territoriale dei circoli

Diluire e/o includere il partito provinciale in queste nuove strutture, più flessibili e meno pesanti, in cui riunire vari circoli territoriali, a partire da una massa critica di  300.00 ab. circa, simili per omogeneità geografica e socio-culturale. Strumento organizzativo agile perché deve mirare a condividere esperienze e pratiche dei circoli in una prospettiva di area vasta. Non si scioglie mai, non ha organi direttivi. Dal livello regionale viene nominato un responsabile.

Partito Regionale 

Prima dimensione organizzativa in cui si eleggono i vertici, il direttivo, l’assemblea e la commissione di garanzia (anche nei territori in cui sono presenti aree metropolitane questo modello viene riprodotto). Organizza la propria attività in forum tematici-tavoli di lavoro. Procede come se fosse un “antitrust” del partito super-visionando le articolazioni territoriali ed il rispetto delle norme statutarie e del codice etico. Nomina infatti i responsabili-garanti delle rete territoriali dei circoli. Riproduce strumenti e dispositivi dei livelli locali, come programmare una volta all’anno gli stati generali delle policies regionali – in cui possono partecipare gli iscritti al partito – distinti in due fasi: 1) analisi del lavoro del governo regionale; 2) indirizzo e controllo dei parlamentari eletti); e come un albo d’oro degli elettori per le primarie – centralizzando i dati raccolti da ogni circolo – ove necessario per selezione parlamentari e presidente di regione.

Partito nazionale

Attuazione della riforma statuaria ed organizzativa “il Pd che vorrei” (mantenimento equiparazione segretario-premier, sua elezione mediante primarie aperte; riduzione numerica organi direttivi ed assembleari, ormai pletorici). Poteri esecutivi, rappresentativi, formativi e di garanzia basati su partecipazione pubblica/diffusa e deliberazione democratica. Due impegni organizzativi concreti: 1) costituzione di una scuola di formazione continua come laboratorio/palestra di innovazione e sperimentazione per la classe dirigente giovanile, da articolare anche territorialmente; 2) possibilità di indire, in una cadenza annuale (finestra autunnale-invernale), dei referendum tra gli iscritti propositivi – se richiesti da almeno un terzo dei membri della direzione nazionale – e deliberativi – se richiesti da due/terzi della direzione nazionale – riguardati questioni dirimenti di politiche nazionali. Consultazione e votazione saranno veicolati tramite piattaforma on-line del partito, per la massima diffusione e partecipazione.

TAG: elezioni, europa, fabrizio barca, governo, Matteo Renzi, partito democratico, partito perfezionista, Pd, politica, primarie, Riforma costituzionale, Stanley Cavell
CAT: Governo, Partiti e politici

Un commento

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  1. andrea-adream 8 anni fa

    Bell’articolo. Fosse applicato ad un ente di diritto privato al fine di migliorarne la capacità di produrre profitti, sarebbe ideale. Ma stiamo parlando di un partito politico dove è cruciale definire un’idea, un principio, un’etica ed una morale attorno alle quali generare consenso. A meno che l’idea di fondo sia quella eliminare ogni valore residuo che non siano quelli ispirati all’efficienza del libero mercato.

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