Blocco, sforamento e rinvio

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12 Agosto 2016

Non ci stupisce che i conti pubblici non tornino, visto che lo avevamo anticipato, i dati del secondo trimestre depongono assai male, circa la possibile chiusura di fine anno. Intanto prende forma il calendario e, come da suggerimento del Quirinale, il referendum verrà dopo la legge di stabilità e la sua approvazione da parte di almeno un ramo del Parlamento. Questo ha un preciso significato, perché consentirebbe al presidente della Repubblica di firmare un decreto legge che la contenga, nel caso in cui le urne referendarie portassero alla crisi di governo. Si eviterebbe, come è saggio, la crisi istituzionale, non aggravando il già pesante quadro economico.

Enrico Morando, vice ministro all’economia, ha ammesso tre cose: a. il deficit per il 2017 sarà superiore al promesso 1.8%; b. non c’è spazio per riduzioni dell’Irpef; c. la nota di aggiornamento verrà scritta sulla base della previsione di crescita che l’Istat farà il 27 settembre. Questi tre paletti vanno letti con attenzione, perché lì attorno girano i nostri soldi.

Quel deficit era stato fissato dopo che erano stati sforati quelli precedenti. Il governo aveva garantito la correzione futura, che ora si trova a non potere rispettare (come anche la sbandierata diminuzione del debito). Dicono che stanno trattando, con la Commissione europea, per ottenere maggiore “elasticità”. Ma non prendiamoci in giro: il problema non è la Commissione, quanto il fatto che continuiamo a peggiorare la nostra condizione, spostando nel futuro i costi dell’incapacità di governare i conti. Sentiremo ripetere che anche i tedeschi sforano i parametri, con il loro surplus commerciale. E’ vero, ma è un’obiezione senza senso: loro li sforano (non dovrebbero e andrebbero fermati) accrescendo la potenza, noi accrescendo la debolezza. Mica la stessa cosa. Sforiamo, dicono dal governo, per sostenere la crescita. Falso: sforiamo ripetutamente e continuiamo a crescere molto meno degli altri Paesi dell’Eurozona. Quello è il nostro problema più grosso (che già si riflette negli spread, anche se non è più di moda farci caso).

Cresciamo poco, sostengono, perché ci sono stati Brexit, il terrorismo e la crisi turca. Ci sono stati anche per quelli che crescono ben più di noi. Cresciamo meno perché da noi conviene meno investire, dato che i costi fiscali, previdenziali e burocratici sono enormemente più alti che altrove, mentre la giustizia resta una chimera. Così sprechiamo anche la stagione dei bassi tassi d’interesse. Peggio: dalle stanze del governo s’è cominciato a dire che sono proprio i bassi tassi ad avere favorito la crisi delle banche. Posto che questa è la tesi dei tedeschi, trovarla in bocca al Paese con il più alto debito pubblico, quindi il più favorito da quella politica della Banca centrale europea, è davvero curioso. O hanno perso la bussola o hanno preferito buttarla, per non sapere su quale scogliera stanno facendo rotta.

Aspettare la fine di settembre, per rifare i conti, e presentare il 15 di ottobre la legge di stabilità, rende più difficile quel che il Quirinale saggiamente chiede. Potranno dire che hanno dovuto adeguarsi alle previsioni dell’Istat, ma avranno solo allungato i tempi.

La legge di stabilità andrebbe presentata dopo ferragosto, avvertendo che il taglio delle spese correnti non è più procrastinabile, se si vuole avere un margine per gli investimenti. Invece si cercheranno margini, a debito, per qualche bonus a nulla. Scelte da farsi subito, se si volesse governare. Rimanda, invece, chi punta a durare.

 

Davide Giacalone

TAG: finanza pubblica, governo
CAT: Bilancio pubblico

6 Commenti

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  1. vincesko 8 anni fa

    E’ noioso perfino ripeterlo: le solite fesserie neo-liberiste. 1. L’Italia è quasi l’unico Paese in UE28 che rispetta da anni il limite del 3% deficit/Pil. 2. Poiché il peso degli interessi passivi è pari ora al 4,2%, se il deficit è all’1,8% vuol dire che c’è un avanzo primario (da anni, il più alto o tra i più alti in UE28), che equivale a sottrarre risorse all’economia reale. 3. E’ ipocrita o da ignorante, perciò, meravigliarsi che l’Italia non cresca. 4. Con alle spalle una banca centrale degna di questo nome, come dimostrano gli USA, il Giappone o la Gran Bretagna, e perfino l’Eurozona a partire dal marzo 2015 (varo del QE), il debito pubblico non è un problema. 5. Il debito pubblico non va ridotto in recessione o stagnazione, sarebbe una misura pro ciclica ed aggraverebbe la crisi, a meno che non lo si faccia prendendo i soldi al 5% più ricco, a bassissima propensione al consumo.

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    1. davidegiacalone 8 anni fa

      Ma sì, facciamo crescere il debito, diabo bonus a chiunque, pratiochiamo un bel clientelismo generalizzato. I consumi non crescono perché la gente non è scema, cercando di risparmiare, e perché i soldi regalati se ne vanno in tariffe amministrate e crescita del gettito. E siccome la ripresa non parte, pur in condizioni favorevolissime, si dia la colpa all’euro, all’europa, alla storia, alla sorte, a tutti, fuorché ai dissoluti incoscienti che lasciano correre debito e deficit. Magari accusando di liberismo un mondo in cui la metà del pil è stesa pubblica. Spero tolgano presto la boccia.

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      1. vincesko 8 anni fa

        1. Replica che trasuda moralismo indignato sospetto, tipico degli adepti al neo-liberismo, ideologia economica strampalata e spietata al soldo dei ricchi. 2. La questione è di una semplicità solare: è necessario implementare una politica economica anticiclica, espansiva in periodi di vacche magre (come oggi, anzi da 8 anni), restrittiva in fasi di vacche grasse (quindi occorre evitare gli eccessi anche del keynesismo). Come dimostrano i governi di tutti i colori: ad esempio, gli USA (Obama, democratico, keynesiano), la GB (Cameron, tory, neo-liberista), la Spagna (Rajoy, popolare, neo-liberista), la Francia (repubblicano Sarkozy, neo-liberista, e sedicente socialista Hollande), Giappone (destra e sinistra), tutti Paesi in cui si sono registrati durante la crisi deficit fino al 10% del Pil e aumenti del debito pubblico maggiori di quello italiano. 3. I consumi languono sia perché chi ha i soldi è restio a spenderli, sia perché i soldi negli ultimi 20-30 anni si sono concentrati nelle fasce alte, a bassa propensione al consumo, e ridotti nelle fasce basse, ad alta propensione al consumo. Occorre perciò redistribuirli. Invece si è fatto il contrario (v. le manovre correttive scandalosamente inique del governo Berlusconi-Tremonti varate nella scorsa legislatura, pari ad un ammontare complessivo di 267 mld cumulati, il quadruplo di quelle varate dal governo Monti, molto più eque, pari a 63 mld cumulati). 4. Ripeto: il debito pubblico non è un grosso problema se lo Stato ha alle spalle una banca centrale degna di questo nome, in recessione o stagnazione ridurlo tagliando la spesa o aumentando le tasse non è una priorità, anzi è esiziale, a meno che non lo si riduca mediante un prelievo straordinario sulla ricchezza del 5% più ricco delle famiglie, a bassissima propensione al consumo. Ciò che conta, poi, è il rapporto debito/Pil. 5. Puntualizzato che io non sono renziano, termino, per le cose da fare e dove destinare i soldi, con due citazioni dalla relazione 2016 del governatore Ignazio Visco, col mio commento. La prima: “Come più volte e da più parti osservato, un rilancio degli investimenti in costruzioni, indirizzato soprattutto alla ristrutturazione del patrimonio esistente, alla valorizzazione delle strutture pubbliche e alla prevenzione dei rischi idro-geologici, avrebbe effetti importanti sull’occupazione e sull’attività economica”. (pag. 9). Se si aggiungono la green economy (http://www.economiaepolitica.it/lavoro-e-diritti/diritti/ambiente/green-economy-e-prospettive-industriali/) e un Piano pluriennale di alloggi pubblici di qualità (scandalosamente carenti in Italia), da locare ad affitto sociale, sono del tutto d’accordo con Visco. La seconda: “Per sostenere una ripresa più rapida e duratura è necessario il rilancio di investimenti pubblici mirati, anche in infrastrutture immateriali, a lungo differiti; sono importanti un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro, il rafforzamento di incentivi per l’innovazione, il sostegno ai redditi dei meno abbienti, particolarmente colpiti dalla crisi. Se i margini oggi disponibili nel bilancio sono limitati, è comunque possibile programmare l’attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio”. (pagg. 12-13). A parte il mantra similscalfariano della riduzione del cuneo fiscale, che in una crisi da domanda è una sesquipedale fesseria, gli altri punti sono condivisibili, ma rinviati sostanzialmente alle calende greche, come se i poveri cristi senza reddito potessero aspettare. Ovviamente è un’eresia per Visco suggerire di prendere i soldi ai ricchi. Vedo che è un’eresia anche per Davide Giacalone, che infatti da bravo neo-liberista al soldo dei ricchi se ne è dimenticato. Ma nessuna dimenticanza – direbbe Freud – è casuale…

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        1. davidegiacalone 8 anni fa

          Fin qui i tagli non si sono visti e la politica economica è stata espansiva, sia a livello Bce che spesa pubblica nazionale. I risultati può ben vederli. Se solo toglie gli occhiali colorati d’ideologia.

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          1. vincesko 8 anni fa

            1. Non proietti i suoi difetti, non sta bene ed è un segno di debolezza. 2. Ripeto: se c’è avanzo primario,[1] la politica economica non è espansiva, poiché sottrae risorse all’economia reale. Non lo sa? 3. Quella della BCE non è politica economica ma monetaria, che per ammissione della stessa BCE (v. le dichiarazioni del presidente Draghi, che invoca misure di politica fiscale degli Stati,[2] o il duplice potenziamento del QE), come si vede nella realtà e come ammettono ora perfino quasi tutti i neo-liberisti, che parlano anch’essi di fallimento del QE e di BCE disarmata e di moneta dall’elicottero (direttamente nelle tasche nei cittadini), non ha effetti sull’economia reale (né, come pretendono i neo-liberisti, sull’inflazione), se non sul servizio del debito pubblico (interessi passivi), poiché la domanda addizionale di titoli fa ovviamente crescere il loro valore e di conseguenza calare i rendimenti. Note: [1] Avanzo Primario Italia (%) 1999=4,9; 2000=5,5; 2001=3,2; 2002=2,7; 2003=1,6; 2004=1,2; 2005=0,3; 2006=1,3; 2007=3,5; 2008=2,5; 2009=-0,7; 2010=-0,10; 2011=1,0; 2012=2,5; 2013=2,2; 2014=1,6; 2015=1,6. Grafico del Giorno: Saldo Primario nei 27 paesi UE. Italia e Germania le piu’ virtuose http://scenarieconomici.it/grafico-del-giorno-saldo-primario-nei-27-paesi-ue-italia-e-germania-le-piu-virtuose/. Deficit/Pil Italia (%) 1999=-2,00; 2000=-0,91; 2001=-3,19; 2002=-3,16; 2003=-3,65; 2004=-3,57; 2005=-4,49; 2006=-3,41; 2007=-1,59; 2008=-2,67; 2009=-5,45; 2010=-4,34; 2011=-3,72; 2012=-2,88; 2013=-2,78; 2014=-3,0; 2015=-2,6. [2] Draghi: Bce pronta ad agire
            Ma non può sostituire i governi http://www.corriere.it/economia/14_agosto_27/draghi-bce-pronta-ad-agire-9fab8b3a-2dfe-11e4-833a-cb521265f757.shtml http://www.ilfoglio.it/economia/2016/02/15/draghi-torna-a-spronare-politici-europei-e-borse___1-v-138276-rubriche_c415.htm. [3] Il dilemma della Bce Guido Ascari – 13.01.15 http://www.lavoce.info/archives/32340/dilemma-bce/. Per un Quantitative easing efficace * Francesco Giavazzi e Guido Tabellini – 21.01.15 http://www.lavoce.info/archives/32488/per-qe-efficace/.

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          2. vincesko 8 anni fa

            PS: Aggiungo questo articolo che ho omesso prima per un errore di copiaincolla: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-02-15/i-limiti-qe-versione-europea-082506.shtml.

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