Sorpresa, col jobs act il mercato del lavoro è ancora meno dinamico

9 Settembre 2016

Insieme alla semplificazione e alla riduzione del “dualismo” tra protetti e non protetti, uno degli obiettivi principali del Jobs Act era quello di rendere meno rigido e più dinamico il mercato del lavoro per cercare di adeguarlo all’esigenza di aumentare la produttività delle imprese e, quindi, del Paese.

In particolare lo strumento principale di questa annunciata rivoluzione è l’abolizione del famigerato art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che, in caso di licenziamento ingiustificato, prevede la reintegrazione (seppur, dopo la riforma Fornero, solo in alcuni casi) o una indennità di importo elevato. Con le cosiddette “tutele crescenti” applicate solo ai neoassunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act (7 marzo 2015), la sanzione in caso di licenziamento ingiustificato è una indennità pari a sole 2 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio. Nelle intenzioni del governo, una tutela meno incisiva per i licenziamenti ingiustificati consentirebbe una maggiore dinamicità al mercato del lavoro che consentirebbe alle imprese di allocare in modo più ottimale le risorse umane aumentando la produttività generale delle imprese. In altre parole, questa flessibilizzazione dovrebbe rendere più frequente cambiare lavoro finché datore di lavoro e lavoratore non hanno trovato il punto di incontro ottimale per entrambi.

Tuttavia, l’applicazione di queste nuove norme solo ai neoassunti ha comportato, com’era largamente prevedibile, un effetto paradossale: chi un lavoro ce l’ha, tende a non mollarlo, a non dimettersi. Infatti oggi, insieme alle considerazioni circa il nuovo stipendio o il nuovo ruolo che possono essere marginalmente migliorativi, chi ha una nuova offerta di lavoro arriva a rifiutarla perché le tutele crescenti non garantiscono la stessa stabilità di un rapporto governato dall’art. 18.

Questo “effetto collaterale”, confermato dai recenti dati sulle comunicazioni obbligatorie che registrano un crollo del -24,9% delle cessazioni richieste dal dipendente (dimissioni), ci restituisce un mercato del lavoro addirittura meno dinamico rispetto a prima dell’intervento legislativo.

Un mercato del lavoro meno dinamico significa un sistema produttivo che non alloca in modo corretto le proprie risorse ed è, quindi, ancora più inefficiente.

Insomma: il dualismo non si è ridotto con un regime di protezione diverso per categorie di lavoratori diversi solo per data di assunzione (e quindi, molto spesso di età), la semplificazione non è stata favorita da due legislazioni differenti che si applicano contemporaneamente nelle stesse imprese e il mercato è addirittura meno dinamico di quanto già non lo fosse prima.

Di fronte a una tale divaricazione tra obiettivi dichiarati e risultati il legislatore è costretto a una profonda riflessione.

TAG: Jobs Act, Lavoro, Matteo Renzi
CAT: Governo, lavoro dipendente

13 Commenti

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  1. davidb 8 anni fa

    Certo, la dinamica del mercato del lavoro è monocausale, basta un singolo dato per concludere che la riforma di un sistema estremamente complesso è fallita. E poi, ovvio, bastano 18 mesi di osservazione per concludere che addirittura il dualismo è aumentato … come se la vecchia normativa, leggi articolo 18, non avesse favorito il dualismo del mercato del lavoro.

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    1. Non ho mai detto che la riforma è fallita. Ho scritto che stiamo sperimentando una riduzione della dinamicità del mercato del lavoro che non mi sembra fosse nelle intenzioni del governo. Sul dualismo, beh, con l’art. 18 il dualismo era tra dipendenti di grandi imprese protetti e altri non protetti. Ora il dualismo diventa più esplicitamente generazionale: i vecchi assunti ancora tutelati con la reintegrazione mentre i nuovi (per lo più giovani) no. E’ un dato di fatto, difficile da contestare.

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      1. davidb 8 anni fa

        Gentile De Vecchi, non posso che essere d’accordo sul dualismo generazionale, che però era ben presente anche prima del jobs act o della cancellazione dell’art. 18. E’ del tutto evidente che bisognerà aspettare qualche anno per verificare gli effetti *complessivi* della riforma sul mercato del lavoro, inclusa la sua dinamica, dal momento che sono in gioco troppe variabili in interazione tra di loro. Le analisi congiunturali sono troppo fuorvianti, e infatti abbiamo indicazioni contrastanti (ma direi che nell’insieme prevalgono i segnali positivi).
        E poi è evidente che l’articolo giudica un fallimento la riforma (per esempio: “il legislatore è costretto a una profonda riflessione”).

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        1. Il dualismo prima era tra protetti e non protetti con la possibilità dei secondi di diventare primi. Oggi invece un giovane non può avere, in nessun caso, la stessa protezione di chi è entrato nel mondo del lavoro prima di lui che tuttora gode delle medesime protezioni. Sugli effetti complessivi concordo, ma sulle questioni che ho sollevato (dualismo, semplificazione della normativa e dinamicità del mercato) una riflessione è necessario farla al più presto visto che queste questioni saranno risolte tra alcuni decenni, di questo passo.

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  2. evoque 8 anni fa

    A questo link:

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-07-21/lavoro-boeri-jobs-act-gran-parte-successo-130153.shtml?uuid=AD46V2v

    c’è la deposizione di Tito Boeri, non proprio l’ultimo arrivato, sul jobs-act.
    Che non pare sia concorde con la sua visione.

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    1. Nell’articolo ho commentato solo un’aspetto (nelle sue diverse forme: dualismo, aumentata rigidità del mercato del lavoro, semplificazione) che riguarda le tutele crescenti (che sono solo una delle modifiche apportate dal Jobs Act). Mi pare che Boeri faccia una analisi più complessiva, non necessariamente in contrasto con quanto da me evidenziato.

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      1. evoque 8 anni fa

        Ok, ma il titolo dell’articolo a me pare fuorviante.

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        1. Il titolo, è un titolo, poi in genere gli articoli vanno letti.

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          1. evoque 8 anni fa

            Ciò che ovviamente ho fatto. A causa di un surplus di cortesia da parte mia, non mi sono soffermato sulla discordanza fra le sue affermazioni e quanto detto invece da Boeri. Lo faccio adesso. Il suo articolo è sostanzialmente improntato a una rappresentazione molto negativa del jobs-act tanto da concludere: “Di fronte a una tale divaricazione tra obiettivi dichiarati e risultati il legislatore è costretto a una profonda riflessione.”, mentre Boeri sostiene che il jobs-act è in gran parte un successo.

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            1. Come ho accennato sopra, sulle questioni che ho sollevato (dualismo, semplificazione della normativa e dinamicità del mercato) una riflessione è necessario farla al più presto visto che queste questioni saranno risolte tra alcuni decenni, di questo passo.

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  3. umbertob 8 anni fa

    Nel secondo trimestre di quest’anno l’Istat registra un miglioramento del mercato del lavoro. Rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso il numero di occupati segna un’accelerazione del 2,0%, corrispondente a 439 mila unità.

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    1. Mi fa piacere, ma questo non c’entra molto con l’aspetto che ho evidenziato. A meno che non si costinga qualsiasi commentatore a schierarsi in modo manicheo a favore o contro un certo provvedimento o un certo governo.

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      1. umbertob 8 anni fa

        Ho solo riportato i dati (quindi i fatti) dell’Istat che, piaccia o meno, sono molto positivi per il Governo. E i dati diffusi ieri nella loro completezza mi pare abbiano parecchio a che vedere con la dinamicità del mercato del lavoro. Ovviamente senza la pretesa di costringere chichessia “a schierarsi in modo manicheo” ecc. ecc

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