Renzi come Sinone. La riforma costituzionale come il Cavallo di Troia

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15 Novembre 2016

Renzi è formidabile. Chi voterà SI’ al referendum costituzionale lo fa perché ha fiducia in lui, vede in lui l’uomo del cambiamento, il giovane che si è fatto da solo, l’uomo che parla come la gente che lo ascolta. Una delle più evidenti caratteristiche di Matteo Renzi è il fatto che usa una postura ed un registro linguistico diversi a seconda dell’audience che si trova davanti. Il tutto, accuratamente calibrato da uno staff pubblicitario di altissimo livello e da un gruppo di consulenti di primo piano, come il guru di Obama, Jim Messina, sbarcato a Roma ai primi di ottobre per accompagnarlo alla vittoria del SI’. Perché Renzi è un formidabile attore. Con la sua facciona da bambino bravo ma un po’ discolo, con i suoi modi sempliciotti da ragazzotto di provincia, con il suo modo di fare anticonformista, da amicone di tutti, e con una verve, tutta toscana, di un linguaggio che inonda le platee e spesso esonda dal suo ruolo istituzionale, Renzi sa perfettamente che sta mentendo. Perché Renzi, soprannominato dai compagni di scuola il Bomba, ovvero “colui che le spara grosse” (di bugie), si sta impegnando seriamente ad interpretare il ruolo del toscanissimo Pinocchio di Collodi. Anche se potrebbe ambire a qualcosa di molto più onorevole per lui. Ovvero a conquistarsi il  diritto a stare nel “girone dei bugiardi”, dei “falsari di parola”, come li chiama Dante nel XXX canto dell’Inferno (come Sinone, il greco che imbrogliò i Troiani per far loro accettare il Cavallo di Troia), per la quantità di bugie che riesce ad inanellare e per la sua formidabile capacità di cambiare le carte in tavola. Come Sinone, Renzi vuol fare accettare agli italiani la sua riforma costituzionale attraverso l’imbroglio. Perché dentro questa riforma, come dentro il cavallo di Troia, si annidano tranelli e nemici della democrazia.

Nella recente Lettera agli oltre 4 milioni di italiani all’estero (“Cara italiana, caro italiano”) Renzi chiede: “Ci date una mano? Basta un sì”. Con un linguaggio decisamente confidenziale, da buon amico di famiglia, Renzi (che non si firma né come segretario del PD, né come presidente del Consiglio) spiega ai nostri connazionali che il loro voto a sostegno della riforma sarà “un altro tassello per rendere più forte l’Italia” e che saranno loro “a decidere se questa Italia deve continuare ad andare avanti oppure deve tornare indietro”, “a decidere se dire sì al futuro oppure se rifugiarsi nell’attuale sistema, talmente burocratico da non avere nessun paragone in Europa”. E spiega come. Con i loro SI’, scrive, si supererà “il bicameralismo paritario, un sistema legislativo che esiste solo in Italia”, l’ “estenuante ping pong tra Camera e Senato“ ed “il doppio voto di fiducia al governo”, si metterà “fine all’assurda guerra tra enti pubblici”, si ridurranno “finalmente poltrone e costi della politica”, si elimineranno “enti inutili come il Cnel (1 miliardo di spesa per zero leggi approvate)”, si aumenterà “la maggioranza necessaria per eleggere il Presidente della Repubblica”, e si garantirà “più potere alle opposizioni”. E poi Renzi conclude: “E tutto questo senza toccare i poteri del Presidente del Consiglio, né alcuno dei “pesi e contrappesi” che garantiscono l’equilibrio tra i poteri dello Stato”.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la cerimonia inaugurale della Fiera del Levante a Bari, 13 settembre 2014. ANSA/LUCA TURI

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la cerimonia inaugurale della Fiera del Levante a Bari, 13 settembre 2014.
ANSA/LUCA TURI

Prima bugia. Renzi, volutamente e coscientemente, confonde il sistema burocratico, regolamentato da leggi ordinarie approvate dal Parlamento ed odiate dai più, con il testo dell’attuale Carta Costituzionale che definisce i principi fondamentali della Repubblica democratica fondata sul lavoro e la cui “sovranità appartiene al popolo”, ne definisce l’architettura fondata su 5 istituzioni (Comuni, Province, Regioni, Camera e Senato) e definisce i diritti e doveri dei cittadini. Che c’entra la burocrazia con tutto questo?

Seconda bugia. Se vince il NO l’Italia torna indietro. Non è assolutamente vero. Se vince il NO l’Italia rimane come è OGGI. Ovvero dal punto da cui è partito Renzi quando, il 22 febbraio 2014, al momento della nomina a presidente del Consiglio, ha giurato di essere fedele alla Costituzione con la formula di rito: « Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». Renzi spergiuro? Sì, secondo l’etimologia del dizionario Treccani: Spergiuro. Che giura il falso, o che non tiene fede ai giuramenti fatti. Proprio come Renzi. Chi può continuare a fidarsi di lui?

Terza bugia. Saranno davvero i 4 milioni di italiani all’estero a poter decidere, con il loro SI’, il futuro dell’Italia? Se i nostri connazionali abboccano alle lusinghe di Renzi e vogliono farsi harakiri, facciano pure. Però, almeno, dovranno essere consapevoli che questa riforma gli cancella (art. 57) la possibilità, per il futuro, di poter eleggere o di poter essere eletti al Senato. Sia uomini che donne. In piena contraddizione con i tanto sbandierati, dalla ministra Boschi, artt. 55 e 122, che promuovono  “l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza” al Parlamento e nelle Regioni. Se gli italiani all’estero votano NO resteranno invariati gli articoli 56 e 57 della Costituzione vigente che prevedono, per la circoscrizione Estero, 12 deputati e 6 senatori. Infatti, fino ad oggi, gli italiani residenti all’estero hanno ricevuto 2 schede per votare, 1 per il Senato ed 1 per la Camera. “Quella del Senato non l’avremo più – ha scritto ai suoi connazionali Antonio Bruzzese, presidente dell’associazione “Insieme Argentina” spiegando le ragioni del NO. In conclusione, la riforma Renzi-Boschi toglie potere di rappresentanza agli italiani all’estero. Solo un autolesionista potrebbe votare SI’.

Quarta bugia. Renzi rassicura che con la riforma si supererà il bicameralismo paritario. Un “sistema legislativo che esiste solo in Italia”. Non è vero. Esiste negli Stati Uniti d’America di cui l’Italia è alleato fedelissimo e dove Renzi è andato a chiedere l’endorsement di Obama a fine mandato. Il Senato USA, composto da 100 senatori, infatti, svolge la stessa funzione di contrappeso che ha svolto fino ad oggi il nostro Senato dal 1948. Proprio a garanzia della divisione dei poteri. Per questo, forme di bicameralismo paritario esistono in molte grandi democrazie del mondo. Ma Renzi lo sa o ci fa? Ed a proposito di bicameralismo, sfatiamo un’altra bugia del SI’. I sistemi bicamerali sono previsti in tutto il mondo nei paesi che hanno almeno 20 milioni di abitanti. E’ una questione (incomprensibile per Renzi) di democrazia.

Quinta bugia. Sarà superato l’estenuante ping pong tra Camera e Senato. Renzi e la Boschi lo sanno bene che la riforma non lo elimina affatto anche se il Senato non sarà più eletto dai cittadini. La famosa “navetta” messa sotto accusa dai due velocisti perché allungherebbe i tempi di approvazione delle leggi, ha riguardato solo il 20% dei casi, una legge su cinque. Lo dice nero su bianco il Rapporto Openpolis sull’attività legislativa in data 6 gennaio 2016. Inoltre, sotto il governo Renzi e con la vigente Costituzione sono state approvate velocemente una marea di leggi: una ogni 5 giorni. Al contrario, con questa contro-riforma costituzionale alcune leggi, di ben 22 materie, dovranno sempre passare da Camera e Senato e tutte le altre, anche se dovranno essere approvate dalla sola Camera, dovranno essere vagliate anche dal Senato se questo ne farà richiesta. In pratica, un iter semplice e consolidato dal 1948 che prevedeva 2 soli sistemi per approvare le leggi (2 passaggi tra Camera e Senato per le leggi ordinarie e 4 passaggi identici per quelle costituzionali) verrà reso più complicato da 10 meccanismi diversi.

 

palazzo-madama-sede-del-senato-foto

Sesta bugia. La riforma elimina il doppio voto di fiducia al governo da parte di Camera e Senato (nella foto Palazzo Madama, sede del Senato) mantenendolo solo per la Camera perché questo meccanismo, afferma Renzi,  “ha dato al nostro Paese il record mondiale di instabilità (63 governi in 70 anni)”. L’accusa è infamante oltre che falsa. Renzi vuol far credere che per colpa del Senato sono caduti i governi. Questo è avvenuto solo 2 volte con il governo Prodi. Dal 1946 ad oggi si sono susseguiti 63 governi, compreso il governo Renzi, con 24 presidenti del Consiglio eletti più 3 (Monti, Letta, Renzi) nominati dal presidente della Repubblica Napolitano per formare governi tecnici (http://www.storiologia.it/tabelle/elezioni03.htm). Nella prima Repubblica ci sono stati 16 governi monocolore DC che si sono succeduti dopo sfiducie e relative crisi di governo che non hanno impedito al Parlamento di votare leggi indigeste al presidente del Consiglio in carica. Sotto il 4° governo monocolore del cattolicissimo Andreotti, il Parlamento ha votato la legge sull’interruzione di gravidanza (n. 194 del 22 maggio 1978). Con Renzi non sarebbe successo. Renzi ha trasformato in norma un’eccezione prevista in Costituzione (art. 76). La maggior parte delle leggi approvate dall’attuale Parlamento sono, infatti, decreti-legge scritte dal governo ed imposte all’approvazione di Camera e Senato con il continuo ricorso al voto di fiducia. Così per la legge elettorale, Italicum, e per la cosiddetta Buona Scuola. Cosa vuole di più ed ancora Matteo Renzi? Ci vuol far credere che il governo Letta è caduto per colpa del Senato? Ha cancellato dalla memoria il suo twitt (“Stai sereno”) diventato un hashtag italico, indirizzato al suo compagno di partito e allora presidente del Consiglio, Enrico Letta? Eppure, anche Renzi ha dovuto ottenere la fiducia di Camera e Senato, quando è stato nominato presidente del Consiglio, così come previsto dall’art. 94 della vigente Costituzione, e il suo governo sta sempre in piedi.

Settima bugia. Si metterà “fine all’assurda guerra tra enti pubblici”, dice Renzi. Certo, è facile avere ragione quando si è eliminato l’avversario. Perché questa riforma cancella le Province che, solo se vince il SI’, non ci saranno più. Se vincerà il NO si potranno aprire strade diverse per rivendicare il loro stato di diritto costituzionale. Invece, alla luce dell’art. 117 riformato sulle competenze Stato/Regioni, non è vero che finiranno, anzi, si apriranno nuovi scenari di guerra  perché con questa riforma viene sancita in Costituzione (art. 117)  la “diseguaglianza dei cittadini”. Evidentemente per Renzi è obsoleto, anzi, è conservatore  l’art. 3 che recita ancora che tutti i cittadini “sono eguali davanti alla legge”. Ci saranno, infatti, cittadini di serie A, quelli che vivono nelle cinque Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) che continueranno a legiferare come prima su tutte le materie di legislazione concorrente previste dalla vigente Costituzione e cittadini di serie B che vivono nelle rimanenti 15 Regioni non a statuto speciale. Queste verranno espropriate della potestà legislativa concorrente su materie importanti come il governo, ovvero, il controllo del territorio, la tutela della salute, l’ambiente, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia ecc.  che saranno gestite unicamente dallo Stato, ovvero dal governo che avrà mano libera per favorire e sostenere tutte le opere che vorrà (Tav, inceneritori, elettrodotti, rigassificatori, gasdotti ecc.). Ma siccome il governo che ha partorito questa riforma è anche ingordo, si è inventato la cosiddetta “clausola di supremazia” ovvero il diritto dello Stato/governo di togliere alle Regioni anche quelle poche materie rimaste alla loro competenza esclusiva. Basta che “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Ma anche questo articolo non è stato scritto in modo chiaro per cui rimarrà in Costituzione la confusione su alcune materie. Ad esempio lo Stato avrà la competenza esclusiva sul governo del territorio e la Regione quella sulla pianificazione del territorio regionale…Si prevedono ricorsi alla Corte Costituzionale.

 

Ottava bugia. Si ridurranno “finalmente poltrone e costi della politica” e si elimina un ente inutile come il Cnel. “1 miliardo di spesa per zero leggi approvate” scrive Renzi agli italiani all’estero. Altra bugia. Non c’è una correlazione tra numero delle poltrone eliminate al Senato, da 315 a 95 (i 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica mantengono intatte le loro prerogative), l’eliminazione del Cnel e l’enfasi con cui Renzi sbandiera un risparmio esagerato. Il risparmio ottenuto tra riduzione dei seggi al Senato ed il Cnel sarà una goccia nel mare delle spese del governo Renzi che, tra l’altro, si è aumentato in modo spropositato, e mai visto prima di lui, il numero dei dipendenti e addetti alla sua presidenza del Consiglio: 1750 persone. Comunque, il risparmio di cui parla Renzi sarà di appena 57,7 milioni di euro l’anno (49 per il Senato ed 8,7 per il Cnel) pari al costo di un caffè al bar per ogni italiano. Attenzione: 1 solo caffè in un anno! Tradotto in italiano semplice: chi voterà SI’ alla riforma costituzionale rinuncerà al suo diritto di voto al Senato per un solo caffè. Chi pensa che ne valga la pena?

Nona bugia. Renzi scrive agli italiani all’estero che “Per decenni tutti hanno promesso questa riforma, ne hanno discusso in tv e sui banchi del Parlamento […] ma si sono dimenticati di realizzarla. Adesso la riforma c’è”. Renzi-Pinocchio continua a sbrodolare bugie a cui solo i poco informati o gli ingenui potrebbero abboccare. Innanzitutto perché i parlamentari del suo governo tecnico voluto da Napolitano non avevano il diritto di mettere mano alla Carta Costituzionale ma potevano soltanto riscrivere una nuova legge elettorale che sostituisse il Porcellum per garantire la piena rappresentanza dei cittadini. Nel pieno rispetto della sentenza n. 1 del 2014 della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum. Con questa legge, infatti, sono stati nominati dai partiti, e non scelti dai cittadini, tutti i parlamentari che si sono seduti alla Camera ed al Senato a partire dalle elezioni del 2006, quindi anche tutti i parlamentari di questa legislatura. Anche i parlamentari del partito di cui Renzi è ancora segretario, il PD, che nel 2006 fece una forte campagna per il NO alla riforma della Costituzione voluta da Berlusconi contribuendo alla vittoria finale del 62 per cento degli italiani. Renzi ha la memoria corta? Ma Renzi c’è o ci fa?

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Decima super-bugia. Si aumenterà “la maggioranza necessaria per eleggere il Presidente della Repubblica” scrive Renzi. Anche qui! Ma questo nostro presidente del Consiglio crede che gli italiani siano tutti beoti? Basta legge l’art. 83 riformato e saper fare un po’ di conti per sbugiardare questa sua ennesima dis-affermazione. Vi rimando all’acutissima analisi del prof. Tomaso Montanari, vice presidente di Libertà e Giustizia – nella foto – (http://temi.repubblica.it/micromega-online/riforma-costituzionale-il-diavolo-si-nasconde-nei-dettagli/) che vale la pena leggere per il godimento della mente, pubblicata su Micromega da huffingtonpost.it lo scorso 19 ottobre. Il testo vigente della Costituzione recita che per i primi tre scrutini occorre la maggioranza di due terzi del Parlamento (Camera e Senato) e che dopo il terzo scrutinio (ovvero dal quarto in poi) è sufficiente la maggioranza assoluta (50% più 1). Fino alla elezione definitiva. Nel testo riformato, si legge invece che, dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea e dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Letto bene? Contando sulla nota ignoranza degli italiani in matematica, chi ha scritto la riforma ha giocato su una superficiale interpretazione delle parole. Sarà più alto il numero dei parlamentari con la maggioranza assoluta o con i tre quinti dell’assemblea o dei votanti? Montanari dimostra che, dato un corpo elettorale di 732 elettori tutti presenti (630 della Camera e 100 elettori più i 2 presidenti emeriti Napolitano e Mattarella del Senato) : nei primi tre scrutini (come ora) per eleggere il Capo dello Stato ci vorranno i due terzi dell’assemblea, ovvero 488 parlamentari. Dal quarto scrutinio fino alla elezione l’articolo vigente richiede la maggioranza assoluta: 732 diviso 2 + 1, ovvero 367. Nell’articolo riformato, dal quarto al  sesto scrutinio il quorum per l’elezione presidenziale scende ai tre quinti dei componenti ovvero a 440. Se tutti i parlamentari fossero presenti. Ma siccome il numero legale (art. 64 Cost. non riformato) è la maggioranza assoluta si potrebbe verificare il caso che siano presenti solo 367 parlamentari tra Camera e Senato. I tre quinti dei parlamentari, in questo caso, sarebbero pari a 221. Dunque la nuova Costituzione prevede che dalla settima votazione il Capo dello Stato si elegga con una maggioranza minima di 221 voti, cioè con una maggioranza che è tutta nella disponibilità del singolo partito che avrà vinto le elezioni (340 deputati), anche se al Senato non dovesse avere nemmeno un seggio! Se poi, addirittura, si arrivasse al settimo scrutinio sarebbe sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Ovvero dei presenti!!! “In pura teoria, per eleggere il presidente della Repubblica basterebbero 3 voti su 5 votanti, purché ci siano 367 presenti a garantire il numero legale. Non accadrà mai? – si domanda Montanari – È molto probabile. Ma diventa davvero colossale l’arbitrio dei signori del voto parlamentare, che potranno agitare la minaccia di colpi di mano, fare uscire ed entrare dall’aula interi gruppi, pescare nel torbido: con i famosi 101 franchi tiratori che impallinarono la presidenza Prodi abbiamo imparato quanto l’elezione dell’inquilino del Quirinale possa essere velenosa e opaca”.

TAG: Matteo Renzi
CAT: Governo

55 Commenti

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  1. jacbas 7 anni fa

    1): non comprendere o negare come l’ordinamento istituzionale elefantiaco, di cui si auspica almeno da 3 decenni il superamento, sia il problema principale che produce a cascata tutto il sistema burocratico con cui funziona il Paese è un artificio propagandistico che tenta di velare l’incoerenza con le posizioni e la storia di tutti gli schieramenti politici.

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  2. jacbas 7 anni fa

    2): è una considerazione politica, che descrive un’evidenza. Se vincesse il No tornerebbe in auge un sistema politico proporzionalista e consociativo che non conosciamo più di 20 anni, con la fine della Prima Repubblica. Poiché tutte le forze politiche presenti oggi in Parlamento rifiutano una legge maggioritaria (richiesta referendaria approvata dai cittadini nei primi anni ’90) e ne pretendono una proporzionale.

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  3. jacbas 7 anni fa

    3): è una constatazione logica, prima che politica. Se il Senato rappresenterà le autonomie locali – come nel resto delle democrazie occidentali che hanno assunto questo sistema istituzionale – verranno eletti e scelti per quell’incarico coloro i quali governano/legiferano in quelle stesse autonomie. I cittadini all’estero non essendo residenti in quei territori logicamente per questo non avranno più la seconda scheda alle elezioni politiche.

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  4. jacbas 7 anni fa

    4): qui una profonda ignoranza viene addirittura assurta a verità geopolitica. Gli U.S.A sono un sistema presidenziale!!! Per questo, nella logica dei “check and balance”, possiedono 2 Camere con altrettanti poteri forti, pur se con alcune dirimenti differenziazioni. Le altre democrazie occidentali hanno dei sistemi bicamerali differenziati !!! Come l’avrà finalmente l’Italia – unica, attualmente, deviante eccezione – se vincerà il Sì !!!

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  5. jacbas 7 anni fa

    5): coloro che si considerano i difensori della Costituzione vigente – con argomenti del genere – preferiscono quindi che continui lo stupro a colpi di fiducie e decreti legge delle prerogative e della potestà legislativa del Parlamento!!! Ma vi rendete conto della vostra faziosità?!?

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  6. jacbas 7 anni fa

    6) ulteriori argomenti propagandistici e faziosi per nascondere un dato di fatto: siamo l’unica democrazia occidentale che costringe un governo ad ottenere una doppia fiducia da due Camere. Non sono dittature gli altri Paesi, siamo noi arretrati e non più attuali.

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  7. jacbas 7 anni fa

    7): se l’attuale assetto delle competenze tra Stato e Regioni, dopo che è stato da tutti considerato infausto con la modifica del Titolo V nel 2001, oggi invece vieni rivendicato con orgoglio e per l’efficienza che ha dimostrato, è un’opinione politica che giudicheranno gli elettori.

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  8. jacbas 7 anni fa

    8): totale propaganda e ripiego nell’italico “benaltrismo” per oscurare un altro dato di fatto: 315 indennità degli attuali senatori verranno cancellate se vincerà il Sì. Insieme all’abolizione del CNEL, dei fondi ai gruppi politici nelle regioni, alla riduzione delle indennità dei consiglieri regionali allo stipendio del sindaco del capoluogo di regione (un sostanziale dimezzamento), al ruolo unico e all’accorpamento delle strutture e degli organici di Camera e Senato, etc. Votando No tutti questi costi rimarranno, è un fatto.

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  9. jacbas 7 anni fa

    9): altra menzogna, perché la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale afferma che questo Parlamento possiede tutta la legittimità costituzionale per usare tutti i suoi poteri, compreso quindi quello di modificare la Costituzione.

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  10. jacbas 7 anni fa

    10): siamo al periodo ipotetico della irrealtà politica. Le opposizioni dovrebbero rinunciare al nuovo potere ottenuto grazie alla riforma costituzionale, cioè quello di essere determinanti ed essenziali per eleggere il futuro PdR, per fare un favore alla maggioranza parlamentare di turno?!? Ma veramente credete che questi siano argomenti seri da propagandare?!?

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