Oceania, quanto è moderna questa Vaiana che supera il reef per cambiare davvero

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1 Gennaio 2017

Oceania, il nuovo film della Disney, è un capolavoro di narrazione moderna.

Non scomoderò l’abusato e spesso ovviamente travisato femminismo per spiegare – rovinandone il senso – un film d’animazione costruito e ideato per divertire e catturare ancora una volta l’entusiasmo (canoro) di migliaia di bambine. Piuttosto, lo definirei avanzato, attuale e con i piedi per terra per una miriade di ragioni, compresa l’unica negativa, che è anche l’unica che i più piccoli ignorano. Partiamo da tutto ciò che rende Oceania un film da non perdere, anzi da suggerire e su cui riflettere. Non preoccupatevi, niente spoiler, solo qualche dettaglio che vi renderà la visione più costruttiva (parlo ai grandi, i piccoli si divertiranno senza alcun dubbio).

È un inno all’indipendenza: dopo il coraggio di Brave e la tenacia fraterna di Frozen, arriva Vaiana a dimostrare che niente può fermare la determinazione di una donna che intende superare il reef – la scogliera delle sue Hawaii – della propria esistenza, che separa ciò che deve essere da ciò che vorrebbe essere. Il padre alza la voce per dirle no, spaventandola senza spiegarsi. La nonna danza e sorride e le mostra le sue radici mentre le dice “vai e segui l’istinto”. Vaiana va verso l’ignoto, rischia di annegare e ritenta. Intanto le canzoni che annoiano gli adulti ed esaltano i più piccoli dicono frasi che sono il manifesto della società di oggi, di uno scontro generazionale fra restare e provare, adattarsi e agire. Non senza sensi di colpa, che però – per fortuna per trama e messaggio finale – troveranno una soluzione naturale.
“In me c’è una figlia premurosa – Ma vorrei più di ogni cosa avere la libertà – Di fuggire via, di esplorare il mare – Non succede mai. Nulla può cambiare – Ma mi fermerò quando troverò il posto adatto a me” o ancora “È una scelta è soltanto mia – Da te stessa non puoi fuggire via – Quell’ignoto che mi spaventa un po’ mi attira a se”.

È rivoluzionario: è Vaiana che guarda il suo popolo che sorride e non sa come agire davanti alla penuria di pesce o noci di cocco e si chiede perchè “nessuno va via” e “qui non cambiano mai niente”. L’immobilismo la spaventa, la spinge verso l’ignoto con adrenalina e speranza. Intanto padre e madre, che provano a trattenerla, usano tutte le loro armi, tra il ricatto e l’esaltazione di valori antichi: “tradizione e passione ci emozionano e ci piacciono – le cose che contano le abbiamo qui – ma dove vai, rimani a Motu Nui, sei tu che dovrai guidarci, resta qua. Ti piacerà, ti devi solo adattare, fuggire sempre via che senso ha”.  Tanto per buttare benzina sul fuoco, arriva il coro che intona “per noi di cambiare non ce n’è bisogno”.
E’ un gioiello ambientalista, nel senso meno fastidioso e più costruttivo del termine: ci insegna il rispetto degli elementi di cui è fatto il nostro pianeta, ci rende simpatico un semidio che ha creato vento terra e palme perchè oltre il vanto da creatore lo racconta come imperfetto e capace di rimediare finché è in tempo per farlo. Come lo siamo noi, se ci diamo una svegliata e trattiamo la natura per ciò che ci offre e non per ciò che possiamo toglierle con la forza e la presunzione. L’isola madre Te Fiti, verde e rigogliosa ma anche arrabbiata e pericolosa, è pura meraviglia. Bravi i registi Ron Clements e John Musker – che firmano anche il soggetto, mentre la sceneggiatura è di Jared Bush – iniziarono a lavorare alla produzione di Oceania nel 2012, quando si recarono alle Fiji per documentarsi sulla cultura polinesiana. Quattro anni dopo il tema ambientale pare ancora più pressante, perfetto per un lavoro sulle coscienze dei più piccoli e delle famiglie in generale.

È magico ma non troppo. Maui ha un arpione magico con cui muta la sua forma per strisciare, correre e volare, le onde dell’Oceano accompagnano Vaiana, la accarezzano con caratterizzazione quasi umana ma non si sostituiscono a lei e alle sue scelte. Insomma, se si arriva alla fine è perché lei lo vuole, è perché lei non demorde e conquista la fiducia della natura che la circonda. Gli animali non sono determinanti, non parlano: un gallo idiota e un maialino che è solo un maialino le fanno compagnia e strappano sorrisi come la Disney sa fare.

È  – ancora una volta – squisitamente femminile, ma conquista anche i bambini con i muscoli (e il cuore) di Maui, il semidio che la protagonista non teme e che anzi impara a riacquistare fiducia in se stesso, proprio grazie all’imperfetta ma determinata Vaiana. Fra l’altro, giusto per aprire una parentesi estetica, tutte le protagoniste di questi ultimi film hanno capelli che fanno invidia anche a generazioni di donne diversamente giovani. Rosse, bionde o more, non è mai l’aspetto fisico lo strumento della conquista o riconquista di sé o di un obiettivo. Una cosa che la perfetta Aurora, Biancaneve con la pelle di porcellana o Cenerentola coi piedini snelli e la voce soave neanche si sognano.

Ma è su questo tasto dolente che il film ci riporta per terra e ci dice che ancora molto lavoro si deve fare. Non c’entrano trama, personaggi e tecniche d’animazione. C’entra un maschilismo dilagante che sottovaluta le nuove generazioni, sbagliando. Il titolo originale della produzione statunitense è Moana, non Oceania. Oceania è il titolo italiano, perchè era troppo il terrore che Moana riportasse alla mente carriera e immagine della porno star Moana Pozzi, che sono abbastanza sicura si vergognerebbe per il pregiudizio e l’ipocrisia di questa scelta e non certo per la sua personale carriera. Chiedete a qualunque giovane under 25 e ditemi per quanti di loro Moana è simbolo di luci rosse o è solo un nome. Al netto della trama, Oceania è anche un titolo calzante, ma cambiare il nome della protagonista è a mio avviso comico e insieme desolante, specchio di quanto appaia più facile evitare la comunicazione che affrontarla. Guardando ai maschietti, non mi illudo e non mi aspetto che il nome Rocco scompaia da qualsiasi sceneggiatura, visto che nell’immaginario popolare “Rocco” è spesso sinonimo di virilità e testosterone.

Andate a vederlo, ascoltate la colonna sonora e buon divertimento.

TAG: animazione, cinema, disney, film, oceania
CAT: Cinema, Questioni di genere

2 Commenti

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  1. chiara-peretto 7 anni fa

    Il film é molto carino e i riferimenti alle tradizioni e alle leggende sono quelli delle isole Samoa. Anch’io sono rimasta delusa dalla scelta di traduzione; sarebbe stata un’ottima occasione per “riabilitare”, se così si può dire, questo nome. Farlo essere un nome come tanti !

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  2. guardaqui 7 anni fa

    Oceania non lotta, è Maui che combatte, da “uomo”. Lei ha solo la “sconvolgente” capacità di pensare con la propria testa, ossia è una persona. La Disney vuole proprio questo: gettare una falsa parità così che la gente gridi “finalmente” senza nemmeno ragionare

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