La difesa della Raggi e i rischi di normalizzazione del M5S

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26 Gennaio 2017

Il brutto non è tanto nelle inchieste giudiziarie o nell’invito a comparire arrivato a Virginia Raggi, né nel fatto che anche il M5S, quando governa, può sbagliare, ché questo è ovvio; il brutto è nella porzione di realtà che quell’atto ha svelato. E la realtà è in questa cosa qui: «La maggioranza va avanti ancora più convinta»; la realtà insomma è nella reazione del M5S, che è esattamente la stessa che avrebbe avuto qualunque altro partito, poiché quella frase è la stessa che s’è già sentita in infinite altre occasioni: Dc, Forza Italia, Pd, Pdl, non importa chi fosse.

La realtà è dunque che il M5S si difende come aveva spiegato non si sarebbe difeso mai, e in questo modo si mostra come gli altri e, infine, diventa come gli altri. Chi ha pronunciato quella frase, e i tanti che adesso stanno sottilizzando, cavillando, minimizzando, stanno mostrando un M5S del tutto simile al Pd o al Pdl sui propri indagati. Lo stanno facendo per l’ovvia difesa che in queste circostanze è, appunto, ovvia e automatica, ma in questo caso lo stanno facendo anche e soprattutto per non perdere Roma con tutto ciò che la perdita della capitale si porterebbe dietro. Sarebbe questo un danno di proporzione notevole. Ma vale davvero ancora la pena? Arrivati a questo punto, vale davvero ancora la pena di tenersi stretta Roma a ogni costo, anche se il prezzo è quello della progressiva rinuncia a se stessi? A quanto pare, secondo Grillo vale la pena.

Certo, molti dei pasticci combinati dalla sindaca Raggi sono niente più che ingenuità dovute alla inesperienza e dunque poco male: su quelli ha fatto bene Grillo a difendere la sindaca. Ma poi arriva anche il resto. E il resto, tra l’altro, sono i casi Marra e Muraro. Ecco: al di là della difesa d’ufficio, la realtà è che Marra e Muraro non sono due persone qualsiasi. Non saranno stati scelti dalla Raggi che, anzi, se li sarebbe trovati in casa e li avrebbe soltanto confermati, bene. E però questo argomento, utilizzato da una parte del M5S per difendere la sindaca, costituisce semmai una aggravante a carico della sindaca stessa, poiché il M5S aveva promesso di voler cambiare tutto e di voler fare pulizia d’ogni residuo del passato e allora – al di là degli inciampi giudiziari sui quali poi decideranno i giudici – perché tenersi in casa, confermandoli, certi personaggi legati alle vecchie gestioni? Peraltro, se su Marra effettivamente il discorso è più complicato, la Muraro aveva un ruolo politico, dunque non c’era nessuna ragione perché ottenesse quell’incarico nella giunta Raggi se non la volontà politica della sindaca stessa di averla come strettissima collaboratrice, nonostante le proteste di una parte del M5S che avrebbe voluto fare a meno sin dall’inizio di Marra e Muraro. E così è finita che la Raggi ha messo la faccia per mesi sia su Muraro che Marra, ne ha fatto due figure centrali della propria amministrazione, è andata allo scontro con Grillo e quello scontro lo ha persino vinto, almeno fino a che le inchieste della magistratura non hanno dato l’allarme. Ma a quel punto era tardi. Grillo è stato persino costretto a modificare la tradizionale posizione del M5S sugli avvisi di garanzia e le inchieste giudiziarie.

Ancora oggi Grillo appare costretto a coprire politicamente la sindaca. Per il M5S, il rischio di proseguire in questo atteggiamento è in prima battuta quello di contribuire alla resurrezione politica del Pd romano. Inoltre, in questo modo Grillo finisce per appiattire l’immagine e la sostanza del M5S su Virginia Raggi quando forse il movimento potrebbe essere più utilmente rappresentato da altri, come la sindaca Chiara Appendino. Il pericolo vero è però soprattutto nella normalizzazione del movimento alla quale la difesa a oltranza della sindaca Raggi sta costringendo Grillo, e nella necessità di minimizzare ogni cosa, di fare insomma come gli altri partiti, poiché è in ciò – e non nel coinvolgimento in una inchiesta giudiziaria, cosa che di per sé non significa nulla – che sta il rischio della fine del M5S: nella normalizzazione, nel diventare come gli altri, nella rinuncia alla propria diversità, nel non capire che il continuare a ripetere: «E allora il Pd?» davanti alle inchieste giudiziarie e agli errori, più che assolvere il M5S, oramai lo fa sembrare sempre più simile agli altri.

A questo punto, è probabile che in molti, fuori dal M5S, facciano il tifo perché prosegua l’arrocco in difesa della Raggi. Forse per Grillo è invece davvero arrivato il momento di riconsiderare il calcolo politico sulla sindaca poiché da questo momento il saldo non è più certo come era all’inizio, e non è detto che il vantaggio di tenersi Roma – che è un vantaggio soprattutto simbolico – compensi una certa stanchezza e frustrazione che sta suscitando in una parte del M5S questa versione di Grillo tutta presa da questioni di realpolitik.

Questa frustrazione ancora non si è tradotta in una perdita reale di consenso ma questo è ciò che normalmente prima o poi finisce per accadere. E, anzi, è ciò che accadrebbe certamente se mai vi dovessero essere rinvii a giudizio o se fosse disposto il giudizio immediato, poiché con un dibattimento in corso sarà davvero imbarazzante affrontare la prossima campagna elettorale.

TAG: Grillo, m5s, movimento 5 stelle, raggi
CAT: Giustizia, Partiti e politici

6 Commenti

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  1. alding 7 anni fa

    I giornali farebbero bene a ricordare che per un sindaco che lavora male (per disonestà o per incapacità e incompetenza) ce ne sono mille che lavorano con impegno e dedizione e che, pur con le scarse finanze lasciate ai comuni, rendono vivibile la realtà quotidiana per i loro cittadini. …Peccato che questo è vero solo per i sindaci PD, FI, NCD, etc. etc; non è invece vero per il M5S perché altri sindaci non ne ha (e quando li ha li caccia – vedi Pizzarotti). Insomma, il M5S ha una percentuale altissima di disonesti o di incapaci tra i suoi sindaci o amministratori, E questo non fa certo ben sperare. E forse convincerà i cittadini che è meglio tenersi gli amministratori locali che hanno lavorato decentemente anche se non sono del M5S piuttosto che fidarsi di sprovveduti capaci di parlare (e in alcuni casi nemmeno quello – vedi Di Maio) ma incapaci di fare.

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  2. franco1 7 anni fa

    Alding, ma quale film hai visto?!?!?! Il Movimento 5 Stelle “altri sindaci non li ha” ? Ma ti sei fatto un bicchierino????
    Della Sindaca Chiara Appendino, che sta ottenendo invidiabili risultati a Torino, del sindaco Nogarin di Livorno,
    che ha salvato una mare ai posti di lavoro, nella vicenda Aamps, ottenendo il via libera dalla magistratura per il concordato preventivo, facendo risparmiare inoltre una valanga di euro che sarebbero stati a carico della cittadinanza intera? Di questi sindaci nessuno parla?!?! E’ incredibile come certa gente che chiaramente ignora la realtà, non so se per calcolo o ignoranza, si serva della menzogna per sostenere ancora una classe dirigente che ha portato nel corso degli ultimi 50 anni l’Italia alla rovina. Siamo ultimi in tutto, davanti solo a Grecia, ma ancor per poco purtroppo e questo certamente non per colpa del Movimento 5 Stelle.
    Abbiamo di fronte un nuovo movimento, i 5 Stelle, che per la prima volta nella storia di Italia ha restituito e continua a restituire soldi ai cittadini italiani ( ormai oltre 60.000.000 di euro ) più della somma che Renzi e accoliti si vantavano di risparmiare con la loro mirabile riforma del senato. Ma a questo punto dico alla gente come alding: vi piace essere presi a schiaffi, volte essere presi per i fondelli e allora vi meritate questo schifo di classe dirigente che per convenienza o per ignoranza continuate a sostenere, e….documentatevi, caproni!!!!!

    cittadinanza intera, di questi sidaci nessuno parla???

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  3. silvia-bianchi 7 anni fa

    Uno dei grossi problemi del M5S è l’assoluta mancanza di una classe dirigente degna di questo nome: ciò da un lato costringe Grillo a comportarsi da “padre padrone”, dal’altro espone il Movimento al rischio di figuracce clamorose ogni volta che si trova a dover governare. A Roma, la Raggi ha dovuto cooptare un po’ di “insider” per evitare la catastrofe immediata; in questo modo però il Movimento ha smentito uno dei suoi assiomi – il rinnovamento – ed è stato costretto a modificarne un altro – le dimissioni immediate per gli indagati.
    La cosa non sarebbe neppure così negativa se avvenisse con onestà intellettuale: dopotutto, se il M5S intende diventare una forza di governo non può continuare in eterno con il teatrino dei “duri e puri”… la “normalizzazione” sarebbe insomma benvenuta, se nel frattempo il Movimento avesse elaborato una proposta politica convincente, che “risarcisse” i suoi elettori della “perdita dell’innocenza”. Invece, purtroppo i Di Battista e i Di Maio sembrano ancora fermi ai confusi slogan del 2013…
    Se il M5S non cala nei sondaggi, però, è perché ormai da quasi 4 anni a votare ci va solo lo “zoccolo duro” dei vari partiti: quegli elettori che, per pigrizia o per ideologia o per rabbia, votano sempre nello stesso modo. L’elettorato “di opinione”, quello fluido ed esigente, si è ormai probabilmente ritirato nell’astensione in modo definitivo: ecco perché, malgrado tutto, siamo ancora fermi alle percentuali di consenso dell’inizio della legislatura

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  4. mario-bosso 7 anni fa

    Sinceramente volevo scrivere qualche cosa di mio ma poi mi son detto ” perché non fargli leggere al provetto giornalista Alessandro Calvi qualche cosa che sia veramente giornalismo?” Ecco si faccia una cultura sig. Alessandro. :-) Marco Travaglio. Ora ci divertiamo
    Evviva evviva! Da 23 anni, da quando B. scese in campo, martelliamo la classe politica perché proibisca duramente per legge i conflitti d’interessi. E ora scopriamo che non c’è bisogno di leggi: il conflitto d’interessi è già severamente punito. E sul piano penale. È infatti per non aver impedito il conflitto d’interessi di Raffaele Marra, capo del Personale che seguiva i concorsi e le promozioni dei dirigenti comunali, compreso il fratello Renato, che Virginia Raggi è indagata con lui per abuso d’ufficio: lui per aver violato il Codice deontologico dei dipendenti comunali, lei il Regolamento di Roma Capitale. Abuso che, per l’accusa, si trascina dietro anche un falso: infatti la sindaca dichiarò all’Anticorruzione di aver deciso in totale autonomia di promuovere Renato Marra da dirigente dei vigili (fascia 1) a capo della Direzione Turismo (fascia 3), per risarcirlo della rinuncia alla sua vera aspirazione – il comando della Polizia municipale (fascia 5) – ed evitare un suo ricorso al Tar per l’ingiusta esclusione. E questa sarebbe una bugia, perché Raffaele avrebbe avuto un ruolo attivo nella nomina di Renato.
    Al momento, cos’abbia fatto davvero Raffaele e dunque se la sindaca abbia abusato del suo ufficio e mentito oppure no, non lo sa nessuno. La Raggi ripete di aver deciso la promozione di Renato con l’assessore al Commercio Meloni, che aveva apprezzato il lavoro del dirigente nei blitz contro l’abusivismo commerciale. Vedremo se, nell’interrogatorio del 30 gennaio, riuscirà a convincere i pm. Nella famosa chat del quartetto Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, non c’è nulla che confermi né smentisca la versione della sindaca. Che, a quanto risulta, si limitò a chiedere al suo capo del Personale quali fossero le procedure previste dalla legge e quale aumento di stipendio comportasse la promozione del fratello. In ogni caso, quando l’Anac di Cantone ha girato il rapporto alla Procura di Roma, questa non poteva far altro che aprire un fascicolo, iscrivere la Raggi (e Marra) sul registro e convocarla con invito a comparire per interrogarla. Ma il risultato è che, per la prima volta a memoria d’uomo, almeno su un politico di peso, il conflitto d’interessi innesca un processo penale. Splendida notizia: se il nuovo rito capitolino dovesse contagiare le altre Procure, si salverebbero in pochi. Resta il rammarico che la nuova giurisprudenza, inaugurata in esclusiva mondiale da Raggi e Marra, sia stata scoperta solo ora.
    Bastava un mese di anticipo, e la stessa Procura avrebbe faticato a chiedere l’archiviazione per Gianluca Gemelli. Cioè il compagno lobbista della ministra Federica Guidi, che reclamava e otteneva emendamenti à la carte dal governo dell’amata. Anzi, in base al lodo Raggi-Marra, avrebbe dovuto indagare pure l’ex ministra. E pure Maria Elena Boschi, per tutti i Consigli dei ministri cui ha partecipato per discutere di banche, fra cui l’Etruria già vicepresieduta da suo padre. Se poi, Dio non voglia, il vento di Roma dovesse soffiare fino a Milano, il sindaco Sala – oltreché per le false dichiarazioni con ville e società dimenticate e per il taroccamento della principale gara d’appalto di Expo – verrebbe ipso facto inquisito per aver promosso assessore al Bilancio non il parente di un collaboratore, ma direttamente il suo socio in affari. Idem l’ex ministra Cancellieri, per le telefonate – ritenute non penalmente rilevanti perché “solo” in conflitto d’interessi – in cui perorava la scarcerazione della figlia di Ligresti, datore di lavoro di suo figlio. Quella di Napoli dovrebbe procedere a pie’ fermo su Vincenzo De Luca, governatore della Campania che tratta i fondi regionali al Comune di Salerno con l’assessore al Bilancio Roberto De Luca, suo figlio. E quella di Bologna dovrebbe rivedere il caso dell’ex governatore Vasco Errani, ora commissario al terremoto, la cui giunta finanziò con un milione la coop del fratello per una cantina sociale mai nata. Ma dovrebbe mobilitarsi, e alla svelta, anche la Procura di Firenze, per i possibili conflitti d’interessi fra papà Renzi e il premier Renzi e fra l’allora sindaco Matteo e l’amico Marco Carrai, che mentre gli metteva a disposizione un appartamento gratis in centro città, ne veniva nominato capo di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze.
    Siccome, poi, nel caso Raggi-Marra c’è di mezzo l’Anac, la Procura di Roma ha l’occasione di proseguirne l’opera occupandosi dell’ad Rai Antonio Campo Dall’Orto, a proposito degli 11 dirigenti esterni ingaggiati a peso d’oro senza job posting fra gli interni: a cominciare da quel capolavoro di conflitto d’interessi chiamato Genséric Cantournet, nuovo capo della Security fatto selezionare da Cdo a una società di provata indipendenza: quella di suo padre. Ma, volendo, ci sarebbe pure la spiacevole vicenda di Alessandro Alfano, fratello del ministro Angelino, assunto come dirigente dalle Poste e pagato 200 mila euro l’anno per non firmare un solo atto. Per non parlare di B., che dal 1994 al 2011 legiferò e decretò decine di volte per i suoi processi e le sue aziende: prima che scatti la prescrizione, si fa in tempo a dargli l’ergastolo.
    E noi che, malfidati, eravamo rassegnati a considerare queste vicende eticamente imbarazzanti, ma penalmente irrilevanti per vuoto normativo. Ora che invece il conflitto d’interessi diventa reato per Raggi e Marra, siccome la legge è uguale per tutti, ci divertiremo un mondo. O no?
    Ps. Ieri, c.v.d., la Consulta ha stabilito che Renzi e la sua maggioranza (la stessa di Gentiloni) non hanno violato un codice deontologico o un regolamento comunale: hanno calpestato la Costituzione due volte in una sola legge. Chissà oggi lo sdegno dei giornaloni e dei telegiornaloni. O no?

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  5. mario-bosso 7 anni fa

    Ah e questo è fresco fresco… Raggi lader
    di Marco Travaglio
    Cari lettori, vi dobbiamo delle scuse. Siccome siamo “il giornale dei grillini” (infatti abbiamo fatto indagare la Raggi appena insediata con lo scoop di Marco Lillo sull’incarico “dimenticato” all’Asl di Civitavecchia e chiesto le dimissioni della Muraro per aver mentito al Fatto), avremmo dovuto pubblicare gli scoop sensazionali che invece ci hanno soffiato i concorrenti. Per dire: un valoroso cronista del Corriere ha pubblicato l’ultima telefonata fra Grillo e la Raggi, con tanto di sceneggiatura, facendo schiattare d’invidia tutti i pm e gl’intercettatori d’Italia. Virginia è “nel suo ufficio, sola. Solissima”. O così almeno crede: non sa che, travestito da fioriera, c’è pure il cronista che vede e sente tutto: le “occhiaie profonde”, “il fard che non copre il pallore”, il suo “mordersi le labbra”, “il passo risoluto, sicuro che affinò nei corridoi dello studio Previti-Sammarco”. A quel punto “dentro la borsa inizia a squillare il cellulare”, come nota subito il cronista camuffato da burrocacao nella tasca interna. “Sul display: ‘Grillo’”. Lei pensa: “Ok, va bene, Beppe vorrà fare il punto della situazione”. Ignora che nella sua mente c’è il cronista travisato da ipotalamo, pronto a leggere nei suoi pensieri. Grillo crede di parlare solo con lei, invece è un ménage à trois. Il cronista, disperso nell’etere in forma gassosa, ausculta e annota tutto: la voce di Beppe “diventa più sottile, tipo lama e l’inflessione genovese s’accentua”.
    Il perché della metamorfosi vocale, grazie al cronista-ingegnere del suono, è presto detto: “Il capo è furibondo. La Raggi riesce a dire solo: ‘Ciao…’” (il cronista decritta anche la punteggiatura). “Poi attacca lui. Carico a pallettoni. Stravolto”. Qui dev’esserci un disturbo sulla linea e l’etereo cronista afferra solo l’ultima frase, “un urlaccio gotico”. Non dorico, né ionico, né corinzio: gotico. “Mi hai ingannatooooo!” (cinque “o”, non una di più né di meno). Gli inganni sarebbero due. 1) La Raggi è accusata non solo di abuso d’ufficio, ma anche di falso e Grillo preferiva – non si sa bene perché – il primo reato (come se l’abuso fosse una medaglia e come se le accuse non le decidesse la Procura, ma le scegliesse l’indagata). 2) La Raggi ha detto all’Anticorruzione di aver deciso lei di promuovere a direttore del Turismo Renato Marra, fratello del più noto Raffaele, e invece avrebbe mentito (di qui l’accusa di falso) per coprire il conflitto d’interessi fra i due congiunti e la mancata “valutazione comparativa dei curricula degli aspiranti dirigenti” (di qui l’accusa di abuso). A sbugiardarla ci sarebbero sia la chat fra i due Marra, in cui Raffaele incita il fratello a fare domanda per il Turismo.
    Sia l’assessore Meloni, il quale dice ai pm che Raffaele gli segnalò Renato. E questo, per Repubblica, è “l’ultima spinta che avvicina la Raggi al suo abisso giudiziario e politico”. Perbacco. Ora, se le parole hanno un senso, per sbugiardare la Raggi ci vorrebbe la prova di una raccomandazione di Raffaele alla Raggi, non una frase detta al fratello o all’assessore. Tantopiù che, proprio per evitare di essere lapidata per il conflitto d’interessi fra i due Marra, la sindaca aveva dissuaso Renato (da 20 anni nei vigili urbani) dal candidarsi a comandante, ma non poteva stroncargli la carriera dappertutto. Invece nella chat Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, quest’ultimo non chiede nulla alla sindaca per il fratello: è lei che s’informa sulle norme e le procedure corrette da seguire e sullo stipendio connesso alla promozione. Ma i giornaloni, notoriamente “garantisti”, danno già per scontato che la sindaca è colpevole. Infatti annunciano che i pm chiederanno il “giudizio immediato” prim’ancora di interrogarla: nel qual caso non si vede perché mai le abbiano spedito un invito a comparire anziché direttamente il rinvio a giudizio. Poi ipotizzano che la Raggi si “autosospenda” o “patteggi” sul falso per salvare “il posto” dalla sospensione per la legge Severino. Nella foga, trascurano un piccolo dettaglio: il “Regolamento degli uffici e dei servizi di Roma Capitale” citato nel capo d’imputazione. All’art. 38 comma 2, si legge: “Gli incarichi… di direzione delle direzioni” (come quello del Turismo) “sono conferiti e revocati dal Sindaco” d’intesa con gli assessori competenti, senz’alcuna “valutazione comparativa dei curricula” di altri aspiranti, la cui mancanza è contestata come abuso d’ufficio. Insomma, i direttori delle direzioni comunali se li sceglie il sindaco, infatti scadono quando scade lui: purché abbiano la giusta competenza. Una norma che sembra indebolire l’accusa di abuso.
    Ma i “garantisti” non badano a queste minuzie. E nemmeno al fatto che l’autosospensione è un istituto giuridicamente inesistente (l’ha adottato il sindaco plurindagato di Milano Beppe Sala, poi tornato felicemente indietro fra gli applausi degli stessi che ora, per molto meno, vogliono la testa della Raggi). E neppure alla circostanza che chi patteggia ammette implicitamente i reati e concorda una pena con lo sconto con i giudici: ve la vedete una sindaca a 5Stelle che patteggia anche un solo minuto di carcere e resta lì? Il M5S la caccerebbe a pedate e tutti i consiglieri pentastellati la sfiducerebbero, lei compresa. Ma, in questa vicenda, garantismo e giustizialismo non c’entrano nulla. Le balle spaziali su riti immediati, autosospensioni e patteggiamenti preparano il terreno alla caduta della giunta che, se arrivasse entro il 1° marzo, consentirebbe ai nemici interni ed esterni della Raggi di riportare i romani al voto in giugno. Dopo, sarebbe tardi e Roma verrebbe ricommissariata per almeno un anno. Inutile dire che, via la Raggi, il commissario di governo annullerebbe subito il No alle Olimpiadi, restituendo i soliti noti alle solite greppie. Per chi non l’avesse capito: dimissioni fa rima con ladroni.

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  6. akkal 7 anni fa

    Oggi sul Fatto è uscito un pezzo molto interessante e che in un certo senso riattualizza i dubbi sulle scelte di Grillo su Roma contenuti nell’articolo che avevo scritto qualche giorno fa. Il pezzo è qui http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/cera-marra-dietro-laccusa-a-de-vito-che-favori-raggi

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