Africa, il futuro del mondo (e delle imprese italiane) passa da qui

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28 Luglio 2017

Nell’economia globale di oggi, l’Africa resta da un lato il continente più povero e, dall’altro, quello in cui la crescità conosce i picchi più forti. In sostanza, il futuro della crescita globale dipenderà anche, se non soprattutto, da come il continente africano si stabilizzerà. Se il mondo vuole portare a compimento gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, completando l’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, deve aiutare l’Africa sul fronte dello sviluppo, investire risorse e spingere per un’industrializzazione rapida e sostenibile, sostenere il settore dell’agricoltura.

Di progressi in questi anni il continente africano ne ha fatti. Sulle 54 nazioni che compongono il continente, “18 paesi hanno ormai raggiunto un livello di sviluppo medio o elevato”, si legge nell’ultimo rapporto della Banca africana di sviluppo sulle Prospettive economiche in Africa (AfDB) . L’economia africana dovrebbe tornare a respirare con un tasso di crescita del 3,4% previsto nel 2017 e del 4,3% nel 2018.

Il Nord Africa “presenta i livelli più alti, vicini alla media mondiale, ma anche l’insieme delle sotto-regioni africane hanno registrato miglioramenti regolari” dall’inizio degli anni 2000. Per quanto riguarda la lotta contro la povertà i progressi più importanti si sono verificati in Rwanda, Ghana e Liberia, soprattutto nel settore della salute dove nel caso rwandese, i governi che si sono succeduti hanno adottato un sistema di assicurazione sanitaria comunitaria che ormai copre nove cittadini su dieci (il 78% in Egitto e il 100% in Tunisia). Nel settore dell’educazione il Sudafrica, il Ghana, il Marocco, il Mozambico e la Tunisia investono oltre il 6% del pil nazionale.

Ancora oggi però circa 554 milioni di africani (su una popolazione complessiva di 1,2 miliardi) vivono in stato di povertà; la Nigeria, prima potenza economica del continente, spende meno dell’1% del proprio pil a favore del settore educativo. Altro flagello: la disoccupazione giovanile, che colpisce un giovane africano su due, mentre un terzo ha “un impiego precario”.

«Se l’Africa è il continente che cresce di più, e ne abbiamo bisogno, allora l’Europa deve trovare una visione unitaria per aiutare se stessa, sostenendo l’Africa. Se aiuti il tuo interlocutore a diventare più forte, sei più forte anche tu». Ad affermarlo è Claudio Descalzi, amministratore delegato della più africana delle imprese italiane, l’Eni, in una lunga intervista rilasciata a La Stampa. Sostenere la crescita dell’Africa, peraltro, significa non solo aiutare la crescita del pianeta, ma anche aiutare gli equilibri nel Mediterraneo in quest’epoca di fortissima pressione migratoria.

Sono 15 i Paesi in cui il cane a sei zampe opera, in otto di loro svolgendo attività di esplorazione mentre in altri sette le operazioni sono legate alla vera e propria produzione, grazie anche a scoperte importanti.

Tra queste ultime ci sono i giacimenti di gas ritrovati in Mozambico. Il gas naturale è una risorsa che può essere utilizzata per diverse applicazioni, oltre alla produzione di energia, e quindi portare beneficio ad una vasta regione dell’Africa orientale. Lo stesso discorso si può fare per il gigantesco giacimento di gas Zohr in Egitto, che dovrebbe contribuire a soddisfare la domanda di energia nel paese. È infatti il più grande giacimento di gas naturale mai rinvenuto nel Mediterraneo. L’avvio della produzione è previsto alla fine del 2017, a soli due anni dalla scoperta. Il Gruppo, inoltre, è presente in Ghana dal 2009 e ha avviato un progetto integrato oil&gas ( OCTP Cape Three Points, ndr), che fornirà a partire dal 2018 gas competitivo al mercato domestico, alimentando centrali elettriche per più di 15 anni. In un paese in cui la carenza di energia determina un vincolo allo sviluppo, questo progetto costituirà un contributo importante alla crescita economica. Il progetto avrà un minimo impatto ambientale, in quanto pensato per avere zero flaring e zero residui.

Eni in Egitto

I progetti speciali nel continente africano hanno tutti in comune lo sviluppo e la messa in produzione in tempi velocissimi. Quello che Eni fa è svolgere in simultanea attività di analisi propedeutiche allo sviluppo, fin dalle prime fasi della campagna esplorativa, grazie a strumenti tecnologici all’avanguardia. La prima impronta l’ha lasciata nel deserto egiziano nel 1954. Oggi l’Africa fornisce oltre la metà della produzione totale di greggio e gas naturale, che si conferma primo produttore internazionale nel continente.

L’impegno però non si esaurisce nel portare avanti che progetti che favoriscono l’accesso all’energia, ma integrano il business Oil & Gas con attività di sostenibilità ambientale e sociale.

Nel 2006 è nata così la Fondazione, presieduta da Domenico Noviello, con l’obiettivo di migliorare la capacità del Gruppo di dare risposte alle aspettative della società civile. La Fondazione si impegna in progetti di sviluppo sociale, educativo, con uno sguardo particolarmente attento sui bambini, e nella promozione della salute  che rappresenta un fattore chiave per la crescita e lo sviluppo del minore. In Ghana, Mozambico, Angola, Repubblica del Congo, Indonesia i progetti  riguardano il rafforzamento dei servizi di medicina materno-infantile, ostetrica e neonatale, la vaccinazione e il miglioramento della salute materna, il supporto alla formazione del personale medico, chirurgico, infermieristico e direzionale. Tutto questo si realizza attraverso contributi alle comunità, coinvolgendo la popolazione e gli stakeholder locali nella creazione di nuove opportunità.

L’integrazione di obiettivi di sostenibilità con quelli operativi e di natura economico-finanziaria, sembra l’unica strada per contribuire alla crescita dei paesi in via di sviluppo permettere alle grandi imprese italiane di costruire il un successo di lungo periodo.

 

 

TAG: Africa, ambiente, business Oil e Gas, eni, sostenibilità
CAT: Africa

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