Era rigore? Ovvero norma e relazione nella vita italiana

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12 Aprile 2018

“Rigore è quando arbitro fischia”, diceva l’indimenticabile Boskov. Ora i fatti di Madrid meritano una riflessione. La questione è che in Italia prevale, al solito, la cultura della relazione sulla cultura della norma. Vale a dire che si ha la tendenza, esplosa da venti anni a questa parte, a mettere in discussione ogni grado di giudizio, ossia il ruolo e le decisioni del giudice, a qualsiasi livello. Dall’arbitro fino alla Corte Costituzionale o ancora più su, fino al massimo grado, tutto è opinabile e contestabile e mutabile: chiediamo l’intercessione della Madonna per contestualizzare, o influenzare, il giudizio di Dio.

È quanto ha fatto un campione come Gigi Buffon, uno dei più grandi calciatori che l’Italia abbia mai avuto: l’arbitro doveva avere cuore, ha detto visibilmente irritato il portiere nazionale. Insomma, la tendenza patriottica, confermata, è quella di appellarsi al sentimento, all’affetto di mammà, al chiudere un occhio “perché poi…”. La questione, poi, si è infarcita di elementi patriottici, nazionalistici, di orgoglio virile, ma l’obiettivo era chiaro. Mettere in discussione la decisione, screditare il giudice. Ovvero: togliere senso alla pratica del giudizio.

Di giustizia ingiusta sono piene le cronache, lo sappiamo bene, ma siamo arrivati al punto che la nostra epoca ha decretato e accettato la radicale messa in discussione, quasi la fine stessa della pratica del giudizio. Conseguentemente del pensiero critico: chi si può ergere a critico, oggi, dell’operato altrui?

Ormai ognuno fa storia a sé, tanto da tollerare le leggi ad personam, i decreti estemporanei, i finanziamenti dati all’amico e all’amico dell’amico.

Fatta la norma, trovato l’inganno, recita un vecchio adagio. Tendiamo a chiederci “chi conosciamo” e non “come funziona”. Il regolamento, qualsiasi esso sia, dunque la norma, passa in secondo piano rispetto alle “entrature”, alle scorciatoie, alle amicizie.

Non se ne vogliano gli juventini, ma la squadra non gode, almeno nella Capitale, di fama adamantina: pare che abbia abusato, in passato, di vie poco consone per ottenere quel che avrebbe meritato sul campo. A Madrid la Juventus ha giocato bene, benissimo. Poi, un onesto carneade, forse un po’ confuso, ha fatto il suo dovere. Come dice Boskov, l’arbitro ha fischiato rigore. Al di là del dispiacere per la sconfitta di una squadra italiana, mi chiedo: e se provassimo a rispettarli un po’ di più, i giudici?

TAG: Arbitraggio, Boskov, Champions League, Gigi Buffon, juventus, real madrid
CAT: calcio, costumi sociali

3 Commenti

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  1. dionysos41 6 anni fa

    Caro Andrea Porcheddu, come non condividere la tua riflessione? Il guasto – potremmo perfino definirlo un vulnus – nei rapporti sociali degli italiani è immenso, forse irreparabile. In qualsiasi campo, in qualsiasi settore, dalla scuola alle attività imprenditoriali, dalle istituzioni alle competizioni sportive, non conta la regola, il giudizio, il comportamento, ma chi applica la regola, chi emette il giudizio, chi si comporta in questo o quel modo. Sono le conseguenze estreme di una cultura corporativistica, familistica, i cui esiti criminali sono le mafie. Tout se tient! L’appartenenza prevale sul dato di fatto. Sono anni che combatto, nelle mie attività di docente, critico, scrittore, questa deriva individualistica della società italiana, sopportando per questo derisioni, mobbing, querele. Ma persisto! Nonostante nel fondo non mi possa nascondere un pessimismo confortato da testimoni lontani, da documenti che farebbero inorridire chiunque, ma non gli italiani, dalle invettive dantesche alle riflessioni guicciardiniane, dalle descrizioni leopardiane alle analisi gobettiane. Mi fermo qui, perché chiunque può attingere a queste e altre fonti dell’anomalia sociale italiana, sul distorto senso del giusto e dell’ingiusto, sulla più perniciosa insufficienza della cognizione di che cosa sia un diritto. Ma non bisogna desistere. Bisogna ricordarlo. E ricordare anche l’ignavia degli italiani davanti alle ingiustizie evidenti, come furono le leggi razziali, 80 anni fa: gli italiani si adeguarono! Non può sfuggire la difformità tra questo comportamento ignavo di fronte a un’ingiustizia terribile e l’ira inconsulta, scriteriata per un rigore ritenuto immeritato.

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  2. marco-baudino 6 anni fa

    Rigore che tra l’altro c’era. Su un fallo di gioco. Definito un “crimine contro l’umanità”, ” sportiva” aggiunge Buffon in una fase delirante… Ma stiamo scherzando? A confronto di quanto e’ successo nel passato, di crimini veri verso l’umanità, e quanto sta accadendo adesso in Siria, ad esempio. Siamo in una crisi di valori, di cui Buffon, Juve, il calcio rappresentano solo la punta dell’iceberg. Sotto cui nascondere un dramma vero, sociale e ambientale, e veri problemi di una umanità in declino. Non sono nessuno, ma quanto accaduto a Madrid è davvero paradossale e lo commento come uno qualsiasi, senza pretese alcune.

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  3. lucio-sansone 6 anni fa

    E SE IL RIGORE FOSSE STATO PARATO?

    Se il rigore fosse stato parato? La Juve avrebbe giocato i tempi supplementari in dieci, in conseguenza dell’espulsione del portiere. E questo è uno degli aspetti per cui la scenata di Buffon é imperdonabile.

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