We Like, il consumo che ci piace: ecco il manifesto del consumatore responsabile

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14 Giugno 2017

Consumatore socialmente responsabile: chi è costui? Un soggetto destinato a perdere allorché consuma senza accorgersene neanche, almeno secondo Zygmunt Bauman, il sociologo polacco da poco scomparso (“Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo” scriveva Bauman nel 2007 in “Consumo dunque sono”).
È da questa premessa che nasce “We Like, il consumo che ci piace“, il “Manifesto del consumatore socialmente responsabile“, realizzato dal Movimento Consumatori: un vademecum in 10 punti per sensibilizzare i cittadini a essere consapevoli del potere che possono esercitare come consumatori, tanto da poter dare un indirizzo ai modelli produttivi ed economici.
A far da cornice, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile approvata dalle Nazioni Unite e i 17 obiettivi articolati in 169 target; tra questi, il 12esimo è proprio “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”.

I valori che muovono il consumatore socialmente responsabile? La consapevolezza, la legalità, la dignità del lavoro, la salvaguardia del pianeta, la tutela dei propri diritti, l’informazione, la condivisione, la mobilitazione, l’associarsi e – last but non least – l’ironia.
Diverse le armi che ha a disposizione per combattere quella guerra silenziosa di baumaniana memoria, dalla consultazione di testi che possano guidarlo nelle scelte al reclamo, dall’utilizzo dei social network in maniera costruttiva fino alla partecipazione e all’iscrizione a una delle 20 associazioni dei consumatori riconosciuta dal Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti.

Ecco quindi che è chiamato all’autocritica rispetto ai propri consumi e all’emancipazione da acquisti basati sul puro edonismo in nome di una presa di coscienza di se stesso come autore di un atto morale prima ancora che semplice acquirente di un bene.
Non un invito, quindi, alla decrescita felice teorizzata da Serge Latouche, quanto piuttosto a una responsabilizzazione in nome di un bene superiore, sulla linea di quanto indicato nella ormai celeberrima enciclica “Laudato sì“, in cui Bergoglio auspica per tutti, non solo per i cattolici, stili di vita più sobri e virtuosi all’interno di una casa comune.

Ed è proprio in nome di un bene comune che il nuovo consumatore si accerta che i prodotti che mette nel suo carrello non provengano né da filiere produttive illegali né da aziende che calpestino i diritti dei lavoratori e presta attenzione all’impatto ambientale durante tutto il ciclo di vita dei beni o servizi che intende acquistare.
Non solo, il suo impegno si applica sì al consumo tout court, ma anche alla condivisione delle informazioni che acquisisce e alla tutela di sé e dei suoi diritti, perché la conoscenza ma anche e soprattutto la condivisione è potere nel nuovo millennio.

Insomma, uno stakanovista del consumo? Tutt’altro, perché il manifesto We Like, il consumo che ci piace ricorda che – consapevole dei propri limiti – il consumatore socialmente responsabile sa anche sorridere di errori e contraddizioni. Come a dire che in fondo, ogni tanto, un shopping compulsivo e – soprattutto – compensativo si concede a chiunque.

 

TAG: consumatori, modelli di sviluppo
CAT: consumi

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