Lettera al figlio che non avrò: da un libro ai Childfree

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22 Novembre 2015

C’è un libro che nel 2010 inquieta la Francia moderata. È Lettera al figlio che non avrò (Edizioni Clichy, traduzione di Tommaso Gurrieri), presa di posizione sul tema della maternità di Linda Lê, scrittrice vietnamita, trasferitasi a Parigi negli anni Settanta. Il testo è una lunga lettera dell’autrice al figlio che ha scelto di non concepire. Beninteso, non siamo davanti al doppione di Lettera ad un bambino mai nato della Fallaci. Quest’ultima affronta in maniera critica, tra aspetti pubblici e privati, i temi della maternità, dell’aborto, delle rinunce inevitabili, sebbene non definitive, della donna madre. Linda Lê parte da un assunto differente: sente di non essere la persona più adatta a diventare genitore, nonostante le pressioni di S., il suo compagno, che l’accusa di essere immatura e di precludersi le gioie che un bambino le darebbe. La differenza delle loro vedute li inghiotte. Linda accusa S. di volere un figlio come diversivo, S. le rimprovera di essere egocentrica, incapace di mettersi in discussione, di smarcarsi dal suo esistenzialismo stantio.

È l’autrice a spiegare i suoi no a S: “Non ammettevo più che intravedesse qualcosa di meglio nel momento in cui saremmo stati genitori (…). Voleva un figlio come un bambino vuole un giocattolo”.

E ancora: “S. puntava il dito sulla carenza affettiva che aveva segnato la mia infanzia, suscitando dei riflessi di difesa”.

childfree

 

Linda sa bene quel che fa. È una scrittrice squattrinata, che volente o nolente, ha scelto uno stile di vita precario, che non contempla, per buona pace di tutti, la nascita di un figlio. In più ammette di essere ancora sensibile ai giudizi sprezzanti di sua madre, una donna bigotta che ha sacrificato se stessa sull’altare delle apparenze. I suoi ricordi di figlia sono dolorosi, pieni di risentimento. Il suo sguardo disilluso, disgiunto dai sogni, dalle favole. Con estrema consapevolezza spiega di non essere adatta ad educare pargoli e al contempo di non volersi sentire inferiore a nessuno, perché non è restando incinta che la donna si realizza. Non sarebbe sbagliato dire che Linda è una Childfree.

I Childfree (i Senza figli) sono una comunità di donne e di uomini che non desiderano concepire bambini e lo gridano al mondo perché stufi di nascondersi o di essere giudicati. Il fenomeno è in rapida crescita. Complici forum e social network, prende forma quella che i gestori della pagina Facebook Childfree Italia definiscono una filosofia (“la prima pagina Facebook dedicata alla filosofia di vita childfree e che riunisce tutti coloro che non vogliono avere figli”).

Le ragioni? Sono le più svariate (nessun istinto materno o paterno, voglia di viaggiare, poca propensione ad immolare serenità di coppia, abitudini e tanto altro). Spiacevole dirlo: la caccia ai peccatori, agli egoisti e chi più ne ha più ne metta è già iniziata. Ma i Senza figli si difendono e rivendicano la loro libertà di scegliere, ribadendo di nutrire sentimenti positivi per la vita e quanti, invece, genitori vogliono esserlo a tutti i costi. Un outing collettivo che dai libri ad internet dà voce a una parte della popolazione, tra diatribe sociali e libere manifestazioni di volontà.

TAG: childfree, lettera al bambino che non avrò
CAT: costumi sociali, Famiglia

3 Commenti

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  1. astaiti 8 anni fa

    Ovviamente scelte come queste sono assolutamente individuali e vanno rispettate. Va anche aggiunto però che chi fa figli, invece, oltre a compiere una scelta assolutamente individuale rende anche un servizio alla collettività, diversamente da chi fa una scelta diversa. Di conseguenza, sarebbe opportuno tenere in considerazione questa asimmetria soprattutto a livello di tassazione e benefits, cosa che purtroppo in Paesi come l’Italia non avviene. In altri termini: se decidi di non voler fare figli devi però essere pronto a contribuire di più per sostenere chi decide di farne. You can’t have your cake and eat it, too…

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  2. marina 8 anni fa

    Il welfare in questo Paese andrebbe ripensato tutto. Si, ha ragione: queste di cui parlo nel post sono scelte individuali e vanno rispettate.

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  3. ilariacphotography 8 anni fa

    Eh no caro astaiti.
    Chi fa un figlio non fa solo un servizio alla collettività, dà anche un peso alla collettività, per almeno vent’anni.
    Infatti è grazie alle mie tasse che già paghiamo i tuoi asili, scuola e altro, cosa mi stai dicendo, che io dovrei contribuire al tuo asilo in misura maggiore di quanto non contribuisca già tu o un qualunque altro genitore ?
    Devo anche venire a casa tua il martedì e il venerdì a fare le pulizie?
    Io come individuo che non fa figli per scelta, ad esempio ho molto più tempo di te per fare volontariato, molto più tempo di te per lavorare, produrre reddito, ricchezza per la società.
    Molto più tempo di te per stare con i genitori anziani, prendermi cura di loro a casa e non sovraccaricare gli ospedali.
    Inoltre, fare figli non è un dovere.
    Ino potrebbe dover pagare per compensare doveri che non ottempera, se mai. Tipo se nel mio condominio una volta alla settimana ciascuno fa la pulizia della scala ma io ho una gamba rotta e non la faccio, la settimana che tocca a me magari sborso 20 € anziché fare la pulizia. Tanto per fare un esempio stupido.
    non pago certo per esercitare una libertà che è un mio diritto.
    È lo Stato che deve pensare a migliorare il welfare, non io che già pago il 50% in tasse e ho tutti (tutti) i diritti di godermi quello che mi resta per me e per me sola, se lo desidero, senza con questo sentirmi di stare togliendo nulla a nessuno o di mangiare nel piatto di altri!
    Tu hai una torta e hai scelto di dividerla con i tuoi figli. Bene, ti rispetto.
    Io ho la mia torta e me la mangio da sola, una 10, 1000 volte. E merito rispetto quanto te.
    Allora che cosa dovremmo dire noi? Tu hai tuo figlio che quando sarai anziano si occuperà di te (forse, se non avrà deciso di fare altro della sua vita, magari di andare a vivere in America o in Germania ) io mi dovrò pagare una badante, e quindi come la mettiamo? Allora devi sborsare tu più quota in tasse oggi per la mia badante domani? Perché dopotutto io dando da lavorare a una badante faccio un servizio sociale, faccio girare l’economia, giusto?
    No, non funziona così.
    Io scegliendo di non avere figli mi prendo la responsabilità della scelta che faccio, e così pure tu che scegli di farne, ti prendi le tue.

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