Argentina, il desaparecido nei latifondi dei Benetton

18 Ottobre 2017

Che fine ha fatto l’argentino Santiago Maldonado? Questa domanda, che da mesi angoscia l’Argentina facendo rivivere l’incubo della brutale dittatura militare del 1976-83, sotto cui sparirono 30mila persone, sembra aver trovato una tragica risposta nella notte fra ieri e oggi.

Il cadavere che è stato infatti ritrovato nel fiume Chubut, in Patagonia, a circa 300 metri da dove Maldonado è scomparso ormai più di due mesi fa, secondo quanto dichiarato dai familiari, appartiene proprio al giovane, mentre ancora si attendevano i risultati ufficiali dell’autopsia (che poi ha confermato). «Il calvario che la nostra famiglia ha iniziato lo stesso giorno in cui abbiamo saputo della sua scomparsa non finirà finché non avremo giustizia», scrivono i Maldonado via Facebook, e confermano l’idea che le circostanze del ritrovamento del cadavere generino molti dubbi. Nella stessa zona c’erano già state tre perlustrazioni senza mai trovare nulla. La famiglia di Maldonado in un comunicato diffuso anche via Facebook nei giorni scorsi ha chiesto ai media di rispettare il momento difficile che stanno vivendo, e oggi chiede aiuto per mantenere alta l’attenzione sul caso affinché ottenga giustizia.

Maldonado, tatuatore di 28 anni, da tempo lavora sia in Cile sia a Bolson, un piccolo paese del sud dell’Argentina. Non risultava iscritto a nessun partito ma sostiene la causa dei Mapuche, il popolo indigeno che abita la Patagonia cilena e argentina da secoli ma nel tempo si è visto sottrarre le proprie terre, vendute ai latifondisti, tra i quali la famiglia Benetton che detiene oggi 925 mila ettari di quei territori.

Domenica primo ottobre in migliaia sono scesi in Plaza de Mayo a Buenos Aires per chiedere alle autorità argentine risposte sulla scomparsa dell’uomo, e la mobilitazione è cresciuta anche a livello internazionale.  Sono decine le città nel mondo in cui si sono tenuti cortei, presidi, manifestazioni, migliaia i blog e le pagine Facebook in cui campeggia l’angosciante domanda: «¿Dónde está Santiago Maldonado?». Secondo il Coordinamento contro la repressione della polizia e istituzionale dal 1983, peraltro, ci sono state 210 scomparse per mano dello Stato e delle organizzazioni clandestine collegate. Del caso di Maldonado si è occupato fortemente anche Amnesty International.

Di Santiago Maldonado non si hanno notizie da oltre due mesi. Il primo agosto 2017, nel nord est di Chubut, a circa 100 km a nord di Esquel (Patagonia argentina) la Gendarmeria Nazionale ha represso una manifestazione messa in atto dai membri di un gruppo di Mapuche. In quest’occasione l’attivista, che secondo alcune testimonianze sarebbe stato caricato su un furgone, è sparito nel nulla.

La protesta, che consisteva nel blocco stradale simbolico di un tratto dell’autostrada 40, era stata organizzata da alcuni Mapuche per chiedere la liberazione del trentenne Facundo Jones Huala, finito in carcere in seguito a numerose proteste violente per reclamare la terra. Su Huala pende anche una richiesta di estradizione, fin qui rifiutata, da parte del Cile.

Le zone della Patagonia che gli indigeni rivendicano come proprie sono Cushamen e Leleque. Terre che nel 1991 sono diventate di proprietà della famiglia Benetton, che ha acquisito la Compañia de Tierras Sud Argentino attraverso la holding Edizione Real Estate. All’epoca l’Argentina era governata da Carlos Saul Menem Aki, presidente per due mandati (dal 1989 al 1999). Noto per la sua politica di ispirazione liberista che per un periodo portò a una riduzione dell’inflazione, Menem, oltre ad aver abusato di prestiti dall’estero, ha privatizzato e svenduto moltissime aziende pubbliche, come le Ferrovie, le Poste, rendendo inaccessibili diversi servizi alle fasce più povere della società. La Compañia de Tierras Sud Argentino, acquistata dai Benetton, è ritenuta tra queste.

Compañia de Tierras Sud Argentino oggi è una società terza  rispetto a Benetton Group S.p.A., nota per la produzione e la vendita di capi d’abbigliamento che si dichiara da sempre impegnata nella promozione e nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Benetton dichiara ai fornitori e ai subfornitori, così come a chiunque entri in relazioni di affari con il gruppo, il Codice di Condotta di Benetton Group fondato sul rispetto di tali principi. Il punto in comune tra le due società è però il comune controllo in capo alla Edizione Holding, interamente controllata dalla famiglia Benetton, ed è una tra le maggiori holding di partecipazioni italiane. A fine 2016 Edizione ha registrato un fatturato consolidato di 11,7 miliardi di euro.

La famiglia Benetton è così proprietaria di 925 mila ettari di terre in Patagonia e circa 16.000 ettari nella provincia di Buenos Aires. Secondo quanto dichiarato dal Gruppo Benetton, già nel 2004 in risposta a un articolo pubblicato da wallstreetitalia.com , solo le terre situate nella provincia di Buenos Aires sono di gran qualità e hanno un elevato valore unitario per ettaro, le altre possono accogliere un numero molto basso di capi d’allevamento (da 0,20 a 0,50 pecore per ettaro), tanto che il valore delle terre della provincia di Buenos Aires equivale quasi al valore totale delle terre che l’azienda possiede in Patagonia.

Nelle terre della famiglia Benetton in Patagonia vengono allevati 210 mila pecore e 9.000 capi di bestiame da lana e carne, che producono circa 1 milione 300 mila chili di lana all’anno esportati anche in Europa. Nella provincia di Buenos Aires si trovano campi da grano e pascoli per circa 9.000 capi di bestiame. Il gruppo italiano ha investito 80 milioni di dollari in diverse attività, tra cui l’installazione di commissariati per il controllo della zona, la realizzazione di una stazione turistica e l’apertura del Museo Leleque dedicato al racconto della Patagonia e dei suoi popoli indigeni.

La maggior parte di queste terre sono però il luogo d’origine degli indigeni Mapuche argentini che, pertanto, si sono mobilitati contro l’impresa e oppongono ancora oggi resistenza, continuando l’attività di recupero dei loro territori con la forza.

Il contenzioso è partito nel 2001 quando Atilio Curiñanco e Rosa Nahuelquir occuparono 385 ettari di terra appartenenti alla Compañía de Tierras Sud Argentino S.A. (di proprietà di Edizione Holding, la finanziaria della famiglia Benetton), rivendicando il possesso ancestrale dei territori della Patagonia. La famiglia aveva inoltrato una richiesta al commissariato di Esquel per poter vivere in quella terra e verbalmente aveva ricevuto una risposta positiva, poiché la zona era pubblica e abbandonata da diversi anni.

Tuttavia, pochi giorni dopo l’ingresso della famiglia nel territorio, la polizia ha aperto un’indagine sul reato di usurpazione della terra in seguito ad una denuncia della Compañía de Tierras Sud Argentino S.A. Nell’ottobre dello stesso anno, la famiglia Curiñanco-Nahuelquir venne sgomberata da Leleque con l’uso della forza. Nel 2004 si recarono in Italia, con l’aiuto del Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, per incontrare Luciano Benetton, il quale decise di offrire un’unità di terra a tutte le comunità indigene della provincia, come donazione, proponendolo anche al governo argentino. Ma nel 2005  il governo della provincia del Chubut rifiutò l’offerta, dichiarando che i 7.500 ettari erano improduttivi e dicendo che non aveva intenzione di entrare in conflitto con gli abitanti del territorio. Per la famiglia Benetton quella terra era tutto tranne che improduttiva essendo ricca di acqua e quindi adeguata all’uso intensivo per la coltivazione e l’allevamento. Inoltre ha interpretato il rifiuto come “una pesante battuta d’arresto nel processo di dialogo nello storico contenzioso tra il popolo Mapuche e lo stato argentino, in cui il Gruppo Benetton è stato involontariamente coinvolto”. Nel febbraio del 2007 Atilio Curiñanco e Rosa Nahuelquir sono rientrati a Leleque con altri 30 membri della comunità facendo fronte a molte altre denunce penali da parte della Compañia de Tierras Sud Argentino.

Per la famiglia Benetton i Mapuche non hanno nessun diritto a reclamare quelle terre perché originari del Cile e perché non dispongono di autorizzazioni che ne certifichino il possesso. «Mi sembrano fuori dal tempo», ha dichiarato al quotidiano El Pais, Ronald McDonald, il manager scozzese che dirige la Compañia de Tierras Sud Argentino. «È come se oggi andassi nell’Inverness, in Scozia, e rivendicassi la terra dei miei antenati. Una follia».

Ma i Mapuche denunciano anni di violazioni dei diritti umani, l’intenzione di eliminare la cultura indigena e vorrebbero maggiori tutele dal governo argentino. Dalla loro c’è un articolo della Costituzione argentina riconosce la preesistenza etnica e culturale dei popoli indigeni argentini e garantisce il rispetto della loro identità ma anche la personalità giuridica delle loro comunità e il possesso delle proprietà delle terre che occupano tradizionalmente. Diritti che sono garantiti anche dalla legge 26160 in materia di possesso e proprietà di terre tradizionalmente occupate da comunità indigene.

Il conflitto fra i Mapuche e i Benetton si è riacceso proprio a ridosso delle elezioni legislative: domenica prossima, 22 ottobre, si vota per rinnovare il parlamento. E la scomparsa di Santiago Maldonado ha suscitato allarme e polemiche e ha riaperto la ferita ancora sanguinante dei desaparecidos. «Dopo quasi quarant’anni invano pensavo che la commissione di questi delitti riguardasse ormai il passato, ma mi sbagliavo», scrive Patricia Victoria Perelló, avvocato e docente di Criminologia, in un lungo articolo pubblicato anche da L’Espresso.

Il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel ha scritto numerosi interventi per attirare l’attenzione del mondo nei confronti della causa Mapuche e denunciare la scomparsa di Maldonado. Al Manifesto Esquivel ha detto «ci troviamo di fronte a un grave passo indietro nella politica dei diritti umani del governo argentino», un concetto che ha ribadito anche durante la sua partecipazione alle manifestazioni a favore di Maldonado.

 

Immagine di copertina tratta dalla pagina Facebook ufficiale Aparición con vida de Santiago Maldonado – Oficial e scattata da Sebastian Miquel.

TAG: argentina, benetton, Mapuche, patagonia, Santiago Maldonado
CAT: diritti umani

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