Quei siriani che cercano di ripartire all’ombra della geopolitica

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20 Dicembre 2016

Burhan Ozbilici, sangue freddo da vendere, ha immortalato il poliziotto ventiduenne Mevlut Mert Altintas mentre con l’indice della mano sinistra punta il cielo e con l’altra stringe la pistola che ha appena colpito a morte l’ambasciatore russo Andrey Karlov, sdraiato a terra. In pochi minuti la foto dell’omicidio “in nome di Aleppo” ha fatto il giro del mondo, aggiungendosi alle altre immagini della Turchia entrate prepotentemente nella storia dopo l’inizio della guerra siriana. Una su tutte quella del piccolo Alan Kurdi.

C’è un archivio visuale collettivo che dà ritmo all’immaginario occidentale, che collega alla Turchia di oggi gli attentati, il bifrontismo verso Nato e Russia, il transito degli euro-jihadisti, gli accordi miliardari sui migranti con l’Europa. In questo archivio mancano, quasi sempre, i volti e le vicende di quei siriani che gli accordi, il bifrontismo, il fondamentalismo e gli attentati li subiscono. Quelle persone bloccate alle porte dell’Europa in attesa di dare un senso alla fuga, che molto spesso si trasforma in permanenza in Turchia. Parliamo di quasi tre milioni di persone (2.790.767 secondo i registri del governo turco) di diversa età, religione, etnia, città di provenienza.

Molti antropologi stanno studiando come sono cambiate le grandi città turche dal 2011. Nuove forme socialità dovute all’arrivo in massa dei migranti siriani e l’irrobustimento di vecchi problemi della società turca (lavoro non tutelato, discriminazioni etniche e religiose, corruzione) stanno contribuendo a un intreccio di vissuti che vale la pena seguire da vicino.

Un caso assolutamente interessante è quello di Basmane, un quartiere del vecchio centro storico di Izmir abitato dal 90% dei circa centocinquantamila siriani arrivati in città dall’inizio delle ostilità. Un numero incredibile di persone che, mentre continua a vivere nel limbo turco, sta dando una nuova linfa al quartiere.

Chasing the stars – Promo

★ All that is needed to reach the stars is a little humanity. Fundamentally, the protagonists of the web documentary are searching for this humanity. The migrants, who have to start all over again because they no longer have a country to return to. The volunteers, who do not want to be subjected to the harsh policies of their governments. Chasing the Stars tells these stories and we believe that many of you will be willing to help us complete our project. Because contributing to a living and participatory story can be an act of freedom Support and share: https://igg.me/at/Chasingthestars★ Per raggiungere le stelle può bastare un po' di umanità. Di questa umanità, in fondo, sono in cerca i protagonisti del web-doc. I migranti, che devono ricostruire tutto da capo perché non hanno più un paese in cui tornare. I volontari, che non ci stanno a subire le politiche crudeli dei loro governi. Di questo racconta Chasing the stars e crediamo che sarete in molti ad aiutarci a completare il nostro progetto. Perché contribuire a un racconto vivo e partecipato può essere un atto di libertà.Donate e condividete: https://igg.me/at/Chasingthestars

Pubblicato da Chasing the Stars su Giovedì 1 dicembre 2016

A raccontare le storie di Basmane c’è Chasing the stars, un web-doc italiano che sta trovando interesse in giro per l’Europa. Si tratta di un progetto di tre episodi nel cui primo, L’attesa (girato da Valerio Muscella, gli altri due saranno ambientati in Grecia e Germania), si intrecciano centinaia di storie da Izmir. Come quella di Hasan, aleppino di 30 anni, che deve scegliere tra la barca e il tornare in Siria, “solo che la barca è più sicura”. O Bilal, il 17enne che ha rinunciato all’Europa per rimanere con la famiglia e sogna di fare il barbiere. O ancora Nour, una ragazza di 23 anni di origine palestinese la cui famiglia aveva trovato rifugio in Siria prima che la guerra la costringesse a un nuovo doloroso pellegrinaggio.

Per proseguire la lavorazione di Chasing the stars, gli autori (che fanno parte del collettivo Cro.M.A. – Cross Media Action) hanno lanciato su Indiegogo una campagna di crowdfunding. I donors riceveranno come ringraziamento per il sostegno alcuni oggetti legati al progetto. Tra questi, in base all’offerta, anche due prodotti artigianali (un portafogli e un porta tabacco in pelle) creati da alcuni giovani intessitori siriani di Basmane che grazie a una startup locale sono sfuggiti allo sfruttamento minorile che coinvolge molti migranti siriani in Turchia. Proprio quelli che vivono all’ombra della geopolitica.

TAG: migranti, siria, Turchia
CAT: diritti umani, Medio Oriente

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