Di dolorismo occidentale e jihadismo su Rete 4

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7 Agosto 2016

Di questi tempi molti parlano di dolorismo: insensato senso di colpa misto a tendenza giustificazionista che l’uomo bianco ex-invasore tenderebbe ad applicare al discorso politico col misero risultato di annichilirsi dinnanzi al suo prossimo. Di dolorismo viene accusato anche il pontefice, succedeva già ai tempi della francescana accoglienza ai migranti e oggi per via del suo pensiero a proposito del terrorismo jihadista. “Credo che non sia giusto, identificare l’Islam con la violenza” dice Francesco, e continua facendo riferimento al suo recente incontro con l’imam di Al Azhar, Ahmed al Tayeb: “so come pensano loro, cercano la pace, il dialogo”; e aggiunge: “ci sono gruppetti fondamentalisti” sottolineando la limitatezza del fenomeno jihadista.

 
Bergoglio poi ha accennato un mea culpa che ha reso facile la vita ai titolisti: “se dovessi parlare di violenza islamica dovrei parlare anche di violenza cattolica”. Per chi è abboccato al facile richiamo della retorica dell’invasione musulmana e dell’occidente dolorista la frase suonerà pure buonista e assolutoria, ma la massima carica religiosa del mondo cattolico dimostra arguzia comunicativa e buonsenso – il tentativo è quello di scindere il più nettamente possibile lo jihadismo dall’idea religiosa declassandolo a un’auto-attribuzione fasulla sbandierata dai terroristi. Forse in pochi ricorderanno il passante che urlò “you ain’t no muslim bruv” all’accoltellatore di  Leytonstone, fermata est della metro di Londra. Ebbene la reazione del pontefice è identica, ma questa volta politicamente rilevante oltre che ponderata.

 
La scelta strategica è sensata perché, per dirla con Buttafuoco sul Foglio, se il problema fosse davvero l’ideologia in sé e per sé (in questo caso la religione islamica) allora la soluzione non potrebbe che essere quella di eliminare tutti gli islamici. Fare di tutta l’erba un fascio, discriminare e applicare un pregiudizio di dimensioni novecentesche. E per chi millanta un’inesistente guerra di religione, le parole del Papa sono un brutto colpo, una mossa capace di minare il ritratto polarizzato del panorama politico occidentale.

 
Ai tempi dell’affermazione delle grandi burocrazie statali in molti, non soltanto i cerebralisti, definivano la politica come quell’ente che decide dove vanno, e dove non vanno, i fondi pubblici. Oggi, in tempi di odio populista verso qualsivoglia burocrazia che odori di establishment (leggasi “casta”), la politica è invece l’insieme frastagliato di enti che rincorrono la narrazione politico-comunicativa del momento. Bisogna cavalcare un trend, spremere il potenziale di un hashtag, conquistare quella o quell’altra fascia di votanti – mirare al claim e allo slogan più brevi e più efficaci possibile: è la memificazione del discorso pubblico, la sua progressiva atomizzazione.

 

Rendere le cose semplici, infatti, significa rendere le cose polarizzate, il bene opposto al male, il giusto opposto allo sbagliato. E questo vale anche per il problema del terrorismo jihadista. Quest’ultimo però è sfuggente, limitato e deterritorializzato: difficile renderne conto quando si è costretti all’indomito compito di spiegare per abbreviazioni ciò che necessiterebbe di parentesi dettagliate. A dover stare ai modi televisivi quindi si abbrevia e abbreviando si ricade nella solita minestra del musulmani contro non-musulmani, proprio quella che il Papa vorrebbe evitare.
A Rete 4 in programmi come “Dalla Vostra Parte” si divide lo schermo in due. Da una parte c’è un incalzante giornalista che propina una serie di supposte prove dell’inscindibilità tra l’islam e la violenza e dall’altra un gruppo di immigrati nell’assurda posizione di cercare di difendersi. Il primo sa convincere i telespettatori perché la retorica è il suo mestiere, mentre i secondi non convincono perché le capacità linguistiche sono insufficienti ad affrontare la combinazione tra tempi televisivi e argomento complesso. Il peggio, paradossalmente, accade quando un programma del genere non lo si sta davvero ascoltando, ma lo si intercetta per quei pochi secondi dettati dall’alternanza dello zapping. Il tempo di fruizione, insufficiente a cogliere gli scambi tra gli ospiti concede invece di leggere “L’ISIS CI MANDA GLI IMMIGRATI” in uno stampatello per niente casuale. Quella scritta, oltre a non essere in nessun modo attinente con quello di cui si discute in studio, è una non-notizia inventata di sana pianta, senza nesso o attinenza.

 
A osservare quello stampatello fisso in sovrimpressione la retorica imposta dal programma televisivo, quella scorretta e semplificatoria, passa quasi in secondo piano. Eppure è importante ricordare che un programma come Dalla Vostra Parte rema verso lo stesso obiettivo verso cui puntano i jihadisti: formare due grandi blocchi a livello globale, i musulmani e i non-musulmani. Da una parte gli infedeli, dall’altra gli asserviti al califfato. Il giornalista su Rete 4 nella migliore delle ipotesi non lo sa, Belpietro che conduce forse neppure, gli autori magari lo ignorano perché troppo concentrati sugli ascolti, ma stanno lavorando per lo stesso futuro in cui spera il Califfo nero.

 
Non che la soluzione sia semplice e si possa risolvere tutto radiando Belpietro o criticando le scelte di Rete 4, ma un inizio è sicuramente tenere a mente che là fuori non c’è una guerra di religione, ma ce n’è sicuramente una di comunicazione. Una partita che vede il raziocinio partire in svantaggio rispetto all’istinto populista, ma che può essere riaperta da alleati nuovi e inaspettati come, appunto, un Papa o un imam.

TAG: estremismo islamico, retorica, televisione italiana
CAT: discriminazioni, Questione islamica

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