Autonomia, indipendenza, secessione: Libertà o Mito?

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17 Ottobre 2017

Autonomia, indipendenza, secessione: tre capitoli di una stessa storia

La vicenda Catalana di questi giorni fa esplodere un problema sentito da milioni di cittadini europei. Ci sono ben 30/35 aree geografiche europee pronte a chiedere una forma di regolare autonomia. La crisi catalana insegna che il rapporto tra Stati deve essere normato da leggi, regolamenti ma anche da un comune sentire di cui uno Stato attento non può non farsi carico. Ben prima di Bossi, fu il P.Sardo d’Azione primo ad intercettare il “comune sentire”, come poi la Lega fece per il territorio lombardo e quello veneto. Distaccati dal paese per motivi di identità culturale, e forse anche etnica, ritrovano nella questione fiscale, il puntum dolens dell’unione al paese. Come liberarsi da questa, ritenuta dai più una zavorra?

Si possono perseguire tre strade:

quella della Autonomia, cavalcata nello Statuto Siciliano che individuava ragioni di indipendenza non separatista, una volta messi da parte Finocchiaro Aprile, l’Evis e la banda Giuliano che volevano fare dell’Isola la 51ma stella americana. Autonomia amministrativa con Statuto speciale volto alla risoluzione dei principali problemi normativi e legislativi su ogni tematica, anche quelle non comprese nel Titolo V. Alla base resta però l’uniformità di comportamenti politici internazionali e comunitari che rendono la Regione parte integrante del contesto Europeo. Agonismo sinergico dunque con lo Stato di appartenenza.

Quella della Indipendenza, amministrativa, fiscale, legislativa e su ogni fonte di cespite. E’ il caso della Catalogna che vanta il 20% del PIL iberico, che ha tradizioni culturali, linguistiche ed economiche differenti ma non discostanti da quella spagnole.

E’ il caso della Scozia che vuole far valere il principio di primogenitura sul mercato del Brent, imponendo i suoi prezzi e non quelli del governo della Regina. Certo gli scozzesi hanno tradizioni differenti da quelle britanniche ma non discostanti al punto da entrare in competizione. Antagonismo paritario dunque con lo Stato di appartenenza.

Quella della Secessione che significherebbe rottura e antagonismo politico con frattura insanabile, balcanica come è avvenuto in Kossovo, Cecenia e paesi in cui il dettato costituzionale non c’è o stenta ad avvalersi.

Come attuare il federalismo? Appare evidente che la prima motivazione sia quella della indipendenza fiscale. Il gettito va interamente alla Regione che lo raccoglie o in quale misura va destinato alle necessità statali? I secondo problema è quello dell’esazione. Problema notissimo in Sicilia il cui Governo aveva affidato a privati l’esazione delle imposte. Ma sappiamo come la Satris, società con aggio al 10%, andò a finire. L’Esattoria poi passò la Monte dei Paschi che, si sa, non ha sede in Sicilia ma nella blindatissima Siena. La Serit, nata con l’acquisizione di Banca Popolare di Canicattì e Banca di Messina, fu chiamata ad assumere la gestione della riscossione dei tributi ma l’aggio restò ancora alto (1). Oggi il compito è affidato a Riscossione Sicilia, una S.p.A. il cui pacchetto azionario di maggioranza è detenuto dalla Regione Siciliana (99,885%) e solo lo 0,115% da Equitalia S.p.A. Sviluppare questo argomento è compito reso difficile dalla complessità delle norme tributarie ma c’è una notizia che ha sorpreso tutti i non addetti ai lavori.

Una notizia clamorosa che è passata inosservata. La Corte Costituzionale, con la sentenza 4 luglio 2017 n° 154, ha in sostanza reso nulle e vanificato molte imposte fiscali (Iva-Irpef-Irpeg) e le accise sui beni di consumo quali alcolici e carburanti per i residenti della Sardegna. Anche le utenze di gas ed energia elettrica dovrebbero essere esenti da tasse quali IVA e accise, almeno dal 2010. La Corte Costituzionale conferma che, ai sensi del D.lgs. n. 114/2016, la Regione Sardegna è stata autorizzata a concedere (appunto a decorrere dal 2010) tutti i vantaggi fiscali previsti dalle Direttive n. 69/75/CEE, n. 69/74/CEE e dai Regolamenti n. 918/1983 e n. 2504/1988, quelle compensazioni fiscali che competono ai residenti nell’isola (2). E ciò in virtù del D.lgs. n. 75/98 che ha dichiarato il territorio della Sardegna extra doganale, ai sensi di quanto previsto dall’art. 128 del Regolamento n. 2913/92, dove si prevede che si può chiedere il rimborso o lo sgravio dai dazi doganali, Iva e accise (dazi all’importazione), quando si dimostri che le merci siano destinate ad una zona franca.

L’art. 92 del Trattato di Roma conferisce alle Isole lontane come, appunto, la Sardegna e alla Sicilia, che pure non ne ha fatto richiesta, la liceità di un regime fiscale speciale di franchigia. Al di fuori di una ristretta classe politica e cerchia di giuristi, soprattutto esperti di Diritto Costituzionale, nessuno ne ha mai saputo nulla. Appare invece ascritto alla Giunta Cappellacci il merito di essersi battuta a riguardo, raccogliendo la sollecitazione di 320 sindaci per la Zona Franca Integrale(3).

La vicenda nasce da un complesso articolato di concorrenza legislativa tra l’UE e Paesi membri, similare a quanto avviene codificato in Italia dall’art. 117 della Carta Costituzionale. All’Italia, quale Stato membro, compete l’obbligo di adottare disposizioni e contenuti non solo dei Trattati, ma anche dei Regolamenti e Direttive Comunitarie, quali appunto le Direttive n. 69/75/CEE, n. 69/74/CEE e dai Regolamenti n. 918/1983 e n. 2504/1988, sulle compensazioni fiscali.

Invece, anziché la tassazione prevista nella Direttiva n.69/75/CEE, è stata riservata alle Regioni a Statuto Speciale la stessa tassazione fiscale riservata alle altre a statuto ordinario.

Adesso la popolazione, cui non è stata applicata la disposizione, vanta ottimi motivi per una class action dal possibile risvolto devastante. Immaginate quanti esercizi commerciali e imprenditoriali hanno avuto il destino del processo fallimentare a causa della mancata applicazione di questa normativa. Ne verrebbero coinvolti politici e funzionari dell’Agenzia delle Entrate della Sardegna.Senza considerare le aziende petrolifere che non hanno indotto i titolari della distribuzione dei carburanti a porre in essere detta normativa. Naturalmente potrebbero incorrere nel reato di evasione e frode fiscale per illecito arricchimento.

Per estrapolazione assurda e fantapolitica medesimo regime fiscale potrebbe essere esteso anche ai ticket sanitari.

La titolarietà della Zona Franca, quale territorio extra doganale ai sensi dell’art. 169, 170 e 251 del D.P.R. n.43/73, ha una lunga storia che trova le sue radici nei Padri Costituenti. Già la normativa delle zone franche veniva introdotta mediante l’art. 12 della legge Costituzionale n. 3/1948 e il successivo D. lgs 75/78. Il D. lgs 43/73 codifica il diritto di ritenersi o istituire zone franche per la caratterizzazione geografica di lontananza, di isolamento ovvero di natura demografica. Così sono disciplinati dalla stessa normativa, al pari della Sardegna, con esclusione di dazi doganali, iva e accise, la Regione della Valle d’Aosta, il porto franco di Trieste, diritto riconosciuto prima dell’entrata in vigore del Trattato di Roma del 1957, che con l’art. 234 modula le convenzioni internazionali concluse tra gli stati membri e paesi terzi (3).

Contra legem dunque l’imposizione di un regime fiscale permanente. Chi lo pone in essere, classe politica che lo concepisce e classe dirigente che lo attua, si rende responsabile di danno provocato ad interi strati sociali, non dunque alla singola persona giuridica, ai sensi degli artt. 2598, 2599,2600, 2601 C.C.

Tuttavia la Corte Costituzionale n.154 del 4.07.2017 a pagina 18 mitiga e pone una pregiudiziale ai fini giuridici futuri. Afferma infatti che il danno causato dall’Italia alla Sardegna, nella cosiddetta “Vertenza Entrate“ viene “superato in conseguenza dei vantaggi ottenuti con l’accordo stipulato in data 21 luglio 2014, dei cui obblighi non può sostenersi l’inadempienza da parte dello Stato dopo che lo stesso ha dato attuazione all’art. 8 dello Statuto Sardo con l’emanazione del D.lgs. n. 114/2016, in tal modo eliminando la causa principale degli squilibri finanziari lamentati dalla Regione Sardegna”, (3).

Dunque, la Corte sentenzia che la Regione è stata autorizzata alla concessione dei benefici fiscali, previsti dalle Direttive n. 69/75/CEE, n. 69/74/CEE e dai Regolamenti n. 918/1983 e n. 2504/1988, avendo lo Stato italiano disciplinato la Regione Sardegna tra quella a Zona Franca. Regolamento n. 2913/92 che assieme al Regolamento n. 2454/93, disciplinano il regime fiscale che deve essere riservato ai residenti nei territori individuati come extra doganali, e per questo appositamente richiamati nello stesso decreto (D.lgs.n.75/98) (3).

Bisogna dunque far valere le regole del Diritto Comunitario rispetto a quello degli Stati membri, come recita anche il Regolamento UE n. 952/2013, che si pronuncia nel merito ora discusso. All’art. 5 si osserva che per l’Italia continuano ad applicarsi le disposizioni del D.P.R. n.43/73 (TULD) e quelle del D.lgs. n. 374/90 . Essere in Europa significa accettarne le regole, leggi e determinazioni.

Appare pertanto che questa sia  una tematica più affrontata e risolta in sede europea che italiana. Come se il federalismo fiscale, la devoluzione e la disciplina fiscale nel suo complesso non fossero oggetto di considerazione dalla Costituzione. Invece l’art. 117 disciplina il regime di concorrenza legislativa, in pratica da un lato la potestas legislativa regionale, e qui parliamo di Regioni a Statuto Speciale, e dall’altro la Legge nazionale d’insieme o quadro, spettante al Governo. Mentre l’art. 116 disciplina non solo l’istituzione regionale ma ne codifica il funzionamento.

Disattenzione od omissione? Un clamoroso esempio di mancata attuazione della Costituzione Italiana (artt. 116, 117 nonché Titolo V) e Disposizioni europee.

Eppure in Sardegna da sempre è presente il Partito Sardo d’Azione. Al tempo dei suoi fondatori, Lussu, Melis, questa vicenda non sarebbe passata inosservata.

Cessata la competitività devoluzionista della Lega, il nostro Partito Sardo d’Azione, che è ancora legato, e giustamente, a queste tematiche, dove va ?

 

1.       Lo Re Franco, La riscossione dei tributi in Sicilia. Dai Salvo ad oggi, cambiano i volti, non la sostanza delle cose, Tp 24 Economia,10.06.13

2.       D.Lgs. n. 114/2016, Norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna – legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali.

3.       Sardegnareporter.it La Sardegna finalmente è ZONA FRANCA. Corte Costituzionale: sentenza del 4 luglio 2017 n°154/17. luglio 2017

 

 

TAG: corte costituzionale, Federalismo fiscale, Regioni a Statuto Speciale, Ue
CAT: Enti locali, Politiche comunitarie

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