Il segreto di Pulcinella e le APP di Facebook

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23 Marzo 2018

Per la campagna presidenziale di Donald Trump ha ingaggiato la società americana di analisi dei dati Cambridge Analytica, la quale ha raccolto circa dati da oltre 50 milioni di profili Facebook, in tal modo voleva prevedere il comportamento degli elettori americani.
Nel fine settimana, Christopher Wylie, un ventottenne canadese che ha contribuito all’avvio di Cambridge, ha dichiarato al Guardian che nel 2014 ha iniziato a lavorare con il professore di neuroscienze dell’Università di Cambridge e Aleksandr Kogan, che ha sviluppato un test della personalità su Facebook app chiamata “thisisyourdigitallife”.

Sotto la guida di un ricercatore, ha ricevuto il permesso dalla società di social networking per estrarre i dati dai suoi utenti, ma presumibilmente ha preso i dati da milioni di persone senza il loro consenso e poi ha venduto tali informazioni a Cambridge, una violazione dei termini di Facebook.

Questa è la prima volta che Facebook ha riconosciuto la raccolta di dati dai profili americani. I funzionari di Facebook e il CEO di Cambridge, Alexander Nix, hanno negato ogni accusa. Resta sconosciuto quanto i dati abbiano influenzato gli sforzi della campagna di Trump. E’ indubbio che da oggi, più di ieri, su tali notizie si è acceso ancora di più il dibattito sull’impatto delle aziende di dati che usano Facebook sul profilo dei cittadini.

Cosa sappiamo di come Cambridge Analytica avrebbe raccolto dati da Facebook – e cosa significa tutto questo?

Nel 2007, gli psicologi Michal Kosinski e David Stillwell dello Psychometrics Center della Cambridge University hanno iniziato a utilizzare un quiz su Facebook sviluppato da myPersonality per studiare i tratti della personalità degli utenti consenzienti. L’app ha aperto le porte agli psicologi per prendere in considerazione diversi modi di collegare i “Mi piace” ai tratti della personalità.

Nel 2013, pubblicarono le loro scoperte negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze, e attirò l’attenzione di uno studente di dottorato di moda che si chiamava Christopher Wylie il quale era già interessato ai dati demografici e dei consumatori ed era curioso di poter usare questo approccio per capire perché i liberali democratici del Canada stavano perdendo le elezioni.

“Mi sono imbattuto in un articolo su come i tratti della personalità potrebbero essere un precursore del comportamento politico, e improvvisamente ha avuto senso”, ha detto Wylie al Guardian.

Nella sua intervista a The Guardian, Wylie ha dichiarato di aver incontrato l’allora caporedattore di “Breitbart” Steve Bannon nell’autunno del 2013, prima di annunciare pubblicamente il suo ruolo di direttore della campagna per Trump. I due concordarono sul fatto che cambiare la politica americana richiedesse un cambiamento culturale.

“Trump è come una coppia di UGG o CROCS, in pratica,” ricordò Wylie a Bannon. “Quindi, come si ottiene dalla gente che pensa “Le UGG, sono orribili ma… al momento in cui tutti li indossano?”.

In che modo Cambridge ha bypassato la ricerca analitica tradizionale?

Secondo il New York Times, Wylie pensava che invece di usare le tattiche tradizionali per analizzare i registri elettorali e le storie di acquisto dei consumatori per prevedere i comportamenti degli elettori, la sua azienda aveva bisogno di conoscere i tratti psicologici per capire veramente la mentalità dell’elettore.

Wylie contattò Kosinski per usare l’app myPersonality, ma i negoziati fallirono. E così Kogan si fece avanti e si offrì di replicare la ricerca e costruire la sua app, chiamata “thisisyourdigitallife”. Nel giugno 2014, SCL Group ha stipulato un contratto con Kogan e la sua società Global Science Research. Il suo compito era quello di usare la sua app per raccogliere i profili di Facebook non elaborati per Cambridge, che avrebbero fornito quelle informazioni per la campagna di Trump.

L’idea di Kogan di raccogliere dati dai profili di Facebook è arrivata in gran parte grazie a Kosinski, Stillwell e al loro collega Thore Graepel, che nella loro ricerca hanno trovato il modo di determinare l’intelligenza o le opinioni politiche di qualcuno basandosi su quali cosmetici o cibo godessero. Il trio temeva il potenziale uso improprio della ricerca per raccogliere dati da utenti non consenzienti su piattaforme di social media

Ma all’inizio del 2014, l’app di Kogan ha trasformato quella paura in realtà.

All’inizio, circa 270.000 utenti di Facebook hanno volontariamente scaricato il quiz sulla personalità. Ma poiché i termini predefiniti del servizio consentivano alle app di raccogliere dati da amici, ha finito col rubare oltre 50 milioni di profili che permettevano di avere informazioni sufficienti per costruire un profilo psicologico.

Sia Facebook che Kogan affermano di aver ottenuto l’accesso ai profili in modi legittimi, ma non sono d’accordo sul fatto che Kogan abbia seguito le regole della società che lo hanno impedito di vendere le informazioni a una terza parte a Cambridge. Kogan rimane un membro della facoltà presso l’Università di Cambridge e un professore associato presso l’Università di San Pietroburgo. Secondo The Guardian, ha anche ricevuto sovvenzioni dal governo russo per ricercare “stress, salute e benessere psicologico nei social network”.

Continuo a capirci sempre di più e purtroppo anche sempre di meno. Si, cercare di approfondire le funzionalità di questo strumento, non solo sembra una cosa impossibile, ma anche per i più tecnologici, molto improbabile venirne fuori.

Faccio un piccolo esempio. Ogni giorno su facebook salta fuori uno di questi quiz/giochini presenti sul social network al quale tutti abbiamo partecipato, forse però non tutti sanno che in modo inconsapevole, forniamo a queste società (creatrici del quiz) tutti i dati personali ed anche quelli condivisi con i propri amici. con un semplice click e con la semplice partecipazione. Molti utenti che, presi un pò dalla curiosità, un po’ per farsi una risata, un pò dall’inesperienza informatica, come me, li effettuano su facebook, senza conoscere purtroppo le conseguenze.

Ce ne sono veramente a centinaia. L’attività nasconde qualcosa in più di una presa in giro visto che c’è un vero e proprio problema di privacy e di prelievo dei nostri dati personali. VonVon una delle aziende leader dei quiz Chi c’è dietro a tutti questi quiz? Dietro a tutto questo ci sono tantissime società che fanno questo di mestiere(più che altro marketing e comprandendita di dati personali degli utenti). Tra quelle più famose troviamo l’impresa sudcoreana Vonvon.

Cosa succede nello specifico quando diamo il nostro consenso a partecipare ad un suo quiz? Sappiamo tutti che per partecipare e visualizzare il risultato del nostro quiz è necessario dare un’autorizzazione. schermata.
La finestra vi informa che la compagnia avrà accesso ai dati dell’utente (nome, data di nascita, email, fotografie). Se l’utente accetta tali condizioni, la società preleverà i dati personali. Che faranno con i miei dati personali? Semplice. I vostri dati saranno “rivenduti” ad altre società che a loro volta pubblicizzeranno dei prodotti via mail (o tramite sms o chiamate sul cellulare, questo dipende sempre dal fatto se il vostro numero di telefono è pubblico o meno).

Considerazioni generali. Diciamolo, molto spesso la “colpa” è della nostra superficialità di quando facciamo qualcosa nel web, non solo su facebook. Il risultato è che mentre noi pensiamo a farci una risata sul risultato del test, un’ipotetica azienda X o Y (in questo caso l’abbiamo anche citata, ma non è la sola) raccoglie i nostri dati e li usa come meglio crede, anche per sviluppare messaggi elettorali ad oc e veicolare in modo inconscio, come una pubblicità subbliminale, le nostre scelte. Dobbiamo pensare attentamente prima alle azioni che facciamo su facebook e più in generale nel web. Se vi esce un quiz carino da fare sappiate che state consegnando nelle mani di terzi i vostri dati.

TAG: Facebook, monica mandico
CAT: Geopolitica, Media

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