Consob e la “bocciatura” della trasparenza sui rischi

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19 Dicembre 2015

La vicenda dei bond subordinati ha messo finalmente in evidenza quanto purtroppo le associazioni dei consulenti finanziari indipendenti temevano e segnalavano da anni. Era solo questione di tempo: giocare col fuoco prima o poi porta alla bruciatura. Se poi si crede di giocare con acqua tiepida anzichè con un potenziale incendio il disastro è praticamente annunciato.

Investire è come scommettere. Per scommettere bisogna conoscere sia quanto si mette sul piatto e sia quali sono le probabilità di vincita e di perdita. Lo stanno spiegando bravi giornalisti in questi giorni anche in seguiti programmi televisivi, nel mezzo di  un enorme flusso di informazioni del tutto avulse dal problema di come evitare il ripetersi di patologie da strumenti finanziari; lo dicono i giudici che negli ultimi anni hanno sentenziato come queste informazioni sono  essenziali per la validità del contratto di investimento; lo sostengono gli stessi investitori una volta a conoscenza  della possibilità di ottenere questa informazione come un’inchiesta del Corriere ha dimostrato.

Si pensi poi che persino nel gioco d’azzardo è obbligatorio fornire le probabilità associate alle scommesse, che alle previsioni meteo vi vengono affiancate le probabilità di accadimento,  nei “bugiardini” dei farmaci associano le probabilità connesse ad effetti collaterali. Già …quale peggior effetto collaterale ci potrebbe essere di perdere l’intera somma da un investimento?

E allora perché togliere queste informazioni? Perché la Consob dichiara che sono stati «bocciati» in sede di vigilanza europea? Innanzitutto bocciati non significa vietati. Ed è presto detto: le motivazioni che hanno portato alla bocciatura non permetterebbero alcun divieto. Precisiamo subito che non esiste alcun divieto all utilizzo delle metodologie probabilistiche nella trasparenza sui rischi. La UE ha lasciato libertà di scelta agli stati membri. Non ha mai posto dei limiti “massimi” alla trasparenza, ma chiede il rispetto di alcuni mimimi (non necessariamente sufficienti). Guarda caso l’Italia e Consob inizialmente erano all’avanguardia: l’approccio probabilistico viene condiviso con Bankitalia e denominato risk based. Tecnicamente, è un passo di forte trasparenza ulteriore rispetto al classico approccio in cui viene fornito all’investitore quello che può essere l’esito del suo investimento al verificarsi di 3 o 4 eventi (noto come what if, cioè “cosa succede se…”). Ma il what if  sarebbe meglio definirlo come un… so what (e quindi?) . Infatti, in questo tipo di approccio, gli eventi vengono selezionati da chi redige il prospetto e vengono posti all’investitore come se avessero la stessa probabilità producendo un grave errore percettivo da parte di chi dovrebbe decidere.

Evidentemente, la colpa degli scenari probabilistici di rendimento è di fornire troppa trasparenza sul collocamento di prodotti alla clientela retail.  In due paginette e una tabella si capisce ciò che non è comprensibile in 100 pagine di prospetto informativo. È per questa ragione che l’ABI, la lobby bancaria, si è opposta e ne ha chiesto l’abolizione sostenendo che siano difficili da capire (per l’investitore) e costosi da produrre (per l’emittente/collocatore). Del tutto a favore, invece, sono stati i consulenti finanziari indipendenti, i consulenti del tribunale e le associazioni dei consumatori che scrivono nelle consultazioni pubbliche a difesa della maggior trasparenza. Le perplessità dell’ABI, invece, hanno avuto il sopravvento. E la CONSOB ha fatto marcia indietro mentre nello stesso tempo lo IOSCO e la inglese FSA (ora FCA) riconoscono la piena validità delle metodologie probabilistiche. Il piccolo Portogallo le ha rese obbligatorirende obbligatorie..ma forse in quel paese la pressione del sistema bancario era diversa…

Ricordiamo ai lettori che le metodologie probabilistiche nulla hanno a che vedere con le previsioni. Le prime sono oggettive e desumibili solo da dati di mercato, le seconde sono soggettive. Le banche collocano e si scambiamo ogni giorno prodotti per miliardi di dollari dopo averli prezzati proprio con queste metodologie. Se così non fosse anziché fallire una banca ogni tanto ne fallirebbero a dozzine ogni mese. Chi colloca conosce valore (fair value)  e distribuzione del rischio.

Nel caso delle obbligazioni subordinate è stato commesso un grosso pasticcio: togliendo gli scenari dai prospetti si è tolta la trasparenza sui rischi, permettendo il collocamento massivo presso gli sportelli alla piccola clientela, dal 2009 ma soprattutto dal marzo 2011 quando è venuta meno la richiesta del regolatore di inserirli nelle documentazione.  E perché poi gli scenari non sono stati tolti dai prodotti finanziari- assicurativi dove sono invece obbligatori? Delle due l’una: o si è sbagliato allora a toglierli dalle obbligazioni oppure si sono “dimenticati” da toglierli dai prospetti delle polizze di ramo III e V. C è anche da dire, che gli scenari nelle polizze potreste trovarli solo dopo aver letto qualche dozzina di fitte e complesse pagine di prospetto. Come qualcuno disse the devil is in the detail… ma qui funziona al contrario.

 

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CAT: gestione del risparmio

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