Cambridge Analytica. E adesso?

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26 Marzo 2018

Nel corso dell’ultima settimana abbiamo tutti compreso – alcuni fingendosi stupiti, altri a questo punto finalmente consapevoli – che il nostro comportamento online è utilizzato dalle piattaforme digitali per profilarci e per rendere possibili iniziative pubblicitarie targetizzate e potenzialmente più incisive.

Come è stato ben scritto, tutto questo non deve essere nè sottovaluto nè sopravvalutato:

– il fatto che la pubblicità (online) possa influenzare le nostre scelte non deriva da un messaggio più o meno profilato, ma dipende dalla nostra propensione a farci influenzare, ambito che non può che essere affrontato con strumenti di carattere educativo e culturale;

– il fatto che operatori come Cambridge Analytica se ne siano avvalsi al di là quanto legalmente potessero è evidentemente un segnale della permeabilità di Facebook e della necessità che la piattaforma migliori le regole del gioco offerte tanto gli inserzionisti quanto agli utenti finali.

L’importante è che non si butti via il bambino con l’acqua sporca ovvero che il caso Cambridge Analytica non induca tutti – dagli utenti alle aziende fino agli operatori del mondo digitale – a cogliere le opportunità di maggior rilevanza che una pubblicità profilata può rivestire in termini sia di senso per il consumatore che di valore per il brand che se ne avvale. Se fosse così, metteremmo in discussione le opportunità che il digitale riveste nel panorama contemporaneo: la pubblicità online rende infatti possibile avvalersi gratuitamente di molti servizi che, nel tempo, hanno migliorato la nostra vita.

“Se il prodotto che usi è gratis, allora il prodotto in vendita sei tu” è l’adagio che dobbiamo sempre ricordare e che deve pertanto portarci ad avvalercene con misura, indossando una maschera, consapevoli della delicatezza delle informazioni ed ancor più delle azioni che condividiamo online.

Ecco pertanto qualche suggerimento per approfondire la conoscenza degli strumenti di Facebook ed Instagram:

  • effettuare il download dei dati posseduti da Facebook sul nostro conto [link];
  • gestire al meglio, secondo le proprie sensibilità e preferenze, i criteri di privacy, tagging e blocking;
  • impostare la lingua del proprio account in inglese per ottenere tutte le funzionalità di ricerca di Facebook (cd. Graph Search);
  • verificare chi ci menziona – senza taggarci – facendo una ricerca per il nostro nome;
  • osservare quanto la nostra attività sia interrogabile da terzi attraverso Facebook Custom Tools [link].

Per chi vuole approfondire la funzione di ricerca di Facebook, ne ho parlato in questo video con l’intento di mostrare quanto la consapevolezza degli strumenti possa preludere ad un loro utilizzo non solo di carattere personale, ma anche professionale [link].

TAG: Facebook
CAT: Innovazione, Internet

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