Istruzioni per la servitù

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3 Luglio 2017

“Non prestarti mai a muovere un dito fuorchè per lo specifico lavoro per cui sei stato assunto.
Per esempio, se lo stalliere fosse ubriaco o assente e al maggiordomo si ordinasse di chiudere la porta della stalla, ecco la risposta: con il permesso di Sua Signoria, non mi intendo di cavalli

“Non accorrere mai finchè non sei stato chiamato tre o quattro volte, perchè solo i cani corrono al primo fischio.
E quando il padrone grida “C’è qualcuno?” nessun servitore è tenuto a rispondere perchè “C’è qualcuno” non è il nome di nessuno”

Queste alcuni delle frasi che appaiono nel primo capitolo di Istruzioni per la servitù, il capolavoro satirico scritto da Jonathan Swift negli ultimi anni della sua vita e pubblicato postumo, nel 1745.

Ma di cosa tratta questo libro?

Ci spiega, con grandissima dovizia di particolari, come e perché i servitori possano e debbano disubbidire ai loro padroni, cercando di truffarli, ingannarli, metterli in ridicolo, umiliarli.

Mai forse in un’opera letteraria il disprezzo per il genere umano, diviso in due categorie di analoga e grottesca ripugnanza ( servi e padroni) è stato espresso con tale leggerezza.

Il libretto è stato definito in molti modi. Qualcuno ne ha parlato come di un manuale di sabotaggio domestico, qualcun’altro lo ha definito una piccola antropologia del risentimento.
Sicuramente viaggiamo, con questo libretto, nell’Olimpo dei grandi autori satirici.
Così come in quello dei più grandi prosatori di tutti i tempi.
La dimensione metaforica, la possibilità cioè, in ogni passo del libro , di riferire ad altri ambienti e contesti le situazioni accuratamente descritte, non aggiungono pensosità, nè tolgono divertimento a questo piccolo delizioso irresistibile campionario di nefandezze domestiche.

Non crediate però che questa specie di manualetto delle mascalzonate si mantenga sulle generali.
Dopo un capitolo iniziale , i cui insegnamenti sono buoni per tutti i tipi di servitori, ci sono i capitoli dedicati ad ogni singola specie di servitore:si parte dal maggiordomo, si continua con la cuoca, il valletto, il cocchiere, lo stalliere, l’intendente, il fattore, il guardaportone, la donna del latte, la balia, la guardarobiera, la governante, la bambinaia.

In qualche caso il paradosso è portato fino alla ferocia, è quasi insopportabile.

Che dire di questo consiglio per la balia?

“Se ti succede di lasciar cadere il bambino, e di azzopparlo, bada di non confessarlo mai; e se muore è tutto a posto”

O di queste “istruzioni” per la bambinaia?

“Se un bambino è ammalato dàgli da mangiare e da bere tutto quello che vuole, anche se specificatamente proibito dal medico: perchè le cose di cui abbiamo voglia da malati, ci fanno bene; e getta via la purga fuori dalla finestra; il bambino ti vorrà più bene, ma proibiscigli di raccontarlo.
Se la tua padrona viene nella stanza dei bambini e minaccia di frustare un bambino, strappaglielo dalle mani infuriata e dille che non hai mai visto una madre così crudele: ti sgriderà, ma ti vorrà più bene.”

O di queste per la cameriera?

“Non portar giù i vasi da notte, che non son cose da far vedere, ma vuotali fuori dalla finestra, per riguardo alla sua padrona. Non sta affatto bene che i servi maschi sappiano che le dolci signore hanno bisogno di simili utensili; e non pulire il pitale, perchè l’odore fa bene alla salute”

Il libretto è godibilissimo in sè e per sè, per i motivi cui ho accennato sopra cioè per il suo umorismo e per la sua qualità di scrittura.

Non solo: alla base di questo gioco di altissimo livello letterario c’è un’alta tensione morale, il desiderio di operare “per il pubblico bene”.

L’espressione è dello stesso Swift che scrive ad un amico, poco tempo prima della morte, dicendogli di essersi ritiraro in campagna “per il pubblico bene, avendo tra le mani due importanti lavori” e descrive uno di essi come “ lo statuto integrale della servitù in circa venti condizioni diverse, da quella dell’intendente o di cameriera personale fin giù fino allo sguattero di cucina o di dispensa”

Insomma, non possiamo fraintendere lo spirito di questo libretto.

Ci troviamo di fronte ad un autore che crede fermamente nel divertimento della lettura, senza mai pensare però che questo divertimento sia fine a se stesso.
Swift crede nell’efficacia didattica del paradosso, nella “pubblica utilità” dell’insegnamento che passa attraverso il gioco, nell’alta forza morale dello scandalo.
Ed è proprio il convincimento di battersi per una missione di pubblica utilità che autorizza Swift ad una libertà di espressione e ad una crudezza e ferocia di linguaggio che ancora oggi, a quasi tre secoli di distanza, ci lasciano senza fiato.

TAG: Jonathan Swift
CAT: Letteratura

Un commento

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  1. lamerla 7 anni fa

    Lo leggerò

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