“Liberi di morire” anche a prescindere dalla malattia

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15 Febbraio 2018

“Liberi di morire come e quando si vuole”, a prescindere dalle condizioni di salute. Dice anche questo l’ordinanza con cui i giudici della Corte d’Assise di Milano hanno trasmesso alla Consulta gli atti del processo a carico di Marco Cappato. Un principio mai esplicitato nel lungo provvedimento ma deducibile, come confermano fonti giudiziarie, dal fatto che, in tutti i passaggi in cui si argomenta l’esistenza del diritto alla “libertà di scegliere come e quando morire”, non si faccia mai cenno alle condizioni dell’aspirante suicida.

Resta ferma invece la necessità, più volte ribadita dai giudici, che chi decide di togliersi la vita lo faccia senza che colui che lo agevola abbia influito in alcun modo sulla sua scelta libera e consapevole. Un’ipotetica applicazione applicazione concreta di questo principio porterebbe a considerare non punibile chi accompagni in Svizzera a morire una persona che non abbia alcun problema di salute. Un netto superamento rispetto alla recente legge sul testamento biologico che, come ricordato dal collegio presieduto dal giudice Ilio Mannucci Pacini, “non ha riconosciuto il diritto al ‘suicidio assistito’” e prevede condizioni molto stringenti di malattia fisica per interrompere le cure. Il mancato riconoscimento del diritto al ‘suicidio assistito’, scrive la Corte nel provvedimento, “non può portare a negare la sussistenza della libertà della persona di scegliere quando e come porre fine alla propria esistenza”. I giudici della Corte Costituzionale comunque decideranno quale percorso interpretativo intraprendere in modo autonomo rispetto alle opinioni espresse dalla Corte d’Assise che si è richiamata a numerosi articoli della Costituzione e anche alle Convenzioni e alla giurisprudenza comunitaria.  Nelle loro memorie, il procuratore  aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Sara Arduini facevano riferimento alle “condizioni oggettive” di chi versa in uno stato di malattia terminale o irreversibile e a quanto suggerito dal “comune sentire”. La Corte d’Assise va ben oltre, sostenendo il diritto a scegliere come morire anche di chi non versa in gravi condizioni di salute, come Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale e afflitto da dolori e sofferenze continue.

Manuela D’Alessandro

TAG: Dj Fabo, Marco Cappato
CAT: Milano

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