Mani Pulite, 25 anni fa la grande farsa. E non è finita…

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8 Febbraio 2017

“Intervista Borrelli”. “Intervista D’Ambrosio”. Dai capi dei giornaloni era un continuo di richieste ai loro uomini (e donne) sul campo. “Intervista su che?”. “Su quello che vogliono loro”. E andò a finire a un certo punto che a Borrelli e D’Ambrosio furono sollecitati pareri persino sull’America’s Cup di vela.

C’era un paese ai piedi di quattro signori del quarto piano che avevano vinto un concorso. Correva l’anno 1992. La corruzione c’era pure prima del mitico ’92, solo che le procure, Milano in testa, avevano fatto finta di non vederla. Poi “all’improvviso” le toghe si svegliarono. Perché la politica era diventata debole e perché la magistratura aveva da incassare il credito acquisito un po’ di lustri prima quando le era era stato delegato il compito di risolvere la questione della sovversione interna (“anni di piombo” ,”terrorismo” definizioni anche tecnicamente sbagliate ma lasciamo perdere).

Le toghe saltarono al collo dei politici gridando: “Adesso comandiamo noi”. E così fu. Mani pulite, un regolamento di conti all’interno della classe dirigente di un paese, con la scusa della “lotta alla corruzione”. L’azione penale fu essercitata fino in fondo a macchia di leopardo secondo convenienze e opportunità della magistratura. La fecero franca i grandi imprenditori che erano editori dei giornali i quali appoggiarono l’inchiesta sapendo di avere scheletri negli armadi. Un do ut des in piena regola. Su Fiat si fece finta di indagare, su Mediobanca neanche quello. L’editore di Repubblica se la cavò con un buffetto. Tutto a scapito dei politici che pagarono a eccezione di un partito, quello che poi manderà in Senato via Mugello l’uomo simbolo di Mani Pulite, molto attivo nel vivere a scrocco degli inquisiti del suo ufficio, insomma un esempio di alta moralità.

E non fu una questione di toghe rosse. L’operazione aveva bisogno di una sponda politica per evitare in caso di indagini vere su tutti il varo di un’amnistia da parte del Parlamento.

Due pesi due misure, l’utilizzo della custodia cautelare per ottenere confessioni, ammissioni, “per avere l’osso”. Folle vocianti e acclamanti in corso di porta Vittoria, bandiere e simboli di tutti i partiti dall’Msi al Leoncavallo. “Di Pietro non mollare”. “Borrelli facci sognare”. Le telecamera in prima fila erano quelle di Berlusconi che in realtà non aveva capito nulla, visto che sarà poi l’unico grande imprenditore ad essere inquisito fino in fondo dal momento della discesa in campo.

Tonino da Montenero iniziò anche a delirare: “Mani pulite nel mondo”.  Poi clamorosamente lasciò. “Mi tiravano per la giacchetta” fu una delle 752 versioni dei fatti che diede. Ma contro non c’erano “veleni”, come ancora oggi sostengono gli orfani della grande farsa, ma fatti veri, dai prestiti a babbo morto alle auto ai cellulari con bolletta pagata. A livello penale si salvò a Brescia, complice un comunicato con cui l’Anm per la prima volta nella sua storia si schierò con l’indagato. Ovviamente fu anche l’ultima.

Mani pulite servì alla magistratura per aumentare il suo potere nei confronti di una classe politica che arrivò perfino a suicidarsi abolendo l’autorizzazione a procedere e a un singolo magistrato per arricchirsi fino all’Italia dei valori immobiliari

E’ cambiato qualcosa? Poco. La corruzione c’è sempre. Allora i magistrati acquisivano potere soprattutto facendo le indagini o facendo finta di farle, adesso anche non facendole. La moratoria Expo è in stile Mani pulite. Expo insomma è la Fiat del terzo millennio. Berlusconi si scontrava con le toghe e lo fa ancora oggi perchè non lo lasciano in pace nemmeno in camera da letto. Renzi ringrazia la procura di Milano “per il senso di responsabilità istituzionale” che ha permesso a Peppino Sala di diventare sindaco di Milano direttamente dalla gestione di Expo. Non tutti i conflitti di interessi sono uguali perché alcuni sono a fin di bene, come del resto certi reati.

Frank Cimini

TAG: #milano, anniversario, Mani Pulite, milano
CAT: Milano

4 Commenti

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  1. andrea-marelli 7 anni fa

    sembra un pezzo scritto da Beppe Grillo o da Silvio Berlusconi con allusioni senza fondamento.Se fosse realtà quello scritto sopra saremmo una dittatura giudiziaria…se la corruzione esiste è colpa della gente che a tutti i livelli si faceva e si fa comprare e infatti quelli indagini furono osannanate dal popolo ma quando si andò anche a scoprire la corruzione prorio tra la gente comune il supporto finì.Andatelo a spiegare a Gherardo Colombo(magistrato di allora)che ora va in giro a spiegare nelle scuole la costituzione.Colombo sottolinea delle differenze e differenze di vedute che ha/aveva con Davigo ma da qui a dire quello descritto sopra…

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  2. alding 7 anni fa

    Caro Andrea Marelli, siamo in un clima di DITTATURA GIUDIZIARIA !!! e tutto è iniziato da allora. Stai tranquillo, non metto l’aureola ai politici ma voglio dire che se il termine CASTA indica chi può fare tutto senza essere criticato e limitato, la prima casta sono i magistrati (tutto possono, senza alcun timore di critica), la seconda casta sono i giornalisti (possono gettare fango su chiunque in modo infondato, tanto poi nessuno leggerà le smentite che dovranno fare), mentre i politici sono solamente la terza (ed ultima) casta in quanto, qualunque cosa faranno si troveranno ad essere bombardati dalle prime 2 caste.

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  3. gia-nni 7 anni fa

    Caro Alding,
    tutte le norme di comportamento che i magistrati applicano sono state tutte, una per una, votate dal parlamento. Se i magistrati hanno potuto fare quello che hanno fatto o le norme erano scritte male – norme scritte e votate da politici incapaci – o quei politici avevano delle colpe.

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  4. umbrito-tamburini 7 anni fa

    E se invece si trattasse di una mossa preventiva per emasculare la vergognosa legge Vassalli sulla responsabilita’ civile? (disclosure: fui tra i raccoglitori di firme)

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