190 dischi che resero indimenticabile il 1987

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23 Dicembre 2017

«Il 2017 è ormai agli sgoccioli e inevitabilmente fioccheranno le classifiche (compresa la mia) sulle migliori produzioni musicali dell’anno. Ma non va dimenticato che nei mesi scorsi ci sono stati diversi ritorni, capaci di riportarci indietro di tre decenni: il 1987 fu infatti un anno di straordinaria qualità e prolificità dal punto di vista del pop, del rock… e non solo».

Nel corso del 2017 è stato (giustamente) sottolineato con enfasi il tour mondiale con il quale gli U2 hanno celebrato il trentennale di “The Joshua Tree”, un enorme successo planetario, anche se probabilmente non il migliore disco nella storia della band irlandese. Una storia che continua gloriosamente, visto che con la recente pubblicazione di “Songs of Experience” Bono e compagni sono diventati i primi ad avere un album al numero 1 per quattro decenni consecutivi: gli ’80, ’90 del secolo scorso, più Duemila e i dieci di quello corrente!

Un’iniziativa analoga alla celebrazione degli U2, ma per ora limitata al Regno Unito, è quella degli scozzesi Deacon Blue, che fino a tutto l’anno prossimo festeggeranno con una serie di concerti il trentennale della pubblicazione di “Raintown”, il disco che diede inizio alla loro carriera. Sono passati trent’anni esatti anche da “Kick”, il disco di maggior successo degli INXS, che oggi viene ripubblicato in una versione deluxe, con i brani originali rimasterizzati, più inediti, rarità, incisioni dal vivo e un disco blu-ray.

Basterebbe questo per parlare del 1987 come di un anno davvero d’oro per la musica leggera, ma sarebbe solo la punta dell’iceberg. Fu, infatti, un anno straordinariamente fertile sia sul piano della qualità che su quello della quantità, con le uscite di tutti i più grandi artisti del periodo, di figure emergenti, di diverse meteore e persino dell’attore Bruce Willis!

Essendo quasi impossibile dare un’ordine di classifica a un materiale tanto vasto, l’ho suddiviso per generi, ma sempre con un’abbondante dose di discrezionalità.

Non posso eludere una considerazione tanto ovvia quanto vera: quando si comincia a guardare al passato con nostalgia, è perché si sta iniziando a diventare vecchi.

È altrettanto vero che ogni generazione è a buona ragione convinta che la musica “dei suoi tempi” sia migliore di quella attuale. La differenza è che noi adolescenti degli anni ’80 abbiamo ragione e i seguenti 190 dischi ne sono una prova inconfutabile! :-)

 

LE 6 BAND ICONICHE DEL DECENNIO

U2

“The Joshua Tree”

E’ il disco che chiude un’era, passando dalla new-wave a un suono molto più orientato verso il rock-blues americano che avrà la sua consacrazione col successivo progetto “Rattle and Hum”. “With or without you”, “I still haven’t found what I’m looking for” e “Where the streets have no name” sono le tracce che sintetizzano l’intera opera… e quindi io ve ne propongo una diversa, nel caso vi fosse sfuggita: “In God’s country”

SIMPLE MINDS

“Live in the city of light

Similarmente agli U2, la band nata a fine anni ’80 abbraccia l’epic rock del quale rappresenta la massima espressione, insieme proprio ai “cugini” irlandesi. E’ forte il tentativo di affrancarsi dal ricordo del leggendario “New Gold Dream”, i cui brani vengono riproposti con arrangiamenti molto diversi, trasformando la title-track in un lento ipnotico e “Promised you a miracle” in un rock molto più energico. A febbraio, in occasione dei loro 40 anni di attività, uscirà il nuovo disco “Walk between worlds”.

THE SMITHS

“Strangeways, here we come”

Quarto e ultimo album della troppo breve storia di una band fondamentale nella storia del decennio. Pur fiaccato dai litigi tra Morrissey e Marr, il gruppo regala un’ultima serie di perle come “Girlfriend in coma”, “I started something I couldn’t finish”, “I won’t share you”, “Death of a disco dancer” e “Stop me if you think you’ve heard this one before”. Nello stesso anno usciranno ben due raccolte (“The world won’t listen” e “Louder than bombs”) per onorare il contratto residuo con la Rough Trade, la quale nel 1988 pubblicherà anche il discutibile live “Rank”. Il mese scorso è uscito “Low in high school”, nuovo album della carriera solista di Morrissey, mentre Johnny Marr ha collaborato al nuovo disco dei Charlatans.

THE CURE

“Kiss me, kiss me, kiss me”

Da fenomeno di culto a star del mainstream. Il settimo album della band di Robert Smith contiene sia tracce di indubbio appeal commerciale, come “Why can’t I be you” e “Hot hot hot!!!”, a episodi più intimisti come “One more time” e “Catch”. La perfetta sintesi tra queste due anime e “Just like heaven”, tuttora un brano iconico nella storia dei Cure.

DEPECHE MODE

“Music for the masses”

Titolo decisamente eloquente, perché il sesto album di Dave Gahan e soci segna l’esplosione commerciale negli Stati Uniti. Dopo le atmosfere dark di “Black Celebration”, i Depeche Mode si aprono a sonorità più elettroniche, dando vita a un sound unico. Brani come “Strangelove” e “Never let me down again” dimostrano come la musica d’autore possa scalare le classifiche.

INXS

“Kick”

Nettamente il disco di maggior successo nella storia della band australiana, che dopo il suicidio del cantante Michael Hutchence non ha mai trovato un sostituto all’altezza dei tempi migliori. Che erano quelli di “Need you tonight”, “New sensation”, “Never tear us apart” e “Devil Inside”, quattro singoli entrati nella Top-10 americana.

GRUPPI: IL TOP DEL POP

EURYTHMICS

“Savage”

Pur dimostrando il coraggio necessario per entrare nel territorio della sperimentazione come “Beethoven (I love to listen to)”, Annie Lennox e Dave Stewart conquistano pubblico e critica con un felice connubio tra ritmo e melodia, testimoniato da brani come “I need a man”, “Brand new day” e l’indimenticabile “You have placed a chill in my heart”.

MARILLION

“Clutching at straws”

E’ l’ultimo album con Fish alla voce e quindi, per molti fan integralisti, anche l’ultimo dei “veri” Marillion. Si tratta di un concept album, come il precedente “Misplaced Childhood”, ma il successo commerciale – a partire dal singolo “Incommunicado” – non replica quelli precedenti.

SIMPLY RED

“Men and Women”

Il secondo album di Mick Hucknall e soci segna la definitiva esplosione commerciale, con brani rimasti nella storia come “The right thing”, “Infidelity” e la cover di “Ev’ry Time We Say Goodbye”, brano firmato da Cole Porter.

LLOYD COLE AND THE COMMOTIONS

“Mainstream”

Quinto e ultimo album del cantautore scozzese con la sua band, prima di imbarcarsi in un’interessante carriera solista. Nonostante le difficoltà a trovare un produttore (se ne alterneranno tre, compreso Stewart Copeland dei Police), ne esce un lavoro di alto livello, come testimoniato dai singoli “My Bag”, “Jennifer She Said” e “From the hip”. Tra gli altri brani, spicca “Mr Malcontent”, ispirato al personaggio interpretato da Daniel Day-Lewis nel film “My beautiful laundrette”.

ICEHOUSE

“Man of Colours”

Spesso trascurata nelle rievocazioni degli anni ’80, la band australiana ha pubblicato nel 1987 il suo album di maggior successo commerciale. Lanciato dai singoli “Crazy”, “Electric Blue” (scritto con John Oates) e “Nothing too serious”, è un disco fondamentale nella storia degli Icehouse, che continua ancora oggi.

LEVEL 42

“Running in the Family”

Capitanata dal bassista e cantante Mark King, la band britannica tocca l’apice della fama con il settimo album, che contiene perle quali la title-track, ma anche “Lessons in Love”, “To be with you again” e “Children say”.

ERASURE

“The Circus”

Il progetto nasce da un’idea di Vince Clarke, che dopo essere stato membro fondatore di Depeche Mode e Yazoo, si unisce al cantante Andy Bell per dar vita a un duo synth-pop. Il secondo disco contiene l’iconica “Sometimes”, ma anche “Victim of love” e “It doesn’t have to be”.

THE STYLE COUNCIL

“The Cost of Loving”

Prolifico e poliedrico, Paul Weller si distanza dalle sonorità filo-jazz del precedente “Our Favourite Shop” per avvicinarsi all’R&B, ma sempre con l’eleganza che contraddistingue il suo progetto con Mick Talbot. “It didn’t matter”, con la voce femminile di Dee C. Lee, è l’aoice del disco.

NEW ORDER

“Substance”

In un anno ricco di raccolte e dischi dal vivo (Pretenders, Elton John, Eric Clapton, Billy Idol, Culture Club, A Flock of Seagulls, Roy Orbison, Ray Charles, Cockney Rebel…), la singles-collection dei New Order si distingue come simbolo del periodo sia per quel “1987” stampato in copertina, sia per la presenza dell’inedito “True faith”, uno dei brani più famosi del decennio.

THE CARS

“Door to Door”

Prodotto e quasi interamente scritto dal solo Rick Ocasek è in pratica il disco che segna la fine dei Cars. La band tornerà solo 24 anni dopo, con il non indimenticabile “Move like this” del 2011. “Door to door” merita invece di essere ricordato per i singoli “You Are the Girl”, “Strap Me In” e “Coming Up You”.

THE HOUSEMARTINS

“The people who grinned themselves to death”

Una band tra le più interessanti del periodo, ma dalla storia sfortunatamente breve. Sulla sua creatività, basterebbe citare la presenza al basso di Norman Cook, destinato a diventare piuttosto famoso qualche anno dopo con il soprannome Fatboy Slim. Alla voce Paul David Heaton, che poi entrerà nei Beautiful South. Dopo il debutto nel 1986 con “London 0 Hull 4”, il secondo (e ultimo) album spicca per gioielli come “Build”, “Me and the farmer” e “The People Who Grinned Themselves to Death”.

PET SHOP BOYS

“Actually”

Dopo il già fortunato esordio con “Please”, Chris Lowe e Neil Tennant sbancano col secondo album. Sono ben quattro i singoli che entrano nella Top 10 britannica: “It’s a Sin”, “Rent”, “What Have I Done to Deserve This?” (cantata insieme a Dusty Springfield) e “Heart”. Un disco-icona del tipico pop anni ’80.

ABC

“Alphabet City”

Il quarto album della band di Martin Fry conferma la capacità di produrre un pop d’autore, senza rinunciare ad ammiccamenti dance. Sono tre i brani che diventano singoli di successo: “When Smokey sings” (ispirata a Smokey Robinson), “King without a crown” e “The night you murdered love”.

MEN WITHOUT HATS

“Pop Goes the World”

Il terzo album della band canadese viene anticipato dalla title-track, che, pubblicata come singolo, però non si avvicina al successo del loro brano più conosciuto: “The Safety Dance”, datato 1982. A rilanciarlo, nel 2004 è stata una cover di DJ Otzi. La sua melodia, semplice ed accattivante, ha ispirato diversi cori da stadio, secondo una lunga tradizione di adattamenti di canzoni a inni da curva. Qui trovi la TOP 100 di queste creazioni, autenticamente artistiche!

DEAD OR ALIVE

“Mad, Bad and Dangerous to Know”

In un decennio nel quale pop, dance e glamour sembrano essere la domanda del pubblico. Stock, Aitken & Waterman sono la risposta. Tra i numerosi lavori curati dal trio di produttori, autentici Re Mida dell’epoca, c’è anche il terzo disco della band di Pete Burns, lanciato dal singolo “Brand new lover”.

THE BLOW MONKEYS

“She Was Only a Grocer’s Daughter”

Nonostante il titolo politico, ispirato dalla delusione nei confronti di Margaret Thatcher, è un disco in puro stile pop, elegante e raffinato come nelle corde di Dr Robert. “It Doesn’t Have to Be This Way” è il singolo che lo rappresenta al meglio.

THE DREAM ACADEMY

“Remembrance Days”

Il secondo disco della band americana non ottiene lo stesso riconoscimento commerciale del precedente, nonostante singoli come “Indian Summer”, “The Lesson of Love” e “Power to Believe”. C’è anche una cover di “Everybody’s got to learn sometime” dei Korgis.

THE BAND OF HOLY JOY

“More Tales From the City”

Nata a Londra nel 1984, la band è ancora attiva oggi, pur avendo accorciato il nome in “Holy Joy”. Con il suo interessante mix di influenze che spaziano da Bowie a Brel, il disco del 1987 contiene brani quali “Who snatched the baby” e “When the stars come out to play”.

AZTEC CAMERA

“Love”

Il terzo album della band scozzese spicca per il singolo di maggior successo, “Somewhere in my heart”, che dona a Roddy Frame e compagni una certa popolarità anche in Italia.

THE COLOURFIELD

“Deception”

L’ultimo disco della band new-wave britannica spicca per due singoli che sono entrambi cover: “She” (dei Monkees) e “Running away” (di Sly & the Family Stone). Già durante la fase di registrazione, il bassista Karl Shale lascia la band, chiudendo di fatto un’era.

OINGO BOINGO

“Boi-ngo”

E’ il sesto album della band new-wave americana, esplosa commercialmente con il brano “Weird Science” (colonna sonora de “La Donna Esplosiva”, con Kelly Le Brock). I singoli di questo disco, “We close our eyes” e “Home again”, non replicano lo stesso successo.

THE COMMUNARDS

“Red”

Dopo l’esperienza nei Bronski Beat, Jimmy Sommerville dà vita ai Communards con il pianista classico Richard Coles. La fama del duo è ovviamente legata alla cover di “Don’t leave me this way”, dal primo album, mentre in questo secondo (e ultimo) c’è quella di “Never can say goodbye”, insieme a “Tomorrow” e “There’s more to love (than boy meets girl)”.

SQUEEZE

“Babylon and On”

Con il suo settimo album, la band britannica esce dal ristretto alveo della new-wave per entrare anche nelle classifiche americane. Il merito è soprattutto del singolo “Hourglass”, nettamente il più conosciuto nell’intera produzione di Chris Difford e soci.

SLY & ROBBIE

“Rhythm Killers”

Oltre all’immancabile reggae, in questo lavoro il duo giamaicano fonde dance, R&B e funk, ottenendo un rilevante successo soprattutto con il singolo “Boops (Here to Go)”. La critica è unanime nell’inserirlo tra i migliori dischi dell’anno.

ALAN PARSONS PROJECT

“Gaudi”

E’ l’ultimo vero disco della band. Il brano “Closer to Heaven” è stato usato anche come colonna sonora della famosa serie-tv “Miami Vice”.

COCK ROBIN

“After Here Through Midland”

Il grande successo del secondo disco della band è dovuto in gran parte al singolo “Just around the corner”.

BANANARAMA

“Wow!”

Anche questo disco, come il precedente, è prodotto da Stock, Aitken e Waterman, che però non riescono a replicare il grande successo ottenuto dalla cover di “Venus” degli Shocking Blue. “I want you back” è il brano maggiormente suonato dalle radio

GLORIA ESTEFAN & MIAMI SOUND MACHINE

“Let it loose”

Giunta al decimo album, la portabandiera del sound latino ottiene un notevole successo nell’ambito del pop grazie al singolo “Rhythm is gonna get you”.

 

GRUPPI: DALLA NEW-WAVE AL ROCK

THE PSYCHEDELIC FURS

“Midnight to midnight”

Lanciato dalla notorietà di “Pretty in pink”, colonna sonora del film “Bella in rosa” con Molly Ringwald, il quinto disco dei Furs è quello di maggior successo commerciale. Tra le sue dieci tracce, la migliore è senza dubbio “Heartbreak Beat”, uno dei migliori singoli dell’anno.

R.E.M.

“Document”

Il disco spicca per canzoni storiche come “The one I love”, “It’s the end of the world as we know (and I feel fine)” e “The finest worksong”. C’è anche “Strange”, una cover degli Wire. E’ l’ultimo album pubblicato dalla IRS Records che, sempre nel corso del 1987, farà valere i propri diritti contrattuali dando alle stampe anche “Dead letter office”, formato da b-side e dalle tracce originariamente pubblicate sull’e.p. “Chronic town”.

THE ALARM

“Eye of the Hurricane”

Mike Peters e soci bissano il successo del precedente “Strength” con un terzo album che spicca per hit come “Rain in the summertime”, “Rescue me” e “Presence of love”. La fama della band gallese s’impernia soprattutto sulle infuocate esibizioni dal vivo che spingono big del calibro di Bob Dylan e degli U2 a sceglierli come support act nelle rispettive tournèe.

TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS

“Let Me Up (I’ve Had Enough)”

Il settimo album del compianto rocker della Florida non tocca le vette di popolarità che saranno invece raggiunte dal successivo “Full Moon Fever” (1989). E’ comunque un disco da ricordare per via di “It’ll all work out”, brano ispirato ai problemi tra Tom Petty e sua moglie e che nel 2005 sarà utilizzato anche da Cameron Crowe nella colonna sonora di “Elizabethtown”.

MICRODISNEY

“Crooked Mile”

Il duo formato dagli irlandesi Cathal Coughlan (voce e tastiera) e Sean O’Hagan (chitarra) nasce nel 1980 e si spegne nel 1988. L’apice del suo successo è toccato dal singolo “Town to town”, prima che Coughlan fondi i Fatima Mansions.

FOREIGNER

“Inside Information”

Il matrimonio artistico tra l’inglese Mick Jones (ex King Crimson) e il cantante americano Lou Gramm tocca la vetta commerciale nel 1984, con l’album “Agent provocateur”. Il riscontro del successivo “Inside Information” è comunque più che rispettabile, soprattutto grazie a “Say you will” e “I don’t want to live without you”.

ECHO & THE BUNNYMEN

“Echo & The Bunnymen”

Dopo i primi quattro album e un greatest hits (con l’inedito “Bring on the dancing horses”, dalla colonna sonora di “Bella in rosa”), Ian McCulloch e soci ripartono da capo con un album eponimo. “Lips like sugar” è la traccia di maggior successo.

THE SISTERS OF MERCY

“Floodland”

Il secondo album dei più acclamati esponenti del genere goth-rock fa centro grazie a “This corrosion”, “Dominion”, “1959” e “Lucretia my reflection”.

THE MISSION

“The First Chapter”

Nonostante il titolo possa trarre in inganno è il secondo disco della band di Wayne Hussey e riunisce i brani pubblicati nei precedenti e.p., comprese le cover di “Dancing barefoot” (Patti Smith) e “Like a hurricane” (Neil Young). Il brano originale più conosciuto è “Garden of delight”.

JOHN COUGAR MELLENCAMP

“The Lonesome Jubilee”

Il nono album del “coguaro” (allora ancora si firmava così) ne consolida la fama tra i cantautori americani, a partire dal singolo “Paper on fire”.

THE JESUS AND MARY CHAIN

“Darklands”

La band scozzese supera la dipartita del batterista Bobby Gillespie, passato ai Primal Scream, rimpiazzandolo… con una drum machine. Il secondo album consolida la fama della band tra i rocker alternativi. Questa è la title-track.

THE CALL

“Into the Woods”

Nonostante il grande successo fosse arrivato nel 1985 con “Reconciled”, è proprio questo il disco che il compianto leader Micheal Been considerava il meglio riuscito. Il suo brano-simbolo è “I don’t wanna”.

SIOUXSIE & THE BANSHEES

“Through the Looking Glass”

Anche i grandi hanno i loro miti e in questo disco, tutto di cover, Siouxsie omaggia i Doors, Dylan, Bryan Ferry e anche Iggy Pop, con una nuova versione della celeberrima “The Passenger”.

THE CULT

“Electric”

Il terzo album dei Cult segna l’evoluzione dal goth ad un hard-rock di più ampio respiro. Brani come “Love removal machine”, “Lil’ Devil” e “Wild Flower” fanno di Ian Astbury uno dei pochi credibili eredi di Jim Morrison.

MIDNIGHT OIL

“Diesel and dust”

Con il loro ottavo album, gli australiani Midnight Oil si fanno apprezzare anche in Europa e in America, soprattutto grazie ai singoli “Beds are burning” e “The dead heart”. “Put down that weapon” è un altro dei brani che evidenziano l’impegno politico di un gruppo il cui cantante, Peter Garrett, diventerà persino ministro.

HOODOO GURUS

“Blow Your Cool!”

Il terzo disco della band australiana si è avvalso della produzione di Mark Optiz, che già aveva lavorato con AC/DC e INXS, e delle backing vocals delle Bangles (nientemeno). Un grande singolo come “What’s my scene?” avrebbe meritato un seguito più esaltante, ma gli Hoodoo Gurus sono rimasti una promessa non mantenuta.

STARSHIP

“No Protection”

Del secondo disco della band nata dalle ceneri dei Jefferson Starship meritano di essere ricordati i singoli “Nothing’s Gonna Stop Us Now” e “It’s Not Over (‘Til It’s Over)”

HEART

“Bad animals”

Il nono lavoro discografico della band di Ann e Nancy Wilson contiene un’autentica perla quale “Alone”, che ancora oggi mette i brividi.

DESCENDENTS

“All”

L’arrivo nel gruppo di Karl Alvarez e Stephen Egerton stimola la produzione di una sorta di particolare concept-album, ben simboleggiato dalla title-track. Poi, però, fino al 1996 ci sarà una lunga fase di inattività.

PUBLIC IMAGE LIMITED

“Happy?”

Giunto al sesto album della sua reincarnazione post-punk, John Lydon (non più “Rotten”) sceglie come singolo “Seattle”, il cui titolo è ispirato dalla città dove è stata scritta la canzone.

WIRE

“The ideal copy”

Giunta al quarto album, dopo cinque anni di silenzio, la band sorprende i fan con il massiccio uso di tastiere e strumenti elettronici, in stile New Order. Il titolo del disco, riferito al DNA, è ripetuto più volte nel brano “Ambitious”.

GENE LOVES JEZEBEL

“The house of dolls”

I gemelli Jay e Michael Aston inseriscono nel loro quarto disco la hit “The motion of love”.

 

HARD AND HEAVY

DEF LEPPARD

“Hysteria”

E’ di gran lunga il disco di maggior successo nella storia della band britannica. E’ legato a doppio filo alla vicenda del batterista del Rick Allen, che ha perso un braccio in un incidente d’auto. La sua sofferenza, oltre a ispirare il titolo del disco, ha spinto i Def Leppard a creare una batteria appositamente modificata, per consentirgli di continuare a suonare con loro. La title-track, “Armageddon it”, “Love bites”, “Pour some sugar on me” e soprattutto “Animal” trascinano il disco oltre i 20 milioni di copie vendute nel mondo.

AEROSMITH

“Permanent vacation”

Oltre a pubblicare la raccolta “Classics Live! II”, nel 1987 Steve Tyler e soci prendono una chiara svolta commerciale, grazie a brani come “Rag doll”, “Dude (looks like a lady)” e “Angel”. E’ la prima volta che persone estranee alla band partecipano alla produzione del disco. Evidentemente, dopo l’enorme successo raccolto l’anno precedente con il rifacimento di “Walk this way” insieme ai Run DMC, gli Aerosmith iniziano ad apprezzare la contaminazione (e i soldi che ne derivano).

MOTORHEAD

“Rock ‘n’ Roll”

Phil Taylor torna alla batteria, ma il disco è quello che fatica maggiormente ad imporsi nelle classifiche internazionali. Non funziona granché il traino del singolo “Eat the rich”, colonna sonora dell’omonimo film di Peter Richardson, nel quale c’è un piccolo ruolo anche per Lemmy Kilmister.

 

ALICE COOPER

“Raise Your Fist and Yell”

Il diciassettesimo album in studio del Re del rock macabro spicca per il singolo “Freedom” e per il brano “Prince of darkness”, colonna sonora dell’horror scritto e diretto da John Carpenter “Il Signore del male”.

ANTHRAX

“Among the living”

Il loro disco più famoso. Contiene “Caught in a Mosh”, autentico inno al pogo.

BLACK SABBATH

“The Eternal Idol”

Dopo il disastroso tour seguito all’album precedente (“Seventh star”) e un corposo rimpasto interno alla band, il nome dei Black Sabbath ritorna in auge grazie a brani come “Eternal Idol”, “Glory Ride” e “The Shining”, capaci di consolare anche le più affrante “vedove” di Ozzy Osbourne.

DIO

“Dream evil”

Dal quarto disco della band heavy metal di Ronnie James Dio si segnala “All the fools sailed away”.

KISS

“Crazy Nights”

Il quattordicesimo disco della band di Gene Simmons spiazza i fans della prima ora, ma ne conquista di nuovi, con una svolta commerciale ben evidente in canzoni come “Crazy crazy nights” e “Reason to live”.

DEEP PURPLE

“The house of the blue light”

Ci sono dischi ben scritti e ben suonati, ai quali tuttavia manca ancora qualcosa per essere memorabili. Il dodicesimo disco in studio dei Deep Purple è di livello, come dimostrano brani quali “Hard Lovin’ Woman”, “Black and white” e “Unwritten law”, ma gli manca una certa “chimica”. Sono i sempre più frequenti litigi tra Ian Gillan e Ritchie Blackmore a penalizzarlo, causando performance di vendita ben inferiori alle attese.

SONIC YOUTH

“Sister”

In gran parte ispirato allo scrittore sci-fi Philip K. Dick, conquista sia chi lo acclama come “l’ultimo disco punk dell’era-Reagan”, sia chi ne apprezza la svolta commerciale, a partire da “Schizophrenia”.

FAITH NO MORE

“Introduce Yourself”

Molti lo considerano il vero esordio della band californiana, anche perché la title-track del primo disco (“We care a lot”) viene qui ripubblicata in una nuova versione.

THE REPLACEMENTS

“Pleased to meet me”

E’ il quinto disco di una band americana punk-rock che in Europa ha raccolto meno di quanto meritasse, sebbene la critica sia stata unanime nell’esaltare brani come “Can’t Hardly Wait” e “Alex Chilton”.

HUSKER DU

Warehouse: Songs and Stories

Ultima incisione in studio per la band americana, devastata da litigi interni, problemi di droga e dal suicidio del manager. “Could you be the one?” e “Ice cold ice” segnano il commiato dai fans.

WHITESNAKE

“Whitesnake (1987)”

La band di David Coverdale sceglie curiosamente di dare il proprio nome al settimo disco inciso in studio. La casa discografica poi corre ai ripari e in Europa lo distribuisce col titolo “1987”. In entrambe le versioni, spiccano il singolo “Is this love” e il rifacimento di “Here I go again”, incisa originariamente nel 1982.

MOTLEY CRUE

“Girls, Girls, Girls”

Difficile trovare un titolo migliore per esprimere la filosofia di vita di Tommy Lee e Nikki Sixx: la title-track dice già tutto!

RED HOT CHILI PEPPERS

“The Uplift Mofo Party Plan”

Ancora lontanissimi dal successo commerciale che sarebbe arrivato con “BloodSugarSexMagik”, nel 1987 i RHCP sono una cult-band che esplora le prime contaminazione tra rock, funk e rap, con brani quali “Fight Like a Brave” e “Me and my friends”. Il terzo disco di Kiedis e compagni contiene anche una cover di “Subterranean Homesick Blues” di Dylan.

TWISTED SISTER

“Love Is for Suckers”

Inizialmente avrebbe dovuto essere un disco solista del cantante Dee Snider, ma le pressioni dei discografici sono riuscite nell’intento di farlo firmare dalla band, nonché di farvi intervenire ospiti come Kip Winger e Reb Beach dei Winger e Steve Whiteman e Jimmy Chalfant dei Kix. Ma le tensioni interne sono tali che il singolo “Hot Love” si rivela l’ultimo, prima di una lunga separazione.

DINOSAUR JR

“You’re living all over me”

Con la sua miscela di punk, hardcore ed heavy metal, è considerato un punto di riferimento per la futura scena grunge. Se “Little Fury Things” vi fa pensare ai Nirvana, siete sulla strada giusta.

MANOWAR

“Fighting the World”

Il quinto album contiene anche la voce di Orson Welles, a due anni dalla sua morte, inserita nel brano “Defender”.

 

I GRANDI RITORNI

FLEETWOOD MAC

“Tango in the night”

A cinque anni dal precedente “Mirage”, il quattordicesimo album della band anglo-americana è nettamente quello di maggior successo commerciale, grazie a hit come “Big Love”, “Seven Wonders”, ”Everywhere” e “Little Lies”.

PINK FLOYD

“A Momentary Lapse of Reason”

Dopo una dilaniante vicenda legale, David Gilmour e Nick Mason ottengono il diritto di continuare ad utilizzare il nome della band, ai danni del soccombente Roger Waters. E’ il capitolo numero 13 nella discografia da studio, lanciato da due singoli d’eccezione quali “Learning to fly” e “On the turning away”.

MARIANNE FAITHFULL

“Strange Weather”

Dopo essersi disintossicata dall’eroina, di cui era stata schiava per 17 anni, l’ex musa di Mick Jagger torna con un disco la cui title-track è firmata da Tom Waits e sua moglie Kathleen Brennan. C’è anche una nuova versione di “As tears go by” degli Stones

EARTH, WIND & FIRE

“Touch the world”

Dopo quattro anni di silenzio e l’ingresso dell’ex Commodores Sheldon Reynolds alla chitarra, la band esplosa negli anni ’70 con le sue sonorità dance ritrova le vette delle classifiche grazie ai singoli “System of survival” e “Thinking of you”.

BEE GEES

“E.S.P.”

A distanza di sei anni dal disco precedente, i fratelli Gibb tornano in classifica grazie al singolo “You win again”.

GRATEFUL DEAD

“In the Dark”

Un silenzio di sei anni anticipa anche il disco numero 12 di Jerry Garcia, ma l’attesa è ripagata dal doppio platino di un album che contiene “Touch of grey” e “Throwing stones”.

JOAN BAEZ

“Recently”

Meditato in otto anni di inattività, il ritorno della grande voce degli anni ’60 è composto da cover di gruppi del momento come “Brothers in arms” (Dire Straits), “MLK” (U2) e “Asimbonanga (Mandela)” (Johnny Clegg & Savuka).

JETHRO TULL

“Crest of a Knave”

Dopo tre anni di un’infezione alle corde vocali da parte del cantante Ian Anderson, c’erano alcuni dubbi sul futuro della band. A scioglierli, un disco che contiene, tra gli altri, i singoli “Budapest” e “Steel Monkey”.

 

I SOLISTI (uomini)

PRINCE

“Sign o’the times”

Straordinariamente capace di abbinare una produzione prolifica a livelli qualitativi eccelsi, Prince nel 1987 sforna un doppio album destinato a rimanere nella storia, grazie soprattutto all’iconica title-track, ma anche a brani come “U got the look” (con Sheena Easton), “If I was your girlfriend”, “I could never take the place of your man” e “The cross”. Come se non bastasse, nello stesso anno dà alle stampe il misterioso “Black Album” (inizialmente stoppato dalla casa discografica) e fa da mentore a Wendy & Lisa, Jill Jones e diverse altre ragazze del suo entourage.

STING

“…nothing like the sun”

Con il secondo album da solista, Sting ottiene sia il massimo successo commerciale, sia il plauso unanime della critica. Il disco vanta la collaborazione di nomi d’eccezione come Manu Katchè, Ruben Blades, Mark Knopfler e l’altro ex-Police Andy Summers. Tutte le 12 tracce rimangono nella storia, con particolare riguardo per i singoli “Englishman in New York”, “They Dance Alone” e “Fragile”.

BRUCE SPRINGSTEEN

“Tunnel of love”

A soli due anni dall’energico “Born in the USA”, il Boss rivela il proprio aspetto più intimo. Il disco è fortemente influenzato dalla crisi matrimoniale e dalla successiva relazione con la corista Patti Scialfa. Di fronte a brani come “Brilliant disguise”, “Tougher than the rest”, la title-track e “Valentine’s day” qualcuno preconizza uno Springsteen ripiegato su se stesso. Invece, trent’anni dopo è ancora così rock da fare invidia alle giovani generazioni.

MICK JAGGER

“Primitive Cool”

Dopo “She’s the boss”, il secondo album da solista del leader dei Rolling Stones si avvale della collaborazione di Dave Stewart degli Eurythmics che scrive con Jagger il singolo “Let’s work” e altri due brani: “Say you will” e “Kow Tow”.

DAVID BOWIE

“Never let me down”

Il diciassettesimo disco del Duca Bianco è stato preso sotto gamba dalla critica, non troppo impressionata dai singoli “Day in-day out” e “Never let me down”. Personalmente, considero “Time will crawl” uno dei brani di Bowie maggiormente sottovalutati. Ne esiste anche una versione alternativa, ancora più interessante.

STEVIE WONDER

“Characters”

Pubblicato dalla mitica Motown, è il disco che riporta il musicista americano in vetta alle classifiche, grazie a “Skeletons”, “You will know” e “Get it”, nella quale duetta con Michael Jackson.

BRYAN FERRY

“Bête Noire”

A due anni di distanza dal mitico “Boys and girls”, l’ex leader dei Roxy Music si ripete con un disco che sciorina brani elegantissimi come “Kiss and tell”, “The right stuff” e “Limbo”.

MICHAEL JACKSON

“Bad”

Un successo devastante, anche grazie alla collaborazione (che sarà l’ultima) con il grande produttore Quincy Jones. “Bad”, “The way you make me feel”, “Liberian girl”, “Dirty Diana”, “Smooth criminal” e soprattutto “Man in the mirror”: tutte nello stesso disco, che sembra un greatest hits!

GEORGE MICHEAL

“Faith”

Nel suo primo disco solista, dopo la fine degli Wham!, George fa di tutto per scrollarsi di dosso l’etichetta di teen-idol e, completamente da solo, scrive e produce un disco che contiene singoli quali “I Want Your Sex”, “Faith”, “One More Try”, “Kissing a fool” e “Father Figure”, conquistando un meritato Grammy.

BOY GEORGE

“Sold”

Anche per l’ex frontman dei Culture Club è il momento di viaggiare da solo. La title-track, “Keep me in mind” e la cover di “Everything I Own” sono i brani migliori.

BRYAN ADAMS

“Into the Fire”

Pur senza ripetere il trionfo del precedente “Reckless”, il disco produce comunque ben sei singoli: “Heat of the Night”, “Hearts on Fire”, “Victim of Love”, “Only the Strong Survive”, “Into the Fire” e “Another Day”.

GINO VANNELLI

“Big Dreamers Never Sleep”

Nonostante le evidenti origini italiane, viene anche lui dal Canada come Bryan Adams, ma il suo stile è totalmente differente. Il singolo “Wild horses” lo esprime al meglio.

CHRIS REA

Dancing With Strangers

Col suo nono disco, il raffinato chitarrista ottiene un grande successo commerciale, soprattutto grazie a “Let’s dance”.

ROGER WATERS

“Radio K•A•O•S”

A tre anni di distanza dal primo disco solista e lasciati definitivamente i Pink Floyd, Waters pubblica un concept-album sulla storia di un ragazzo disabile, Billy, che si collega telepaticamente con le basi militari di tutto il mondo, facendo sì che si distruggano a vicenda. L’album si apre con “Radio Waves” e si chiude con la curiosa “The Tide Is Turning (After Live Aid)”.

LITTLE STEVEN

“Freedom – No compromise”

Lasciata la E-Street Band di Springsteen per dedicarsi alla propria carriera solista, il terzo disco del chitarrista resta nella storia per l’epica “Bitter fruit” (e non certo per la discutibile cover italiana di Venditti). Collaborano a questo album Ruben Blades e lo stesso Boss del rock.

ROBBIE ROBERTSON

“Robbie Robertson”

L’ex chitarrista della Band di Bob Dylan debutta da solista, ma attorno a se’ ha grandi musicisti come Daniel Lanois e Manu Katchè. I risultati si sentono, ad esempio in “Somewhere down the crazy river”, “Broken arrow” e “Fallen angel”

WILLY DEVILLE

“Miracle”

Prima avventura solista per l’ex leader dei Mink DeVille, che si avvale della produzione di Mark Knopfler, nonchè delle collaborazioni di Guy Fletcher, Chet Atkins e Jeff Porcaro. Il disco contiene la celebre “Storybook love”.

VAN MORRISON

“Poetic Champions Compose”

L’incisione numero 17 del grande cantautore irlandese viene ricordata soprattutto per il singolo “Someone Like You”, che poi sarà usato anche nella colonna sonora de “Il diario di Bridget Jones”.

LOU GRAMM

“Ready or Not”

Dai Foreigner al suo primo disco solista, nel quale spiccano la title-track e “Midnight blue”.

GEORGE HARRISON

“Cloud Nine”

Tutti ricordano il disco solista dell’ex Beatle per il successo del singolo “Got my mind set on you”, cover di Rudy Clark. Non va trascurata nemmeno la nostalgica “When we was fab”, alla quale collaborano Ringo Starr ed Elton John, che parla proprio degli anni d’oro del quintetto di Liverpool.

PAUL KING

“Joy”

Dopo lo scioglimento della band dei King, il cantante prosegue da solo e infila due ottimi successi con i singoli “I know” e “Follow my heart”.

PETER WOLF

“Come as you are”

Del secondo album solista dell’ex cantante della J. Geils Band va ricordata soprattutto la title-track, pubblicata anche come 45 giri.

SANTANA

“Freedom”

Il quattordicesimo album del grande chitarrista è in realtà un lavoro di gruppo, con tutti i musicisti che avevano firmato con lui i dischi precedenti. Tuttavia, il feedback di pubblico e critica non è straordinario. “Songs of Freedom” è la traccia da salvare.

ALEXANDER O’NEAL

“Hearsay”

Il secondo album dell’artista soul/R&B americano merita di essere ricordato soprattutto per l’eccelso singolo “Criticize”.

TOM WAITS

“Frank’s Wild Years”

Col sottotitolo “Un Operachi Romantico in Two Acts” e la collaborazione di molti colleghi, a partire dalla moglie Kathleen Brennan, il decimo disco di Waits conquista soprattutto registi e produttori: “Way Down in the Hole” verrà usata nella serie di HBO “The Wire”; “Temptation” e “Cold Cold Ground” entreranno nella colonna sonora del film “Léolo”. “Cold Cold Ground” sarà anche nel soundtrack della serie “Homicide: Life on the Street”. In quella del film “Enron: The Smartest Guys in the Room” risentiremo “Temptation” e “Straight to the Top (Vegas)”, mentre il famoso film “Smoke” utilizzerà le note di “Innocent When You Dream”.

JULIAN COPE

“St Julian”

Al suo terzo disco solista, l’ex cantante dei Teardrop Explodes realizza un capolavoro pop, incarnato da brani come “World shut your mouth”, “Eve’s Volcano” e “Trampolene”.

BUSTER POINTDEXTER

“Buster Poindexter”

Pur essendo il primo album con questa firma non è un esordio: Buster Pointdexter è l’alter ego di David Johansen, membro dei New York Dolls e attivo anche come solista, col suo vero nome. “Hot Hot Hot” è il brano più famoso di questo progeto.

WARREN ZEVON

“Sentimental Hygiene”

Per il suo sesto disco, Zevon si avvale di collaborazioni d’eccezione come quelle di Bob Dylan, Brian Setzer e dei R.E.M. che, al gran completo, scrivono con lui “Even a Dog Can Shake Hands”.

 

LE SOLISTE (donne)

SUZANNE VEGA

“Solitude standing”

Il secondo disco della raffinata cantautrice americana viene anticipato dal singolo “Luka”. In seguito, il brano a-capella “Tom’s diner” diventerà un successo dance grazie al remix dei DNA.

CARLY SIMON

“Coming Around Again”

Da ricordare è soprattutto la title-track, un brano scritto (come “Itsy Bitsy Spider”) per la colonna sonora di “Heartburn – Affari di cuore”, con Jack Nicholson e Meryl Streep.

WHITNEY HOUSTON

“Whitney”

Il secondo disco della compianta artista americana vende oltre 25 milioni di copie in tutto il mondo, grazie al traino dei singoli “I wanna dance with somebody (who loves me)”, “So emotional”, “Love will save the day”, “Didn’t we almost have it all?” e “Where do broken hearts go?”.

ALISON MOYET

“Raindancing”

Giunta al suo secondo album dopo l’esperienza negli Yazoo, Alison centra il successo grazie a “Is this love?” (scritta insieme a Dave Stewart degli Eurythmics) e “Weak in the Presence of Beauty”, rifacimento del brano inciso l’anno precedente dai Floy Joy.

BELINDA CARLISLE

“Heaven on Earth”

Trascinato dal grande successo del 45 giri “Heaven is a place on Earth”, il secondo album dell’ex Go-Go’s contiene anche “Circle in the sand” e “I get weak”.

 

ESORDI MEMORABILI

TERENCE TRENT D’ARBY

“Introducing the hardline according to Terence Trent D’Arby”

Un vero e proprio fulmine a ciel sereno, che attualizza il soul tirandolo fuori da anni di anonimato e scala le classifiche. D’Arby firma uno dei dischi di debutto più belli di tutti i tempi in maniera globale: scrive tutti i brani (tranne la cover di “Who’s lovin’ you” di Smokey Robinson), suona praticamente tutti gli strumenti e produce l’album. Undici tracce, undici capolavori, tra le quali è impossibile non ricordare il singolo “Wishing Well”. Peccato che la prosecuzione della sua carriera non sia stata esattamente all’altezza dell’esordio, ma dopo il cambio di nome (oggi si chiama Sananda Maitreya) e il matrimonio con una ragazza italiana ha preso un’altra strada.

GUNS N’ROSES

“Appetite for destruction”

Anticipato dall’e.p. “Live ?!*@ Like a Suicide”, il primo vero album di Axl, Slash e compagni va oltre le più rosee aspettative della Geffen Records, che si trova tra le mani la nuova sensazione del rock mondiale. Dodici brani al cardiopalma, tra i quali è d’obbligo una menzione speciale per l’iconica “Sweet Child O’ Mine”. Pur avendo realizzato uno dei migliori dischi rock di tutti i tempi, i GNR dopo l’eccellente “Use your illusion” intraprendono una parabola discendente anche un po’ triste, come testimonia la grottesca attesa di oltre 15 anni per “Chinese democracy”

DEACON BLUE

“Raintown”

Con un nome chiaramente ispirato agli Steely Dan, Ricky Ross e compagni dimostrano di reggere paragoni impegnativi senza alcun timore reverenziale. La “città della pioggia” del titolo è la natia Glasgow, raccontata con toni sentimentali a tratti struggenti, come nella title-track, ma anche in “Town to be blamed” e “The very thing”. Il successo dei singoli “Dignity” e “Loaded” porta i Deacon Blue a livelli impensabili per un gruppo esordiente.

DANNY WILSON

“Meet Danny Wilson”

Col nome preso in prestito dall’omonimo film del ’52, i fratelli Gary e Kit Clark si presentano al mondo con un primo disco che spicca per l’eleganza del suo pop sofisticato. Il brano-simbolo è senza dubbio “Mary’s prayer”, che undici anni dopo sarà rilanciato nella colonna sonora di “Tutti pazzi per Mary”. Ma in quel momento la band si sarà già sciolta, lasciando Gary a scrivere canzoni per Natalie Imbruglia, K.D. Lang e altri artisti.

HUE AND CRY

Seduced and Abandoned

I fratelli Pat e Greg Kane irrompono sulla scena musicale con un (fortunato) tentativo di distanziare i canoni della musica scozzese e britannica in generale dal pop-rock “da stadio” in auge a metà anni ’80. Con evidenti influenze soul e blues, si impongono grazie ai singoli “Strength to strength” e “Labour of Love”. Sono ancora attivi oggi, ma già col successivo “Remote” (1988) la spinta innovatrice si era un po’ affievolita…

THE SILENCERS

“A Letter From St. Paul”

Il cantante Jimme O’Neill (ex Fingerprintz) e il chitarrista Cha Burns (già con Adam Ant) lanciano un nuovo progetto che parte alla grande, con brani come “I see red” e “Painted moon”. Ancora maggiore sarà il successo del successivo “A blues for Buddha” (1989).

THE PROCLAIMERS

“This is the story”

I gemelli di Edinburgo Charlie e Craig Reid debuttano con un disco nel quale la loro tipica pronuncia scozzese viene esaltata, invece che sacrificata sull’altare del successo commerciale come fatto da diversi loro colleghi. La cover di “(I’m Gonna) Burn Your Playhouse Down” (scritta da Lester Blackwell) e soprattutto “Letter from America” sono i brani-clou di questo primo disco.

WET WET WET

“Popped in souled out”

In un’annata di straordinario spolvero per la musica scozzese, la voce di Marti Pellow diventa familiare per milioni di fans, grazie al trionfo di singoli come “Wishing I Was Lucky”, “Sweet Little Mystery”, “Angel Eyes (Home and Away)” e “Temptation”.

THEN JERICO

“First (The Sound of Music)”

A risentire oggi il primo disco della band londinese rimangono forti rimpianti per una storia finita troppo presto: già nel 1990, il cantante Mark Shaw si è avviato a una carriera solista che non si è rivelata fortunatissima. Ma il primo lavoro dei Then Jerico rappresenta un’interessante mix tra sonorità pop, rock ed elettriche tipiche degli anni ’80, come dimostrano i singoli “Let her fall” e “Blessed Days”.

CURIOSITY KILLED THE CAT

“Keep your distance”

A lanciarli è il singolo “Misfit”, nel cui video Andy Warhol appare accanto al cantante Ben Volpeliere-Pierrot. L’inventore della pop-art supporterà il lancio commerciale di questa interessante pop-band inglese, il cui primo disco contiene anche “Down to Earth”.

BREAKFAST CLUB

“Breakfast Club”

Pur essendosi formati a New York negli anni ’70, con Madonna alla batteria, è solo nel 1987 che pubblicano il loro primo disco. L’attesa è stata ben ripagata: “Right on track”, “Never be the same” e “Rico mambo” sono il chiaro esempio delle qualità della band capitanata da Dan Gilroy, ex fidanzato di Madonna. Purtroppo rimarrà l’unico 33 giri nella loro discografia.

THE CHRISTIANS

“The Christians”

Il nome della band deriva da quello dei fondatori: i fratelli Garry, Roger e Russel Christian. Curiosamente, il chitarrista si chiama Harry Christian Priestman, in quello che sembra un segno del destino. Lo stile del gruppo di Liverpool è un soul moderno, ben rappresentato dal singolo di maggior successo: “Forgotten town”.

BLACK

“Wonderful Life”

Struggente come la sua title-track, rifatta più volte nel corso degli anni da artisti di ogni genere, l’esordio di Colin Vearncombe (in arte Black), va ricordato anche per “Everything’s Coming Up Roses”.

JANE’S ADDICTION

“Jane’s Addiction”

Debuttare con un disco dal vivo? E perché no, se sei una delle band destinate a rimanere nella storia tra le più innovative dell’epoca? Dave Navarro, Perry Ferrel e soci esordiscono con otto tracce scritte da loro (tra le quali spicca “Jane says”) e le cover di “Rock n’roll” di Lou Reed e “Sympathy for the devil” dei Rolling Stones.

PIXIES

“Come on pilgrim”

Tra le otto canzoni dell’esordio del gruppo americano spicca “I’ve been tired”. Considerato un e.p., “Come on Pilgrim” verrà poi ristampato come aggiunta al successivo “Surfer Rosa”, per molti il vero esordio della band.

NOISEWORKS

“Noiseworks”

Lanciato dal singolo “No Lies”, il disco rivela l’esistenza di un altro gruppo rock australiano in grado di reggere il confronto con i già affermatissimi INXS. Dopo altri due album con i Noiseworks, il cantante Jon Stevens si unisce proprio agli INXS, nell’utopico tentativo di rimpiazzare Michael Hutchence.

LIVING IN A BOX

“Living in a box”

A due anni di distanza dalla sua nascita a Londra, la band di Richard Darbyshire debutta con un album nel quale spiccano l’eponima “Living in a box”, “So the story goes” e “Scales of justice”. Dopo “Gatecrashing”, uscito nel 1989, il gruppo si scioglie.

SWING OUT SISTER

“it’s better to travel”

Il tastierista Andy Connel (ex A Certain Ratio) e il batterista Martin Jackson (ex Magazine) formano con la cantante Corinne Drewery un trio che sfonda subito grazie a un pop sofisticato, dalle influenze jazz, ma commercialmente d’appeal. “Breakout”, “Surrender” e “Fooled by a smile” sono i singoli estratti dal disco.

T’PAU

“Bridge of spies”

Uscito negli USA col titolo “T’Pau”, rivela il talento vocale di Carol Decker nei singoli “Heart and soul” e “China in your hand”. Le grande aspettative suscitate da questo primo disco vengono però deluse dai successivi.

RICK ASTLEY

“Whenever you need somebody”

Un fenomeno mediatico tipicamente anni ’80, frutto del talento commerciale del trio Stock-Aitken-Waterman. Ma “Never Gonna Give You Up”, “Together Forever” e la title-track meritano certamente di essere ricordate con piacere.

RICHARD MARX

“Richard Marx”

“Don’t mean nothing”, “Should’ve Known Better”, “Endless Summer Nights” e “Hold On to the Nights” sono i quattro singoli che portano questo esordiente, per nulla timido, in cima alle classifiche di tutto il mondo.

SINEAD O’CONNOR

“The lion and the cobra”

Il primo singolo estratto dall’album è “Troy”, ma è soprattutto “Mandinka” a far conoscere al meglio il potenziale della grande artista irlandese.

JODY WATLEY

“Jody Watley”

“Looking for a new love” e “Don’t you want me” sono i due singoli che trascinano la rivelazione dell’R&B alla conquista del Grammy come “Best new artist” dell’anno.

DEBBIE GIBSON

“Out of the blue”

All’improvviso, dal nulla, come recita il titolo del disco, Debbie Gibson si presenta sulla scena pop non solo come cantante, ma anche come autrice di tutte e dieci le tracce del suo primo disco. La metà di queste diventano singoli di successo: “Shake Your Love”, “”Out of the Blue,” “Staying Together”, “Foolish Beat” e “Only in my dreams”.

SABRINA SALERNO

“Sabrina”

Sapientemente creata dall’abilità dei produttori Claudio Cecchetto e Pierpaolo Peroni, la procace cantante diventa una star soprattutto grazie a “Boys (Summertime love)”, “Hot girl” e “Sexy girl”. Il disco contiene anche le cover di “Lady marmalade” e “My Sharona” e “Do Ya Think I’m Sexy?”, ma se ve le siete perse non fatevene un cruccio.

TRACY SPENCER

“Tracy”

Stessi produttori e stesso copione: un singolo di successo (“Run to me”) e un album subito dopo, per cavalcarne l’onda.

TIFFANY

“Tiffany”

Il successo della sua cover di “I think we’re alone now” (di Tommy James & the Shondells) lancia un disco con molti rifacimenti, tra cui “I saw her standing there” dei Beatles. Sembra una meteora, ma finirà con l’incidere un totale di dieci dischi, dei quali l’ultimo uscito nel 2016.

JILL JONES

“Jill Jones”

E’ una delle tante ragazze dell’entourage di Prince lanciate per meriti sia artistici che estetici. I titoli dei primi due singoli non lasciano molto all’immaginazione: “Mia bocca” e “G Spot”.

WENDY & LISA

“Wendy & Lisa”

Dalla scuderia di Prince, nello stesso anno, esce anche questo brillante duo, lanciato dal singolo “Waterfall”.

SHEILA E.

“Sheila E.”

Anche lei è una protegè di Prince, che pubblica con la Paisley Park il suo terzo disco. “Hold me” è la canzone più conosciuta.

PEPSI & SHIRLEY

“All Right Now”

Da coriste degli Wham! a duo autonomo, seppure con la produzione di George Michael. I loro maggiori successi sono i 45 giri “Heartache” e “Goodbye Stranger”.

MEL & KIM

“F.L.M.”

Prodotto dall’instancabile trio Stock-Aitken-Waterman, il disco d’esordio ottiene grandi riscontri commerciali grazie ai singoli “Respectable” e “Showin’ out (Get fresh at the weekend)”. Ma, stranamente, non ce ne sarà un secondo.

HAPPY MONDAYS

“Squirrel and G-Man Twenty Four Hour Party People Plastic Face Carnt Smile (White Out)”

Fondatrice e portabandiera della corrente “Madchester”, che esploderà negli anni ’90, la band psichedelica debutta con un problema legale. Micheal Jackson, proprietario del catalogo dei Beatles, blocca il brano “Desmond” per le sue chiare assonanze con “Ob-la-di Ob-la-da”. Nella versione ristampata dell’album, senza il brano incriminato, spicca “Tart Tart”.

 

SUONI ALTERNATIVI

MIKE OLDFIELD

“Islands”

Da segnalare la title-track, che si avvale della prestazione vocale di Bonnie Tyler.

JOE JACKSON

“Will Power”

La prima escursione dell’autore di “Steppin’ Out” nel territorio della musica classica comprende “Night Music”, “Heaven and Hell” e “Symphony No. 1”.

CLANNAD

”Sirius”

Il decimo album della straordinaria band folk irlandese contiene varie tracce memorabili. Su tutte: “Something to believe in”, con la partecipazione di Bruce Hornsby.

MY BLOODY VALENTINE

“Ecstasy”

Vengono anche loro dall’Irlanda, ma con un genere completamente diverso, che mescola rap, funk e anticipazioni di trip-hop. Prima del debutto ufficiale (“Isn’t anything” del 1988), pubblicano una serie di e.p. che si conclude appunto con “Ecstasy”.

ART OF NOISE

“In No Sense? Nonsense!”

Il gruppo strumentale nato dalla fervida mente di Trevor Horn è particolarmente prolifico nella prima parte degli anni ’80. Il suo quarto lavoro in studio è conosciuto soprattutto per “Dragnet”.

IN TUA NUA

“Vaudeville”

Lanciati dagli U2 e dal successivo singolo “Take My Hand”, scritto con Sinead O’Connor, gli irlandesi nel 1987 pubblicano questo ottimo disco, del quale vanno segnalata la title-track e “Seven into the sea”.

10,000 MANIACS

“In My Tribe”

La fantastica voce di Natalie Merchant e le sofisticate atmosfere dei Maniacs si estrinsecano in brani come “What’s the matter here?”, “Hey Jack Kerouac” e nella cover di “Peace Train” di Cat Stevens.

DAVID SYLVIAN

“Secrets of the Beehive”

Per il suo quarto disco solista, l’ex Japan chiama a raccolta collaboratori come Ryuichi Sakamoto, David Torn, Mark Isham e Steve Jansen. “Let the happiness in” è il brano più conosciuto, se si esclude “Forbidden colours” (aggiunta a questo disco, ma già pubblicata quattro anni prima).

DEAD CAN DANCE

”Within the Realm of a Dying Sun”

E’ considerato uno dei migliori dischi della band di Lisa Gerrard, la cui voce ipnotica assume tonalità esotiche soprattutto in “Cantara”.

THE ICICLE WORKS

“If You Want to Defeat Your Enemy Sing His Song”

Il terzo disco di questa originale band post-punk, dal sound psichedelico, esce proprio durante l’esplosione del fenomeno-CD. Per questo, rispetto al vinile, la versione digitale contiene ben quattro brani aggiuntivi, tra cui la cover di “Into The Mystic” di Van Morrison. Noi segnaliamo “Evangeline”.

FRANCO BATTIATO

“Genesi”

Un’opera tra le più ostiche nella discografia del cantautore siciliano, con gli adattamenti in lingua moderna di alcuni testi antichi dal sanscrito, persiano, greco e turco.

 

MADE IN ITALY

LITFIBA

“12/5/87 (Aprite i vostri occhi)”

Dopo i primi tre album in studio, è già ora di un disco dal vivo per la band di culto di Pelù e Renzulli. Va apprezzata l’assenza di sovraincisioni: brani come “Resta” si apprezzano così come suonati sul palco del famoso Tenax di Firenze.

PAOLO CONTE

“Aguaplano”

La settima fatica discografica del cantautore astigiano è addirittura doppia e contiene varie perle, tra cui “Jimmy, ballando”, “Blu notte” e la title-track.

MINA

“Rane supreme”

Doppio album anche per la diva della musica italiana, successivamente distribuito in due disco separati. Il volume 1 è tutto di cover, tra cui spiccano quelle di “Careless Whispers” degli Wham! e “Sorry seems to be the hardest word” di Elton John. Il volume 2 è composto da inediti, la maggior parte firmati come autore dal figlio Massimiliano Pani.

ENRICO RUGGERI

“Vai Rrouge!”

Rilanciato dal successo a Sanremo insieme a Morandi e Tozzi con “Si può dare di più”, l’ex Decibel pubblica una bella raccolta live, con successi come “Nuovo swing”, “La canzone della verità” e “Quello che le donne non dicono”, scritta da Ruggeri e interpretata da Fiorella Mannoia nella stessa edizione del Festival. L’onda lunga del successo sanremese spinge anche gli altri due componenti del trio vincitore a pubblicare i rispettivi greatest hits.

VASCO ROSSI

“C’è chi dice no”

Oltre un milione di copie vendute, grazie a una track-list che sembra davvero un “Best of”. Da “Lunedì” a “Vivere una favola”, dalla title-track a “Brava Giulia”, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

ZUCCHERO SUGAR FORNACIARI

“Blue’s”

Con 1.400.000 copie vendute, il quarto disco del bluesman reggiano ottiene un successo travolgente. I singoli “Con le mani”, “Senza una donna”, “Hey man” e “Dune mosse” proiettano Zucchero tra le star internazionali, molte delle quali finiranno per duettare con lui.

EDOARDO BENNATO

“OK Italia”

All’apice della sua popolarità, l’artista napoletano viene scritturato dalla Virgin, che si gode il successo della title-track e di “Tu vuoi l’America”.

SKIANTOS

“Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”

Padri artistici di Elio & Le Storie Tese, Freak Antoni e compagni per questo disco si avvalgono della collaborazione del chitarrista Jimmy Villotti e di Claudio Golinelli, bassista di Vasco Rossi. Il brano-simbolo di questo album è la geniale “Sono un ribelle mamma”.

CCCP-FEDELI ALLA LINEA

“Socialismo e barbarie”

Tra politica e post-punk, l’originalissima band capitanata da Giovanni Lindo Ferretti pubblica un secondo disco che contiene autentiche perle come “A ja ljublju SSSR”, “Radio Kabul” e “Tu menti”.

EUGENIO FINARDI

“Dolce Italia”

Il decimo 33 giri in studio del cantautore milanese spicca soprattutto per la title-track.

LUCA CARBONI

“Luca Carboni”

Nonostante il titolo eponimo, si tratta del terzo disco dell’artista bolognese. Sono numerose le tracce da segnalare: “Silvia lo sai”, “Farfallina” e “Vieni a vivere con me”.

PINO DANIELE

“Bonne soirée”

Prodotto con Allen Goldberg, l’ottavo disco del compianto musicista napoletano tocca il top con la sua title-track.

FRANCESCO GUCCINI

“Signora Bovary”

Dal tredicesimo capitolo della carriera dell’autore emiliano, dichiaratamente ispirato al romanzo di Gustave Flaubert, va ricordata la canzone che dà il titolo al disco ed anche “Culodritto”, dedicata alla figlia Teresa.

PIERANGELO BERTOLI

“Canzone d’autore”

L’album si compone di due soli brani inediti e una serie di cover, tra cui “Vedrai, vedrai” di Tenco.

GIUNI RUSSO

“Album”

“Mango, papaia” e soprattutto “Adrenalina”, in duetto con Donatella Rettore, sono le canzoni meglio riuscite del disco.

 

RAP E HIP-HOP

PUBLIC ENEMY

“Yo! Bum Rush the Show”

Avrebbe potuto essere inserito tra i migliori esordi dell’anno, ma sarebbe stato riduttivo. Pubblicato da Def Jam e prodotto dal suo cofondatore Rick Rubin è infatti considerato tra i dischi più influenti nella storia del rap. “You’re Gonna Get Yours (My 98 Oldsmobile)” è stata campionata dai MARRS in “Pump up the volume” e usata come intro per la versione dal vivo di “Give it away” da parte dei Red Hot Chili Peppers.

ERIC B. & RAKIM

“Paid in full”

Un altro esordio che diventa una pietra miliare dell’hip-hop, con ben cinque singoli: oltre alla title-track, anche “Eric B. Is President”, “I Ain’t No Joke”, “I Know You Got Soul” e “Move the Crowd”.

LL COOL J

“Bigger and deffer”

Il secondo disco del futuro attore spicca soprattutto per “I need love”, che dimostra come il rap non sia adatto “solo” per parlare di conflitti sociali e voglia di rivalsa.

BOOGIE DOWN PRODUCTIONS

“Criminal minded”

Seppure meno noto rispetto agli altri dischi rap citati, è un altro debutto che i cultori del genere considerano come un caposaldo. L’omicidio di DJ Scott La Rock poco dopo la sua pubblicazione non fa che alimentarne l’aura di leggenda. Brani come “South Bronx” e “The Bridge Is Over” infiammano la guerra tra le gang di New York. Notevole l’uso dei sample, che spazia da Beatles a Billy Joel, passando per gli AC/DC!

POP WILL EAT ITSELF

“Box Frenzy”

Antisegnani del crossover, in “Hit the Hi-Tech Groove” campionano “Respectable” di Mel & Kim. Nel resto del disco ci sono sample anche di “When I fall in love” e “You’ve lost that lovin’ feeling”, oltre a una cover di “Love Missile F1-11” dei Sigue Sigue Sputnik. Scelte decisamente originali.

 

COLONNE SONORE

ARTISTI VARI

“Dirty Dancing”

Enorme successo commerciale, con oltre 32 milioni di copie vendute. Il brano simbolo è sicuramente “(I’ve Had) The Time of My Life”, interpretato da Bill Medley e Jennifer Warnes. Patrick Swayze, oltre ad essere protagonista del film, canta “She’s like the wind”.

MADONNA E ALTRI

“Who’s that girl”

Poteva forse mancare la Regina del pop, in un anno nel quale escono i lavori di tutti i più grandi artisti dell’epoca? Madonna firma quattro tracce su nove, compresa la title-track e “Causing a commotion”.

LOS LOBOS E ALTRI

“La Bamba”

Nella colonna sonora del film sulla vita di Ritchie Valens, il ruolo principale spetta ai Los Lobos, che ottengono un grande successo con il brano omonimo. Nel disco ci sono anche canzoni di Brian Setzer e Bo Diddley.

ARTISTI VARI

“Platoon”

Il grande successo al cinema è legato anche alla scelta di brani epici come “Hello I love you” dei Doors, “(Sittin’ on) The Dock of the Bay” di Otis Redding e “When a Man Loves a Woman” di Percy Sledge. Quest’ultimo, uscito originariamente nel 1966, viene ripubblicato su 45 giri dopo il suo inserimento in uno spot della Levi’s e arriva al secondo posto della classifica inglese.

ENNIO MORRICONE

“Gli Intoccabili”

Il film con Kevin Costner e Sean Connery è un grande successo al botteghino e per il compositore italiano arriva anche un meritato Grammy Award come miglior soundtrack dell’anno.

MARK KNOPFLER

“La storia fantastica”

Knopfler si prende una pausa dai Dire Straits per il film di Rob Reiner. Il disco contiene anche “Storybook love”, brano di Mink DeVille prodotto dallo stesso Knopfler.

ABIGAIL MEAD

“Full Metal Jacket”

Del film certamente vi ricordate per via dell’Oscar vinto. Se questa Abigal Mead invece non vi dice nulla, sappiate che è solo il nome d’arte scelto dalla figlia del regista Stanley Kubrick, Vivien, per questo progetto.

ARTISTI VARI

“Ragazzi fuori”

L’horror vampiresco diretto da Joel Schumacher utilizza, tra gli altri, due brani firmati dagli INXS con Jimmy Barnes, ma anche “Walk this way” firmata dai Run DMC, “People are strange” dei Doors rifatta da Echo & the Bunnymen e una bella versione di “I still believe” dei Call, eseguita da Tim Capello.

RYUICHI SAKAMOTO, DAVID BYRNE E CONG SU

“L’ultimo Imperatore”

Oltre all’Oscar per la regia di Bertolucci, il film vince anche quello per le musiche firmate dal trio, che si suddivide le 18 fantastiche tracce del disco.

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