Roboetica, il momento di pensarci

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27 Settembre 2017

E’ entrato nel vivo il dibattito sui robot: che impatto avranno sulla nostra società e quali saranno i cambiamenti più rilevanti? E l’interlocuzione sta vedendo protagonisti i principali attori della tecnologia mondiale e di recente le varie istituzioni a livello mondiale. Donald Trump ne ha fatto argomento abituale durante la sua campagna elettorale, mentre è dei primi mesi di quest’anno l’approvazione delle “Norme di diritto civile sulla robotica” richiesta dai deputati UE alla Commissione europea. Di fatto, in quell’occasione, si chiedeva la creazione di uno status giuridico per i robot, non potendo più ridurre i danni causati da essi a meri incidenti tecnici.

 

Insomma, la paura di serie ricadute sull’occupazione si mischia al rischio a breve di poter essere sopraffatti dagli automi. E’ quindi opportuno già da ora provare a dare delle risposte su questi argomenti dopo tutta la serie di domande e preoccupazioni che giustamente sono state poste sul tema.
Un ottimo punto di partenza ritengo possa essere il documento redatto quest’estate dal titolo “Sviluppi della robotica e della roboetica”, redatto dai comitati nazionali congiunti “per la bioetica” e “per la biosicurezza le biotecnologie e le scienze della vita” sotto la supervisione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Delle tante questioni affrontate, tra le più interessanti c’è quella dell’intelligenza artificiale e della conseguente autonomia che le macchine riusciranno ad avere rispetto ai nostri comandi. Ma a riguardo bisogna dire che i progressi tecnologici che consentiranno ai processori di raggiungere operazioni computazionali simili al cervello umano piuttosto che agli elettroattuatori meccatronici capacità di movimento simili ai nostri arti avverranno lontanissimo nel tempo. Per cui l’idea che a breve (o fra 10-20 anni) ci troveremo un androide passeggiare al nostro fianco è irreale.
Il tema vero rispetto all’intelligenza artificiale è da indirizzare invece verso le Big Data Companies come Apple o Google. Esse infatti si stanno attrezzando per avere le risorse computazionali sufficienti a sviluppare un’intelligenza artificiale paragonabile a quella umana. Potrebbe essere verosimile quindi un robot “stupido” con bassa capacità mentale governato attraverso connessione via rete ad un grande cervello “in cloud” di una di queste società.
Ecco perchè il documento afferma che “ci saranno poche aziende che avranno in mano l’intelligenza globale del pianeta, il global repository of intelligence. E da un punto di vista giuridico, si porrà il problema di evitare la creazione di posizioni di monopolio di imprese che potrebbero possedere e trattare un numero impressionante di dati anche sensibili e delicatissimi oltre che avere la possibilità di condizionare la condotta di tutti i numerosissimi robot collegati con le proprie centrali di intelligenza artificiale”.

 

Passando alla questione della sostituzione del lavoro umano, perdere un posto di lavoro è sempre fatto tragico, ma se le macchine tolgono all’uomo compiti umili, faticosi o pericolosi, la sostituzione dell’uomo con un robot è anzi auspicabile. Per cui, il tema centrale dell’occupazione integrata con i robot ritengo vada affrontata su tre diverse aree tematiche.
La prima è il “reskilling” dei lavoratori: l’uomo dovrà sempre più essere impiegato in lavori concettuali e meno di routine, per cui andrà affrontata la tematica (negli USA Obama aveva già iniziato a farlo) della creazione di tante nuove categorie di lavoratori, che saranno nella maggior parte dei casi molto professionalizzati in materie informatiche e di automatizzazione.

 

La seconda area è la questione dei numeri: è ovvio che un operaio di routine non verrà mai soppiantato da uno sovraintendente di macchine con un rapporto 1:1. La perdita di posti di lavoro perciò è inevitabile e le tensioni sociali sono più che giustificate. Ma la corretta soluzione credo sia lontana da quella di boicottare “trumpisticamente” i robot. Essa si ritrova probabilmente nei prodotti interni lordi dei paesi ad alta robotizzazione, che continuano a crescere nonostante la riduzione della forza lavoro umana.
Questo introduce quindi la terza area tematica, cioè la capacità dei robot di creare ricchezza, che dovrebbe essere al più presto sfruttata attraverso delle politiche di redistribuzione tra gli umani: lo stesso Bill Gates, ad esempio, sostiene la necessità di tassare la produttività delle macchine (o quantomeno, i risparmi dovuti all’assenza di manodopera da retribuire). Il fatto che in alcuni paesi del nordeuropa si sia ridotto l’orario lavorativo inoltre fa ben sperare sul fatto che i redditi possano essere garantiti nonostante la riduzione di prestazioni umane. Bisognerebbe cioè riuscire a postulare una legge secondo la quale, a parità di PIL, si riduce lo sforzo umano in proporzione a quello effettivamente ceduto alle macchine.

 

Resta poi un’ultima questione più propriamente etica: i robot sono già ora – basta vedere i droni delle varie aeronautiche occidentali – le armi del futuro. Di certo, se proprio un mezzo deve precipitare o essere abbattuto, meglio che sia senza pilota. Ma l’uomo ha dimostrato sempre enorme irresponsabilità nel maneggiare i “regali” scientifici al settore bellico. Una guerra nucleare rimessa sul piatto delle opzioni in seguito alle tensioni USA-Corea del Nord ne è la prova. Si aggiunga che il robotic divide inasprirà le differenze di progresso tra le varie aree del mondo, cioè i paesi più avanzati tecnologicamente avranno molti più robot dei paesi più arretrati. Si deduce che se oggi si scontrano un drone con un velivolo pilotato da un uomo, domani ci potrebbe essere una battaglia robot contro soldati (o peggio, civili).

 

Certo, come anticipato prima, questo scenario si verificherà forse fra vari decenni, ma bisognerà dotarci sin da ora di una capacità di riflessione e di una lungimiranza per poter affrontare il nostro futuro senza paura verso le macchine intelligenti, ma con la giusta attenzione alle nuova disciplina della roboetica, una cui definizione è stata coniata dallo scienziato Gianmarco Veruggio già nel 2002: “La roboetica è un’etica applicata, il suo scopo è sviluppare strumenti e conoscenze scientifiche, culturali e tecniche che siano universalmente condivisi, indipendentemente dalle differenze culturali, sociali e religiose. Questi strumenti potranno promuovere e incoraggiare lo sviluppo della robotica verso il benessere della società e della persona. Inoltre, grazie alla roboetica, si potrà prevenire l’impiego della robotica contro gli esseri umani”.

TAG: roboetica, robotica umanistica
CAT: Occupazione, Robotica

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