De Luca e i suoi supporter. Il lato grillino del PD

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5 Luglio 2016

In queste ore si parla molto dell’infelice battuta fatta da Vincenzo De Luca alla direzione del Partito Democratico, di quella “bambolina imbambolata” con cui il presidente della Regione Campania ha apostrofato il neo sindaco di Roma Virginia Raggi. Un’offesa neanche troppo originale, che ha ricalcato la vergognosa copertina del Tempo del 20 luglio scorso, dove la Raggi veniva raffigurata col corpo di una barbie e il titolo recitava “Roma in bambola”. Le parole assai rozze dell’ex sindaco di Salerno hanno urtato la sensibilità di molti anche dentro lo stesso Pd, scatenando al contempo i soliti difensori d’ufficio – leggere alla voce “tifosi” – che hanno prontamente ribattuto alle critiche dei “gufi rosiconi, amici di Gianni Cuperlo” ricordando gli insulti ricevuti nel recente passato dal ministro Boschi da parte di esponenti del Movimento 5 Stelle.

Ma il problema è proprio questo. Anche ammettendo che nomi di punta del partito del comicoleader genovese (quindi non i cosiddetti “troll” che invadono i social con nomi spesso fasulli) abbiano fatto lo stesso con donne di altri partiti, non è sicuramente una grande idea applicare la legge del taglione, abbassando ulteriormente il livello di un confronto tra le parti che già oggi rasenta il ridicolo. In parole povere, se qualcuno è volgare, ignorante e violento, la cosa peggiore che si possa fare è sfidarlo sul suo stesso campo, perché si presume che chi gioca in casa sia nettamente avvantaggiato. E poi c’è ovviamente un discorso di valori: dal Pd, un partito che almeno sulla carta dovrebbe portare in sé una somma di storie, ci si aspetterebbe ben altro rispetto della figura e del ruolo sociale della donna.

C’è poi un tema più profondo, quello che oggi investe tutte le democrazie occidentali: l’avanzata del populismo e delle pericolose semplificazioni che stanno mettendo a dura prova la tenuta dell’intero sistema di valori su cui si fonda la nostra convivenza dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un’avanzata ancor più pericolosa quando contagia anche quelle forze che dovrebbero fare da argine, rendendole parte della “rarefazione del pensiero” che indebolisce le menti, rendendole più pigre e malleabili. Ma se il Partito Democratico partecipa in modo attivo alla regressione delle menti, non fa altro che rafforzare chi si nutre di menti deboli. Il processo è oggi in atto e ben visibile sui social network, strumento di comunicazione ma anche “sfogatoio” di tante frustrazioni. Non esiste ormai differenza tra i supporter più sfegatati del “renzismo” e del “grillismo”: stessi toni, stessa violenza verbale, stessa incapacità di elaborare un pensiero leggermente più complesso dell’insulto.

Prima dello show di De Luca, il premier Matteo Renzi aveva citato Gianroberto Casaleggio, in particolare la celebre frase in cui il guru del Movimento 5 Stelle affermava: «Se è virale è vero». Ciò che probabilmente sfugge sia a lui che a molti altri, è su cosa si fondi quella frase e cosa sottenda. A detta di molti, i fondamenti filosofici su cui si basano le pericolose istruzioni lasciate in eredità da Casaleggio ai suoi seguaci, sono gli insegnamenti di Georges Ivanovič Gurdjieff, un maestro spirituale che ha ispirato nel tempo artisti, pensatori, politici, imprenditori, pubblicitari. Vissuto nel secolo scorso, a cavallo dei grandi sconvolgimenti che hanno ridisegnato gli equilibri degli stati, Gurdjieff basava il suo lavoro sull’assunto che l’uomo viva in uno stato di veglia apparente da cui ha bisogno di risvegliarsi divenendo un “essere cosciente”. Senza entrare troppo nello specifico, il concetto di “virale” altro non è che una trasposizione di uno dei principali insegnamenti del maestro: “Nella ragione dell’uomo l’immaginario può essere percepito come reale”. In pratica, Gurdjieff sosteneva (a ragione) che le menti più deboli e malleabili (addormentate) funzionano in maniera meccanica, come delle macchine. Ciò le rende incapaci di essere indipendenti, pur generando in loro la convinzione (artificiale) di esserlo, lasciandole di fatto succubi di un pensiero imposto da menti più coscienti.

Ci sono buone probabilità che la “Struttura Delta” della Casaleggio Associati sia stata ideata con lo scopo di gestire e controllare le macchine di cui parlava Gurdjieff, sfruttando il loro stato di sonno per espandere la sua influenza sia nel campo dell’economia (vendita di spazi pubblicitari) che in quello della politica. Un’applicazione scientifica di una vera e propria tecnica di controllo delle menti, gestita attraverso un “codice madre”, dove le reazioni di vere e proprie “masse virtuali” sono indotte, come in uno stato di leggera ipnosi collettiva. Sintomo di quanto il disegno del defunto guru si stia pericolosamente realizzando, degenerazioni del linguaggio e dei concetti a cui ormai assistiamo quotidianamente.

Insomma, tornando alla frase infelice di Vincenzo De Luca e alle altrettanto infelici levate di scudi di una parte del suo partito, l’impressione è che faccia tutto parte di qualcosa di già previsto. In fondo, pur indicando una via per la salvezza dell’uomo, lo stesso Gurdjieff non confidava molto sulla capacità degli esseri umani di evolvere, almeno della stragrande maggioranza di essi. Ma qui il discorso si farebbe troppo articolato, incomprensibile ai più…

TAG: direzione pd, Gurdjieff, Matteo Renzi, partito democratico, quarta via, vincenzo del luca
CAT: Partiti e politici

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