L’ideologia fascista e nazifascista si combatte con la cultura non con le leggi

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11 Luglio 2017

La proposta di legge “Fiano” (DDL 3343) oggi in discussione alla Camera è un errore: l’ideologia fascista e nazifascista non si combatte a colpi di legge.

Lo motivo muovendo da un fatto di cronaca vera, accaduto l’altro giorno a un professore di Milano.

Anche a un professore universitario capita di andare a fare la spesa. Immerso nei suoi profondi pensieri – “ma se confondono il Pil col Pin, li posso bocciare?” (siamo in periodo di esami) – , quando sta per entrare nel Supermercato sotto casa, sente una voce che, gentilmente, gli chiede: “lei aiuterebbe una famiglia in difficoltà, comprando qualcosa anche per loro?” Il professore distratto ma dal cuore tenero, di getto risponde: “ma certo! Di che cosa in particolare avrebbero bisogno?” “Pasta, scatolette di tonno, piselli, fagioli, anche banane…” dice la voce educata.

A quel punto, il professore solleva lo sguardo e vede un ragazzo dalla bella faccia e ben vestito, un ragazzo “perbene” direbbero i benpensanti – come potrebbe essere un proprio studente del prim’anno, o di un ultimo anno di liceo. Il ragazzo ringrazia e gli porge un volantino. L’occhio del professore cade in fondo al foglietto: CASA POUND MILANO. Con immediato profondo stupore, esclama: “Casa Pound??!! Ma TU sai chi era Ezra Pound??!!

Evidentemente, il professore doveva avere un aspetto che incute un terribile timore. Terrorizzato, il giovane risponde: “Io non sono fascista!” Ne segue la seguente conversazione.

Prof.: Fascista??!! Oggi, nel 2017, qui, a Milano, in via Vincenzo Monti angolo via XX Settembre, che cosa significa essere fascista? Come si può esserlo? Come puoi esserlo TU, un giovane istruito di oggi?!
Stud. (imbarazzatissimo): No, no – io mi richiamo soltanto alle idee di Pound…

Prof.: Ma tu lo hai letto? Conosci le sue poesie, la, complicatissima, storia della sua vita?
Stud.: Be’, so che era contrario all’usura, so che riteneva che il compito di una Nazione fosse quello di provvedere ai propri cittadini prima che a quelli del resto del mondo…

Prof.: Queste sono idee che possono essere discusse. Io, per es., posso accettare la prima, ma rifiutare la seconda.

Stud.: Perché rifiuta la seconda? non è d’accordo che prima si debbano aiutare quelli del proprio Paese?
Prof.: La questione è molto complessa. Da un lato, come vedi, io sono prontissimo ad aiutare le famiglie bisognose di Milano, la mia città, il mio paese: farò la spesa anche per loro. Ma, dall’altro lato, non credo che il mio paese, la mia città – amatissima – termini nei confini stabiliti da qualche burocrate o politico. I confini sono variabili, sono storici. E io amo confini aperti, amo la libertà di viaggiare e vivere dovunque desideri o ritenga meglio per me, per la mia famiglia, e per il mio gatto, ieri oggi o domani. Io detesto le frontiere, i muri, le barriere, i fili spinati…(di ogni genere, anche metaforico). Io sono milanesissimo, nato nel centro più centro di Milano, ma mi considero un cittadino del mondo. Se vado all’estero, e mi chiedono di dove sono, io rispondo “sono un Europeo”.
Stud.: Ma questo non è possibile! Ci sono dei vincoli economici! Non possiamo mica aiutare tutti, aiutare gli stranieri! Il nostro Paese andrebbe a fondo!

Prof.: Ahi, ahi! Sei capitato male: sei capitato con un professore di Economia politica! Adesso ti spiego perché le cose non stanno affatto così, e te lo spiego partendo proprio da una poesia di Ezra Pound…

A questo punto la conversazione viene bruscamente interrotta. Interviene infatti un signore sulla quarantina, con barbetta, capelli rasati e aria truce: “ci sono dei problemi?”- dice in tono minaccioso. “Il problema è lei, caro signore” – controbatte il professore, entrando quindi nel Supermercato; non per difendersi (a neanche un metro c’erano le due guardie, nerissime che più nere non si può, alte e possenti, del Supermercato: mai avrebbero consentito che il mite professore, cliente fedele, potesse essere neppure soltanto sfiorato), ma per l’inutilità o, meglio, l’impossibilità, di proseguire un’intelligente conversazione con un giovane, in quel contesto.

Penso che si sia già capito perché sono contrario alla “Legge Fiano”. Non è di questo che abbiamo bisogno, oggi in Italia. Per difenderci dai picchiatori (fascisti, nazifascisti o altro che siano) abbiamo già leggi adeguate (e gagliardi Africani ci possono ben proteggere, quelli bravi e rispettosi delle norme di vita urbane e civili). Ciò che manca, in tutta evidenza, è una conoscenza adeguata della storia (patria e del mondo anche lontano); ci mancano i buoni maestri; ci manca (o è venuta affievolendosi) una cultura che apra al mondo e non soltanto al proprio ‘paese’ o paesino, per quanto meraviglioso esso sia (che cosa ci può essere di più bello, per esempio, di un paesino sul Lago di Como, dove si parla un dialetto che è diverso da quello del paesino a due kilometri di distanza?).

Il nostro giovane studente studia in uno dei migliori licei di Milano (non si preoccupino i miei colleghi economisti: non in un liceo classico, da abolire, secondo loro, essendo, com’è noto, la causa del declino dell’Italia). Che cosa gli hanno insegnato? O che cosa non gli hanno insegnato?

Non gli hanno insegnato forse quella famosissima poesia di Pound che dice:

Una fabbrica

ha anche un aspetto cosiddetto finanziario.

permette alla gente di comprare (salari, dividendi

sono potere d’acquisto) ma determina anche i prezzi

o valori finanziari, cioè

paga i lavoratori e paga per la materia prima.

ciò che paga in salari e dividendi

resta fluido, come potere d’acquisto, e questo potere

è inferiore, per forza, cacciatevelo bene in testa, inferiore

ai pagamenti totali effettuati dalla fabbrica

(in salari, dividendi e pagamenti per materia prima

spese bancarie, eccetera)

e la somma di tutte queste cose

viene aggiunta al totale dei prezzi

determinati da quella fabbrica, qualunque dannata fabbrica

quindi c’è e ci deve essere un intoppo

e il potere d’acquisto non può mai

(nel presente sistema) raggiungere

i prezzi correnti,

e in questa fetta di paradiso

un punto vidi che raggiava lume acuto sì

che mente d’uomo ne restò confusa.

Se gli avessero insegnato questa poesia, il ragazzo avrebbe forse compreso qualcosa di più di economia; avrebbe, forse, capito che anche Ezra Pound aveva idee non banali, o così ‘definite’ come sembrano, ma piuttosto complesse (e anche assai contradditorie). Avrebbe potuto confrontare il suo pensiero economico e politico (abbastanza confuso, ma con sprazzi illuminanti: era un poeta ‘immaginifico’) con quello di alcuni altri suoi grandi contemporanei, e con le idee, varie e molteplici, di oggi. Forse, se avesse avuto buoni maestri, il giovane studente non aderirebbe a Casapound (o forse no: la scuola non è tutto, soprattutto oggi).

Poscritto.
Mi è difficile, ma voi lettori Gli Stati Generali, ormai mi conoscerete un po’, non aggiungere una nota più personale, ma è anche una delle poche cose che ero riuscito a comunicare allo studente, prima che venissimo interrotti dal ‘Barbaro Italico’.

La mia famiglia è stata rigorosamente antifascista (sempre: almeno fin dal 1921). Mia madre e mio padre, entrambi perseguitati dai nazifascisti, avevano una più che comprensibile antipatia per Pound e soprattutto per le sue idee antisemite (mai rinnegate, neppure dopo il 1945; ma, questo, è anche un segno di coerenza non disprezzabile). Ciò non impedì tuttavia alla mia famiglia di aiutare, in un momento per lei difficile, Mary de Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound. Mary de Rachewiltz ha denunciato Casapound per essersi indebitamente appropriati del nome di suo padre: le cose sono, come si vede, complicate.

Bisogna sempre saper distinguere tra poesia (grandissima, in questo caso), senso di umanità e compassione per tutti, anche (e soprattutto) per i vinti (nel 1945, quando fu fatto prigioniero dagli Americani e messo in una “gabbia da gorilla” sotto il sole cocente d’estate, vicino a Pisa, Ezra Pound era un vinto), e le idee. Le idee odiose (nel senso letterale: che generano odio e sono frutto dell’odio), di ieri e di oggi, si combattono non con nuove leggi o nuove proibizioni, ma con altre, più forti e coraggiose, idee ed esempi di vita.

 

TAG: casapound, fiano, neofascismo
CAT: Partiti e politici

8 Commenti

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  1. evoque 7 anni fa

    Sì, d’accordo, ma le leggi che puniscono agiscono subito, il cambiamento culturale è molto più lento da attuare. E non sempre funziona.

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  2. silvia-bianchi 7 anni fa

    Gli ultimi governi hanno la tendenza preoccupante ad affrontare i problemi con uno sbrigativo provvedimento legislativo, rinunciando a priori a far maturare la società e rischiando così di risultare inutile, se non di ottenere l’effetto opposto: è andata così con la legge sull’omicidio stradale, con l’obbligo dei vaccini e oggi con la legge Fiano. Queste leggi andrebbero come minimo accompagnate da campagne informative e da un serio dibattito pubblico: qualsiasi genitore sa che non serve a nulla enunciare una regola e spesso nemmeno sanzionare la sua trasgressione

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  3. mario-bosso 7 anni fa

    Se fossimo nel 1968 o giù di li quel ragazzo molto probabilmente le avrebbe dato un volantino di lotta comunista. L’essere Europeo che poi volenti o nolenti significa oggi €uropa purtroppo ha riportato a galla ciò che sino a 10 anni fa era praticamente scomparso. La scuola almeno in questo paese ha cessato di esistere proprio dal 68 in poi e non solo la scuola. Fiano non è un politico ma uno dei tanti giannizzeri di cui si avvale quello che se perdeva al referendum si sarebbe dimesso e avrebbe lasciato la politica. Fiano è lo stesso che assieme ai suoi compari di merende del PD ha votato per la depenalizzazione ad una ammenda il reato di femminicidio.

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  4. fabio.ranchetti 7 anni fa

    La proposta di legge è equivoca e anticostituzionale. Difficilmente potrebbe venire applicata.
    Grazie per il commento.

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  5. fabio.ranchetti 7 anni fa

    Concordo.
    Proprio perciò ho richiamato l’importanza di dare esempi di vita forti e coerenti, e non solo insegnamenti ‘verbali’.

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  6. fabio.ranchetti 7 anni fa

    I volantini (e il giornale) di Lotta Comunista me lo danno (quasi) tutti i giorni che passo in Statale.
    Nel 1963, quando entrai al ginnasio, i giovani fascisti mi distribuirono un volantino loro. Io lo rifiutai. Per poco non fui linciato (il fascista di allora che mi voleva picchiare, divenne poi di estrema sinistra). I tempi sono cambiati (in parte, e forse, anche un pochino in meglio). Non penso che il decadimento o declino della scuola sia una responsabilità principale del ’68, ma di movimenti più profondi della società.
    Grazie del commento.

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  7. daniele9 7 anni fa

    Buonasera.
    In tutto ciò, l’antifascismo (militante e non) ha delle enormi responsabilità.
    Bisogna riconoscere che l’attuale ampollosa retorica progressista e antifascista, in qualche modo, abbia stancato pesantemente la gente. L’antifascismo – e il progressismo 2.0- non riesce a leggere i tempi che corrono è autoreferenziale, è lontanto dalla realtà, non riesce a comprendere l’esigenze, le problematiche e le paure del popolo. Non è in grado di dare risposte pragmatiche, anteponendo l’ideologia alla realtà.
    Se ne sono accorti anche alcuni intellettuali della sinistra, come Ricolfi.
    Lei cosa crede?
    Buonasera.

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  8. fabio.ranchetti 7 anni fa

    Io concordo assolutamente: l\'”attuale ampollosa retorica progressista e antifascista” è insopportabile. (Se posso aggiungere: è particolarmente insopportabile a chi appartiene a una famiglia da sempre antifascista e che ha subito persecuzioni orrende.)

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