Quando c’era lui. Il Pd di Bersani (e quello di Renzi)

18 Febbraio 2017

Renzi ha davvero portato il Pd in acque limacciose, come sostiene da tempo l’ex-segretario del partito Pierluigi Bersani? L’elettorato dem ha realmente cambiato, in peggio, i suoi connotati? Belle domande, alle quali si può dare una risposta andando a verificare quanto sia cambiato il Pd da quando c’era lui, a capo del partito fino ad oggi, con Renzi.

Il profilo degli elettori del Partito Democratico, quattro anni orsono, alla vigilia delle scorse elezioni politiche, si caratterizzava per due elementi che lo differenziavano nettamente dalle altre forze politiche: era un partito di anziani-pensionati (una quota pari al 35% dei suoi elettori) e di cittadini con un basso livello di istruzione (il 45% del suo elettorato aveva al massimo la scuola dell’obbligo).

Dal momento che questi due elementi erano in larga parte sovrapposti, è facile intuire quale fosse la chiara impronta del votante Pd, la cui conformazione non corrispondeva certo alle sembianze di un partito scelto da ceti più dinamici ed attivi. Certo, non era tutto qui l’elettorato. C’erano anche molti impiegati, soprattutto nel settore pubblico, ed una importante quota di laureati.

(Per inciso, il diretto benché inaspettato rivale, il Movimento 5 stelle, aveva un bacino di riferimento diametralmente opposto: giovane, alti titoli di studio, studenti, operai e autonomi. Una sorta di partito del futuro, si potrebbe dire, una forza politica che aveva potenzialmente nel suo elettorato le componenti della classica dinamicità sociale.)

Dal punto di vista della collocazione politica, il Pd aveva dentro di sé un’anima profondamente legata al centro-sinistra (65%), con frange significative che si dichiaravano di sinistra (25%) e una piccola quota di centro (7-8%). E c’era una profonda delusione, subito dopo la mancata vittoria di Bersani, per un partito che in quel momento valeva poco più del 25% dei voti validi. L’innovazione, il cambiamento che chiedeva a gran voce il popolo dei democratici aveva un nome solo: Matteo Renzi. Durante l’ultima settimana prima del voto, e ancor più la settimana successiva, oltre il 90% dei freschi votanti Pd dichiarava che, in caso di nuove elezioni, il candidato del centro-sinistra avrebbe dovuto essere lui, l’allora sindaco di Firenze.

Oggi, a distanza di quattro anni, cosa è cambiato? Qualcosa, non tantissimo, per la verità. Il Pd guidato da Renzi è ancora un partito di anziani e pensionati, che rappresentano ancora una fetta molto alta dell’elettorato dem, ma si sono aggiunte quote significative di giovani, soprattutto 18-30enni, e di molti altri laureati, che l’ha fatto diventare il partito per eccellenza di coloro che hanno un livello di scolarizzazione alto o molto alto (quasi il 40% tra loro vota infatti Pd).

Anche l’autocollocazione non ha subito grandi mutamenti: l’ala di sinistra è un pochino scesa (al 20%), mentre è lievemente salita quella centrista (oggi al 10%), ed è rimasta ancora nettamente egemone quella di centro-sinistra (66%). L’apprezzamento per Renzi è oggi molto maggiore di quanto non fosse quello per il Bersani di allora, ed una frangia molto minoritaria vorrebbe un differente candidato sia come segretario che come candidato premier per il centro-sinistra.

Insomma: il popolo dem è fedele, a volte un po’ scontento o un po’ infelice, ma resta all’interno della mainstream del partito. E non è mutato in maniera significativa. Un negativo effetto-Renzi non pare esserci stato. L’unica cosa che è cambiata davvero è la quota di italiani che dichiara di votare Pd. Con Bersani, si stava sul 25-26%. Con Renzi, sul 30-31%. Tutto qui.

TAG: Matteo Renzi, partito democratico, pierluigi bersani
CAT: Partiti e politici

6 Commenti

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  1. antonio.nizzoli 7 anni fa

    Chiaro, come sempre!
    i valori assoluti sono cmq interessanti 10 353 275 Bersani 2013 vs 11 203 231 Renzi 2014 13.432.208 voti referendum 2016 (non tutti di Renzi ovviamente ma diciamo in sintonia…….)

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  2. silvia-bianchi 7 anni fa

    Se proprio si ha voglia di suonarsela e cantarsela coi sondaggi, sarebbe interessante sapere l’attuale 30% del Pd a quale percentuale di astenuti e indecisi corrisponde, per avere una stima dei voti reali che prenderebbe il Pd in questo momento….

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  3. akron 7 anni fa

    Silvia Bianchi, basta leggere il post prima del tuo. I voti sono sondaggi?

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  4. mario-bosso 7 anni fa

    I voti sono sondaggi? Bene non vedo l’ora di votare e poi di contare…. Ah 1. i voti al si furono 12.708.172 quindi 724.000 in meno di quelli poc’anzi postati. 2. La campagna referendaria (grazie a stampa e tv) e soprattutto la scheda erano forvianti, neppure la soppressione del CNEL e quella del Senato e dei senatori ha salvato Renzi dalla sconfitta. Siete proprio sicuri che…. Ad maiora!

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  5. antonio.nizzoli 7 anni fa

    il link del ministero con i dati ufficiali
    http://elezioni.interno.it/referendum/scrutini/20161204/FX01000.htm che sono 13 432 208

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  6. akron 7 anni fa

    Mario Bosso e Antonio, avete ragione entrambi. In Italia i SI sono 12 milioni e 700 e rotti. Italia+Estero sono 13 milioni e 400 e rotti. Quindi: perchè litigare? Siete del Pd? :)

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