Smontiamo alcune ragioni del No al Referendum Costituzionale

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14 Ottobre 2016

Manca sempre meno al fatidico 4 dicembre, data in cui i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimere il loro voto circa la proposta di riforma Costituzionale, fortemente voluta dal Governo e approvata dal Parlamento il 12 aprile scorso.

Com’è normale che sia, in quest’ultimo periodo lo scontro tra le due fazioni si sta accendendo a vista d’occhio: ogni giorno sentiamo parlare di ragioni per il Si, per il No, di combinato disposto con la legge elettorale, l'”Italicum”, di possibile deriva autoritaria, ecc.

Spesso le ragioni delle due fazioni sono spiegate con troppa faciloneria, cercando ad ogni costo di attirare consenso e senza prestare troppa attenzione a cosa veramente prevede questa fondamentale riforma. E proprio perchè si tratta di modificare la nostra Carta Costituzionale, bisognerebbe basare il nostro ragionamento critico  su elementi oggettivi e alla stregua dei parametri costituzionali contenuti nella prima parte della Costituzione, vera e propria anima del nostro ordinamento.

Per questo, oggi vorrei tentare di screditare alcune false ragioni che il variegato fronte del No sbandiera quotidianamente nelle televisioni, nelle radio e sui giornali. Scopo del mio operato non vuole essere quello di criticare a priori il fronte di chi si oppone alla riforma, bensì quello di invitare a liberarsi da queste (false) critiche per concentrarsi su altri profili critici della stessa, magari aventi più fondatezza giuridica e costituzionale.

  1. “I cittadini non potranno eleggere i senatori”

Questa prima ragione è falsa semplicemente perchè i cittadini potranno scegliere i senatori al momento dell’elezioni dei Consigli regionali : essi procederanno infatti ad eleggere i senatori in conformità alle scelte degli elettori, come prescrivere l’art.57, norma che non potrà essere disattesa dalla legge elettorale del Senato che sarà sottoposta al giudizio della Corte costituzionale, come quella della Camera. In questo modo i senatori saranno quelli scelti dai cittadini, ma rimarrà anche il loro legame con i Consigli regionali; legame essenziale affinché il Senato rappresenti gli enti territoriali e svolga la funzione essenziale di raccordo tra tali enti e lo Stato.

Ci tengo a sottolineare che, ad essere sinceri, con il sistema attuale (e quindi con la vittoria del No) i Senatori non sono scelti dai cittadini, bensì dai partiti che decidono le composizioni delle liste elettorali.

2. “Aumentano gli sbarramenti per le leggi di iniziativa popolare ed i referendum”

Questo è falso perchè, al contrario, la riforma rafforza gli strumenti di partecipazione diretta da parte dei cittadini. Il Parlamento infatti avrà l’obbligo di esaminare e votare le proposte di legge di iniziativa popolare che oggi, purtroppo, non vengono quasi mai prese in considerazione. A fronte di questa nuova garanzia costituzionale, dato che le istanze popolari non potranno più rimanere inascoltate, è più che ragionevole che tali proposte abbiano un consenso minimamente significativo, cioè siano firmate da 150 mila elettori, un numero non difficile da raccogliere in sei mesi di tempo.

Per quanto riguarda l’istituto del referendum abrogativo, la riforma non modifica la norma attuale (500 mila firme con il quorum di validità pari alla maggioranza degli elettori aventi diritto), ma aggiunge un’altra possibilità: se le richieste sono firmate da 800 mila elettori il quorum è più basso, pari alla maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni della Camera. Per esempio, dato che nel 2013 ha votato il 75% degli elettori, se la riforma fosse già in vigore, il quorum sarebbe del 37,5% anziché del 50%. Una riduzione molto significativa che non consentirà più di ricorrere all’astensione per respingere il referendum: le ragioni del Si e del No dovranno confrontarsi apertamente.

Inoltre la riforma prevede anche l’introduzione dei referendum propositivi e d’indirizzo, la cui disciplina di attuazione è demandata ad apposita legge costituzionale.

 

3. “Non ci sarà una riduzione sostanziale dei costi della politica”

Anche questa ragione è falsa, ed i dati sono sotto gli occhi di tutti: con la riduzione del numero di senatori, l’abolizione del Cnel e l’abolizione delle Province si risparmiano 500 milioni di Euro. Ma risparmi di gran lunga più significativi deriveranno dalla riforma del titolo V, cioè dalla riduzione dei conflitti Stato-Regioni, e dall’accresciuta capacità decisionale e stabilità del sistema istituzionale conseguente al superamento del bicameralismo paritario.

Infatti con la riforma  i senatori saranno solo 100 anziché 315 ed essendo anche consiglieri regioni e sindaci non percepiranno una indennità dallo Stato.Inoltre agli emolumenti degli stessi consiglieri regionali viene messo per la prima volta un tetto nazionale, di modo che non potranno superare l’importo di quelli attribuiti ai Sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. Sono inoltre aboliti i rimborsi ai gruppi politici presenti nei Consigli regionali.

Ma di gran lunga più significativi sono i risparmi indiretti derivanti dalla semplificazione del sistema istituzionale e dalla riforma del Titolo V : basti pensare che dalla revisione del 2001 al 15 agosto scorso (dati pubblicati sul Sole 24 ore del 29 agosto 2016) vi sono stati ben 1420 ricorsi delle Regioni contro lo Stato o dello Stato contro le Regioni, che hanno prodotto 1899 sentenze della Corte costituzionale, di cui 996 di illegittimità. E’ difficile stimare quanto costa questo conflitto costante, ma alcuni numeri sono impressionanti. Per fare un solo esempio, il contenzioso con le Regioni per realizzare la linea elettrica tra Calabria e Sicilia è costato negli ultimi cinque anni circa 3 miliardi di Euro.

4. “Troppi procedimenti legislativi diversi e art.70 pasticciato”

Falso perchè i procedimenti legislativi saranno solamente due : quello ordinario, con decisione definitiva della sola Camera dei Deputati e che riguarderà circa il 95% delle leggi, ed il procedimento bicamerale paritario, che interesserà alcune specifiche materie elencate in Costituzione.

Nel procedimento ordinario la Camera esaminerà i disegni di legge, che su richiesta potranno essere esaminati anche dal Senato, il quale, entro tempi certi, potrà anche inviare pareri e proporre modifiche. Alla Camera poi spetta la decisione definitiva. Come detto, questo iter riguarderà la stragrande maggioranza dei testi legislativi : giusto per fare un paragone, se la riforma fosse già stata in vigore in questa legislatura l’iter ordinario avrebbe riguardato 173 leggi su 178.

Il procedimento bicamerale paritario, invece, rimane per le leggi Costituzionali ed altre materie puntualmente elencate nell’art.70 della Costituzione: tra esse ricordiamo quelle circa le minoranze linguistiche,i referendum, l’ordinamento ed il sistema elettorale di Comuni e Regioni, le leggi quadro per l’attuazione delle normative europee (non le leggi annuali per recepire le direttive),il sistema elettorale del Senato, i casi di incompatibilità e ineleggibilità dei senatori, la ratifica dei trattati relativi all’Unione europea ed altre regole più specifiche riguardanti le Regioni.

Risulta dunque ovvio che il nuovo art.70 dovrà necessariamente essere più lungo della versione attuale: se Camera e Senato fanno esattamente le stesse cose occorrono poche parole per dirlo e bastano le due righe del vigente articolo 70, ma se invece fanno cose diverse occorre ovviamente specificarle con precisione.

 

5. “Pericolo di deriva autoritaria: il Parlamento verrà sottomesso al Governo ed esautorato”

Falso, falsissimo.

Il superamento del bicameralismo paritario rafforza più il Parlamento del Governo. Infatti viene messa la parola fine all’abuso della decretazione d’urgenza, del ricorso al voto di fiducia e alla prassi dei maxi-emendamenti.

Da decenni i governi di ogni colore politico abusano dello strumento dei decreti legge, il quale dovrebbe essere adoperato so in casi di straordinaria necessità ed urgenza. Con la riforma non sarà più così perché essa pone limiti rigorosi alla decretazione d’urgenza, limiti costituzionali che non potranno essere disattesi (dovranno recare solo “misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”). Su tali limiti vigilerà, inoltre, il Presidente della Repubblica che potrà negare la propria firma con molto più rigore rispetto ad oggi, forte di due altre novità introdotte dalla riforma:

a) il Governo potrà utilizzare una strada alternativa alla decretazione d’urgenza (oggi inesistente), vale a dire i disegni di legge ordinari con voto “a data certa” (entro 75-90 giorni), per l’attuazione del programma di governo (la c.d. “corsia preferenziale”)

b)il differimento di trenta giorni per la conversione dei decreti legge nel caso in cui il Presidente della Repubblica li rinvii alle Camere a causa dell’inserimento di misure estranee rispetto al loro contenuto originario; un rinvio oggi di fatto impraticabile perché non vi è il tempo, nei sessanta giorni di efficacia dei decreti, per un nuovo esame e una nuova deliberazione parlamentare.

Auspicabilmente dunque, grazie alla riforma i futuri Governi non saranno più privi di strumenti per attuare il programma di governo e non saranno più connotati da quella debolezza parlamentare che li induceva ad essere prepotenti verso le camere.

Ma oltre alla questione relativa ai decreti legge, sarà proprio il superamento del bicameralismo a rafforzare soprattutto il Parlamento. Prevedendo, infatti, che una sola camera accordi la fiducia al Governo, la riforma da più autorevolezza e centralità alla sede unica della sovranità popolare. Il bicameralismo paritario ha nuociuto alla stabilità e all’efficacia dell’azione di governo, ma anche alla autorevolezza e alla centralità della sede della rappresentanza nazionale, costretta a disperdersi in due rami. Ripetitività e lungaggini hanno reso più facili gli ostruzionismi di maggioranza e di minoranza e hanno favorito i gruppi di pressione interessati alla moltiplicazione delle sedi di negoziazione.

Per dirla con le parole del Prof. Ugo Rescigno, “l’Assemblea popolare unica è più diretta, immediata, conoscibile, controllabile, più esposta alla critica dell’opinione pubblica”.

TAG: no, ragioni del no, referendum, riforma
CAT: Partiti e politici

13 Commenti

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  1. mario-bosso 8 anni fa

    …[fortemente voluta dal Governo e approvata dal Parlamento il 12 aprile scorso.] Un Parlamento dichiarato illegittimo e con un governo che ha il primato di transfughi (cambi di casacca) di tutta la storia repubblicana. Già questo potrebbe bastare ed avanzare per dire NO ad una riforma della Costituzione.

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    1. sergiu70 8 anni fa

      Qua bisogna informarsi e non rimanere nell’ignoranza più completa.
      Proprio la sentenza n.1 del 2014 della Corte Costituzionale che delegittima il porcellum stabilisce che l’attuale Parlamento è perfettamente legittimato a legiferare. E poi tutti sanno che in Italia i cittadini non eleggono direttamente il Governo. Ma tanti fanno finta di non saperlo!

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  2. mario-bosso 8 anni fa

    QUESTA E’ BELLA… “Aumentano gli sbarramenti per le leggi di iniziativa popolare ed i referendum”
    Questo è falso perché, al contrario, la riforma rafforza gli strumenti di partecipazione diretta da parte dei cittadini. Il Parlamento infatti avrà l’obbligo di esaminare e votare le proposte di legge di iniziativa popolare che oggi, purtroppo, non vengono quasi mai prese in considerazione. A fronte di questa nuova garanzia costituzionale, dato che le istanze popolari non potranno più rimanere inascoltate, è più che ragionevole che tali proposte abbiano un consenso minimamente significativo, cioè siano firmate da 150 mila elettori, un numero non difficile da raccogliere in sei mesi di tempo.
    Per quanto riguarda l’istituto del referendum abrogativo, la riforma non modifica la norma attuale (500 mila firme con il quorum di validità pari alla maggioranza degli elettori aventi diritto), ma aggiunge un’altra possibilità: se le richieste sono firmate da 800 mila elettori il quorum è più basso, pari alla maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni della Camera. A parte che delle istanze popolari (vedi referendum NO al finanziamento pubblico ai partiti) se ne sbattono i cabasisi, il punto è che da 500 mila firme che già sono difficili da raggiungere diventeranno 800 mila il 60% in più.

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  3. mario-bosso 8 anni fa

    Mi scusi ma tutto il resto delle sue ragioni per il si sono incommentabili.

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  4. silvia-bianchi 8 anni fa

    Ottimo articolo di propaganda, ne occorrerebbe uno almeno altrettanto lungo per confutarne tutti i punti.
    1) il nuovo art. 57 della Costituzione recita testualmente: “i Consigli regionali e i Consigli delle province autonome di Trento e Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”. Non c’è quindi alcun dubbio: l’elezione dei senatori sarà “di secondo livello”. L’ambiguità nasce da una strana formulazione del comma 5 dello stesso articolo, che dice “la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Da questa frase si evince solo che (1) i senatori-sindaci saranno eletti ad libitum dai consigli regionali (2) i senatori-consiglieri dovranno essere eletti dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”: una frase così generica da non garantire proprio nulla che assomigli a una vera elezione diretta. In ogni caso, il problema si porrà tra almeno 5 anni, dato che per la prima legislatura il testo della riforma prevede esplicitamente che i senatori siano eletti dai consigli regionali su liste bloccate, con tanti saluti alle scelte (mai espresse) dagli elettori.
    2) gli strumenti di democrazia diretta sono indeboliti dalla riforma. Le leggi di iniziativa popolare richiederanno il triplo delle firme (150mila invece delle attuali 5mila) per essere presentate; nella riforma si dice solo che “i tempi, i modi e i limiti” della “discussione e deliberazione conclusiva” di tali leggi saranno “stabiliti dai regolamenti parlamentari” – il che significa che non c’è alcuna garanzia concreta che le leggi saranno discusse e votate.
    Analogamente, l’istituzione del referendum propositivo “e di indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali” è demandata a un’ulteriore legge costituzionale. Se pensiamo a quanto tempo ci è voluto perché venissero istituite le Regioni, pure previste dalla Costituzione del 1948, direi che c’è poco da farsi illusioni…
    Infine, l’irraggiungibile quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto per il referendum abrogativo rimane tale e quale… a meno che il numero di firme raccolte (sempre in te mesi, sempre in presenza di un autenticatore, sempre su supporto cartaceo, sempre con certificazione finale degli uffici elettorali di residenza dei firmatari) non superi la già quasi irraggiungibile quota cinquecentomila arrivando a… ottocentomila! E’ chiaro che un simile traguardo non sarà mai raggiunto, se non da partiti ben organizzati e dotati di strumenti finanziari adeguati; per i comitati spontanei di cittadini è chiaramente fuori portata. Una presa in giro, insomma…
    3) l’argomento “risparmi” è talmente miserabile che non sto a discuterlo: dico solo che molto di più si poteva ottenere agendo sulle leggi ordinarie e sui regolamenti parlamentari
    4) il procedimento legislativo introdotto dalla nuova riforma sarà davvero poco funzionale: tutte le leggi dovranno iniziare la discussione alla Camera e quasi tutte dovranno anche concluderla dopo un passaggio (facoltativo) al Senato: sia le leggi di iniziativa del governo che quelle parlamentari e popolari. La Camera insomma sarà oberata di lavoro e in alcuni casi (quando il governo emanerà un decreto o richiederà il “voto a data certa”) i tempi saranno contingentati: la compressione del dibattito sarà insomma la norma. Per il Senato sarà ancora peggio, visto che i senatori “pendolari” avranno 30 giorni di tempo o anche meno (nel caso della legge di bilancio solo 15!!!) per esprimere un parere sulle leggi approvate dalla Camera e non di competenza bicamerale. Infine, la formulazione delle competenze legislative del Senato è così fumosa che potrebbero sorgere addirittura contenziosi con la Camera per decidere se una legge va considerata bicamerale o no
    5) da quanto appena detto si capisce bene che le due Camere saranno costantemente “in affanno”… e il governo avrà un vero arsenale di strumenti per coartarne l’operato: le leggi urgenti (che impongono un ulteriore accorciamento dei tempi), i decreti legge (che comunque rimangono), la questione di fiducia (che taglia la testa al dibattito), in più il “voto a data certa” spiegato nell’articolo. D’altronde il governo ha ben spiegato che l’intento della “sua” riforma è avere un’approvazione più rapida delle leggi: soprattutto, vien da pensare, di quelle meno gradite (come la privatizzazione dei servizi pubblici locali, per dirne una che l’Europa ci ha chiesto da tempo).

    Immagino che l’Autore dedicherà un articolo successivo alla propaganda sulla riforma del Titolo V, che è il vero scandalo (per me) di questa riforma; mi riservo di commentare sul tema in quell’occasione.
    Spero che i cittadini approfondiranno i contenuti di questa riforma, perché la propaganda è davvero un’altra cosa… purtroppo

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  5. giovanni-d-amico 8 anni fa

    All’interno del link condiviso, da Michele Pignataro, leggo che è falsa la prima ragione riferita al timore del “NO” cioè che i cittadini non potranno eleggere i Senatori. Pietro Danna argomenta: “Questa prima ragione è falsa semplicemente perchè i cittadini potranno scegliere i Senatori al momento delle elezioni dei consiglieri regionali. In questo modo i Senatori saranno quelli eletti dai cittadini” Si vuole far passare il cammello per la cruna di un ago. Intanto è bene ricordare che oggi i candidati a Senatore devono avere l’età di 40 anni e gli elettori 25 anni (più maturi gli uni e gli altri). Se passa la legge di riforma i candidati e gli elettori dovranno avere la maggiore età. La scienza che studia l’uomo spiega i parametri dell’età rapportati alla maturità della psiche e comunque si consideri l’esperienza della vita nella società. Spiega ancora nel link condiviso da Michele Pignataro che in questo modo i Senatori saranno quelli eletti dai cittadini. Ciò non risponde al vero, considerato che al momento della scelta dei Senatori e dei Sindaci, non ci saranno più i cittadini elettori, ma i consiglieri regionali, con strategie e marchingegni oggi sconosciuti. Anche lo scemo di mondello si accorge che stiamo per diventare vittime di scippo. Ecco perchè da qualche giorno, il comitato del “SI” ha dotato di un chip l’avanguardia che sulle trasmissioni TV argomenta che il governo stà studiando (sic!) qualche modifica per rendere i Senatori eleggibili. Altra frottola. Ha ragione Bersani, vogliono far passare che gli asini volano. Lo scopo è di convincere alcuni indecisi. La stessa strategia di tutti gli altri annunci, tra i quali aumenti delle pensioni, pensionamenti anticipati, più miliardi nella sanità, oltre 10 mila posti nel settore pubblico ecc.ecc. Intanto, dopo una vita di lavoro e di aver versato i contributi anche per il servizio sanitario nazionale in un’età in cui si ha maggiormente bisogno di cure e di controlli, anche preventivi, sulla diagnostica ed esami per patologie accertate vado a pagare per non poter aspettare 6 o 12 mesi. Da qualche settimana su 25 ero di medicine il ticket e lievatato a circa 75/80% . Se sarò chiamato a partire per l’Australia ( e questa restrizione nella Sanità potrà anticiparla) la reversibilità a mia moglie, già penalizzata, potrebbe quasi del tutto scomparire. Considero le sofferenze di quei cittadini meno fortunati di me. Per quanto riguarda i numeri, 50 mila o 500 mila firme aumentati a 150 e 500 mila. Preciso che la matematica non è un’opinione ma una scienza. Mi riferisco agli sbarramenti per le proposte di legge popolare e richieste di referendum. I referendum propositivi argomentati da Pietro Danna li considero solo aria fritta. Non hanno in passato, applicato i referendum vincenti, figuriamoci che considerazione si possa avere per i propositivi. Per quanto riguarda la riduzione dei costi della politica, si prega di controllare la dichiarazione ufficiale del Ragioniere Generale dello Stato che parla di risparmio effettivo di circa 59 e non 500 milioni. Per ragione di onestà, devo ammettere che i promotori del “SI” non hanno bisogno di convincermi a votare a favore dell’abolizione del Cnel, all’abolizione o riduzione del numero dei deputati o del Senato, di votare “SI” per la riduzione dei costi della politica, però non devono togliermi, con l’inganno il diritto a votare “NO” per le altre storture più o meno vistose, previste in questa legge di modifica Costituzionale,confusa e raffazzonata, approvata a colpi di fiducia. In ultimo mi domando e vi domando: per quale motivo due diversi comitati per il “NO” composti da 56 e oltre 50 personaggi non di parte, ma illustri docenti universitari, scrittori, giuristi, giudici costiruzionali ed emeriti presidenti dell Consulta ci mettono la faccia a rischio di compromettere la loro professinalità ed anche la dignità argomentando in modo dettagliato sui motivi del “NO” cito tra questi : Prof. M.Montanari, Paolo Maddalena,Valerio Onida, Ferdinando Imposimato, Paolo Maddalena, Marco Mori , Piergiorgio Odifreddi, Gustavo Zagrebelsky, Annibale Marini, Ugo De Servio, Stefano Rodota, Alessandro Pace, Salvatore Settis, Massimo Settis, Massimo Villone, Dario Fo’, Armando Spataro,Riccardo Chieppa, Giuliano Montaldo, Antonio Baldassare, Giovanni Russo Spena, Nicola D’Angelo, Toni Servillo, Tommaso Montanari, Don Luigi Ciotti, Giovanni Maria Flik,Gianfranco Pasquino, Nadia Urbinati, Nicola D’Angelo, Franco Bile, Ugo Giuseppe Rescigno, ecc.ecc. Scrivete questi nomi su Google e troverete chi sono e cosa dicono loro e gli altri sul referendum.

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    1. sergiu70 8 anni fa

      Ci sono altrettanti giuristi, costituzionalisti e docenti universitari anche di “più alto rango”, che sono a favore della riforma costituzionale e che la reputano una innovazione di cui l’Italia ha bisogno da tempo. Come per esempio Sabino Cassese ( giurista e accademico italiano e giudice emerito della Corte costituzionale), Carolin Zwilling (ricercatrice di diritto costituzionale comparato italiano ed europeo all’Istituto per il federalismo e il regionalismo), l’ex ministro Tiziano Treu (Cattolica di Milano), Luisa Torchia (Roma Tre), Stefano Pizzorno (Avvocatura dello Stato), Stefano Ceccanti (Roma La Sapienza), Mia Caielli (Torino), Franco Bassanini (Astrid/Roma La Sapienza), Pasquale Pasquino (New York university) ecc….

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  6. Questo articolo è VERGOGNOSAMENTE DI PARTE nonostante la premessa di volere entrare nel merito.
    Da lettore del blog mi chiedo chi autorizza la pubblicazione degli articoli.
    Tanto per cominciare il risparmio: la Ragioneria di Stato (non pinco pallino) afferma che nil risparmio sarà solo di 57,8 mlm su un BILANCIO PUBBLICO di 800 MILIARDI. I costi di Palazzo rimarranno identici. L’abolizione del Cnel porterà un taglio di 8,7 mlm, il resto grazie alla riduzione dei parlamentari e alla soppressione “dell’indennità di base”. Continueranno infatti a percepire rimborsi, uffici con tanto di collaboratori (giustamente visto che non saranno senatori “fissi”, e la diaria di trasferta che, dato che sono contemporaneamente sindaci o consiglieri sparsi per tutto il territorio italiano aumenterà a dismisura.. Le Provincie sono state già azzerate e i dipendenti sono stati riassegnati o sistemati nelle c”città metropolitane… si potrebbe andare avanti ma la sintesi è che fronte di una forte perdita di rappresentanza democratica avremo un saldo pressoché identico.

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  7. L’elezione dei Senatori è di secondo livello, se avesse letto le carte lo saprebbe. Ha presente che lasettimana scorsa si è votato per i consigli metropolitani? Quanti cittadini ne erano informati? Sa che gli elettori (consiglieri dei vari comuni ricompresi) si sono messi d’accordo sui nomi da eleggere in base a inciuci e spartizioni a dispetto della volontà popolare? sa che TrentinoAlto Adige e la Valle d’Asosta insieme avranno 6 senatori contro i 7 della Sicilia che ha un numero di abitanti sei volte superiore? Forse gli italiani del sud non hanno pari dignità dei sud tirolesi? Sto arrivando! che gli ex presidenti della repubblica continueranno ad essere senatori a vita e godere dei privilegi come uffici, staff, indennità di circa 580 mila euro/annui?

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  8. Si potrebbe scrivere pagine di post per smentire le sue affermazioni chiaramente partigiane ma credo che il lettori di Gli Stati Generali siano molto più informati e consapevoli di lei..

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  9. giorgio-cannella 8 anni fa

    Ecco il mio contributo. Buona lettura.
    http://giorgiocannella.com/index.php/2016/06/03/referendum-costituzionale-italiano-ottobre-2016/

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  10. ivo-amico 8 anni fa

    Perfetto. Mi pare di riascoltare la vecchia topolino C, con imbonitore urlante su amplificatore a tromba (tipo la voce del padrone, dove “tromba e voce del padrone” non sono casuali):” VOTAANTONIO”.
    Per essere perfetto il proclama per il si andrebbe corredato dell’imprimatur dell’ attuale Minculpop.

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