Stavo per chiedere scusa a Josefa Idem. Ma era un errore

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12 Giugno 2015

Quando nel pomeriggio di ieri ho incontrato Josefa Idem che entrava alla Camera da un ingresso secondario, ho avuto un istante prolungato di emozione, come un doppio mancamento. Il primo aveva nettamente a che fare con la sua storia sportiva, che definire immensa è appena il giusto, e per quel giovane cronista sportivo che sono stato non ci poteva essere regalo più sentimentale di quello. L’altro tuffo al cuore, indissolubilmente legato a quei principi dello sport che applichiamo alla nostra vita, è stato come “veder l’erba dalla parte delle radici”, per ricordare il titolo straordinario di un libro di Davide Lajolo in cui l’autore racconta il suo infarto e quello sguardo sospeso tra la vita e la morte.

Il mondo mi appariva totalmente rovesciato, nei suoi valori e nel suo andamento quotidiano costellato di fango, ripensando a quel giorno in cui costringemmo il ministro dello Sport, Josefa Idem, alle dimissioni per una questione che riguardava un mancato pagamento dell’Imu e una palestra che sembrava essere censita come casa. Questioni, certo, che avrebbero portato a dimissioni immediate un buon gruzzolo di ministri di altri Paesi civili, ai quali, evidentemente, con quell’intransigenza etico-istituzionale ci volevamo virtuosamente avvicinare. Quel gesto, che per giustezza della storia appartenne a Enrico Letta allora premier, sembrò segnare una misura, l’altezza di una certa asticella, una linea di confine tra il lecito e ciò che non potesse più esserlo, ma arrivando così, all’improvviso, non annunciato da altri gesti precedenti dello stesso segno e della stessa (minima) portata, apparve come una sorta di provocazione, un banchetto etico ed estetico solo per mostrare al mondo politico una muscolatura nuova rispetto al passato, uno sbranare l’agnello sacrificale che in realtà non aveva padrinaggi e poteva essere gettato sulla pubblica piazza senza il minimo rischio, nè la  possibilità di una scossa tellurica per la compagine di governo. Da quel giorno, molta acqua sporca è passata sotto i nostri ponti.

E solo per ricordare altre strettoie politiche, ma almeno senza elementi corruttivi, nei mesi successivi accaddero altre questioni e di ben altro peso. Due su tutte: la vicenda Cancellieri e il caso Shalabayeva, questo sì assolutamente straordinario e peraltro internazionale. Inutile ricordare che Alfano è ancora e sempre ministro. Mentre non lo è più Maurizio Lupi, a cui rapporti decisamente poco equilibrati con lo zar di tutte le infrastrutture, Ercole Incalza, costarono il posto.

La geometria variabile dell’onestà resta una caratteristica molto italiana. Se tendiamo l’elastico, da quel giorno in cui si alzò il velo sullo «scandalo» Idem sino a oggi, con lo sprofondo di Mafia Capitale, percorreremo chilometri e chilometri di infamia e  girando la testa al passato quell’Imu non pagata ci apparirà come una cartolina ingiallita, spedita da chissà dove, recapitata a italiani di frontiera che non abitano più questo Paese. Non c’è, probabilmente non c’è mai stata, un’idea complessiva di società fondata su principi condivisi che, in certi casi delicati, determinano conseguenze inevitabili, com’è la norma, la regola, di altri Paesi. E manca soprattutto il senso del decoro, che generalmente precede di qualche metro le regole, e semmai ne definisce il campo. È quel senso del decoro, tanto per parlare di piccole cose molto significative, che permette agli inglesi il rispetto della fila senza più doverci discutere (a meno che non si infilino i soliti italiani), quel senso del decoro che non intende confondere etica e regole, e in cui queste ultime sono puri elementi di tecnicalità condivisi che nulla hanno a che fare con la moralità pubblica.

Per un attimo, ieri, come un malinconico cedimento demagogico sono stato tentato di chiedere scusa alla signora Idem. Ma è stato solo un attimo, l’attimo successivo già mi chiedevo: ma a nome di chi e con quale diritto poi? E soprattutto: che paradosso inspiegabile sarebbe stato quello di chiedere scusa a un ministro che comunque aveva commesso una leggerezza? Resta il fatto che la sua storia (politica) mi sembra così lontana nel tempo da appartenere a un’epoca ormai sconosciuta, mesozoica rispetto alla modernità dei Buzzi di tutte le latitudini. Nel corso della giornata, mi sono interrogato su cosa lei avrei detto. Alla fine, avrebbe preso il sopravvento solo il lato sportivo: “Signora Idem, lei per me è stato un mito”. Amen.

TAG: josefa idem
CAT: Partiti e politici

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