Nasce l’alleanza delle dem: “Il PD non arretri mai più sui diritti delle donne”

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24 Aprile 2018

E mentre il più importante partito socialista d’Europa, la SPD tedesca, ha appena eletto una donna – Andrea Nahels – a presidente (che in Germania è il ruolo partitico apicale), e Silvio Berlusconi va dal presidente Mattarella scortato dal duo Gelmini e Bermini, nella pentola di un PD sempre meno convinto del suo arroccamento aventiniano, bollono tante cose. Una, per esempio, è la corrente Harambee del renziano “adulto” Matteo Richetti, un’altra è Towanda. Che non è tanto una corrente, quanto un grido di protesta: quello delle donne PD, soprattutto della roccaforte rossa (sotto assedio) Emilia-Romagna, stanche di un partito dove la presenza femminile è troppo esigua. In effetti i numeri sono impietosi: il PD è il quarto partito in Parlamento per numero di donne…

Il documento di Towanda, a oggi con oltre mille firmatarie, non le manda a dire: «per la prima volta il Partito Democratico è sovrastato nella rappresentanza femminile parlamentare dal Movimento 5 Stelle e dalla Destra, e mentre chi ha vinto le elezioni affida la leadership dei gruppi parlamentari e le cariche istituzionali alle elette, nel PD un gruppo dirigente sempre più chiuso e muto si trincera in delegazioni e “trattative” di soli uomini».

Puntano in alto, le donne di Towanda. A proporre una candidatura femminile per la segreteria PD, come l’attuale ministro della difesa Roberta Pinotti o la governatrice uscente del Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani. Di recente Roberta Mori, presidente della Commissione pari opportunità dell’Emilia-Romagna ha dichiarato: «O si riparte dalle donne e dalla loro centralità o sarà manchevole sia la democrazia paritaria italiana sia quella interna al partito».

Per capirne di più Gli Stati Generali ha sentito Lucia Bongarzone, coordinatrice della conferenza delle donne del PD in Emilia-Romagna. Che giustifica così l’impegno di Towanda: «Alla fin fine sono le donne a reggere il nostro sistema di welfare, e lavorano pure gratis. È una sfida culturale importante, questo è un Paese che non lascia spazio alle donne, lo si vede anche dai numeri della violenza di genere. Ma ogni volta che noi mettiamo l’accento su questi temi, ci sentiamo rispondere “ma con tutti i problemi che abbiamo…”». E ancora: «finché mancherà il punto di vista di metà della popolazione nell’elaborazione delle politiche, quelle politiche non saranno mai veramente rappresentative». Le donne di Towanda si sono date appuntamento a Roma il 12 maggio per discutere assieme le prossime mosse.

Bongarzone, ci parli un po’ di lei, prima di tutto.

Ho un lavoro a tempo pieno, mi occupo di risorse umane, e faccio politica. Ho iniziato il mio percorso incuriosita dal progetto dell’Ulivo e poi sono approdata al Partito Democratico. Ho svolto vari incarichi, oggi sono coordinatrice della conferenza delle donne del PD dell’Emilia-Romagna. Probabilmente è l’esperienza che mi ha arricchita di più dal punto di vista politico, perché mi ha permesso di incontrare tantissime donne. Donne che scelgono di fare politica per passione, perché convinte di poter cambiare le cose. Donne che si avvicinano alla politica con autentico spirito di servizio verso il partito, e verso l’Italia. Però, proprio per questo, sono spesso le prime a restare deluse quando non c’è concretezza nelle azioni, e a lasciare la politica quando non c’è coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa.

In Italia le donne in politica sono poche. Non parlo solo di ministre, deputate e segretarie, parlo pure di “semplici” militanti.

Sì, sono poche, ed è anche a causa della loro vita quotidiana. Guardo me stessa e a volte mi chiedo come faccio anch’io. Ho un lavoro, ho questo impegno politico, e sono anche madre di un figlio di 6 anni: non voglio trascurare la mia famiglia. Non è sempre facile riuscire a fare tutto, spesso le ore di sonno sono davvero poche. E questa necessità di conciliare così tanti fronti diversi è un’ulteriore ostacolo all’accesso alla politica per le donne. Io ho un marito che capisce fino in fondo il mio impegno politico, e che condivide con me il lavoro domestico e la cura di nostro figlio. Senza il suo sostegno non avrei potuto fare tanto.

Lei è una delle promotrici di Towanda. Innanzitutto, perché questo nome?

[Sorride] Viene dal film “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”. È un grido di protesta e di libertà, e noi lo abbiamo utilizzato dopo che il PD era ricorso alle pluricandidature: la stessa donna candidata in più collegi, una volta eletta liberava posti ad altri candidati uomini. Appena la direzione nazionale del PD ha mandato la lista dei candidati alle elezioni del 4 marzo, ci siamo rese conto che la parità di genere non era stata rispettata. E abbiamo reagito creando Towanda. È stato un modo per dire “mai più”: noi stiamo in questo partito con la nostra identità e la nostra dignità, e solo così potremo ricostruire un PD più forte. Quello delle pluricandidature non è il PD che ci rappresenta.

Reazione a parte, cosa vi proponete?

Il nostro obiettivo è fare in modo che il Partito Democratico non arretri mai più sui temi legati alle politiche di genere, né sulla democrazia paritaria. Perché, nonostante tutto il lavoro fatto, alla fine ci ritroviamo ad essere il quarto partito in Parlamento per numero di donne. E quando si dice “abbiamo fatto tanto in questa legislatura”, è vero: ma è stato fatto perché c’erano le donne. Che con il loro impegno, le loro idee, il loro tempo e il loro lavoro, hanno contribuito a raggiungere quei risultati. In Emilia-Romagna, ad esempio, abbiamo fatto una legge organica di iniziativa popolare sulla violenza contro le donne, che ha raccolto 12mila firme. Una legge che poi è finita in Regione, ed è stata inserita nella legge-quadro che ha fatto l’Emilia-Romagna per la parità tra uomini e donne, e contro le discriminazioni di genere. Da parte nostra c’è sempre stato un attivismo molto importante, declinato in azioni concrete come questa legge, che oggi è una realtà grazie all’impegno di tante militanti e persone che si sono sentite coinvolte nel progetto e hanno firmato.

Di tematiche di genere si è parlato pochissimo in questa campagna elettorale. Crede che questo abbia contribuito alla sconfitta della sinistra?

È vero, se ne è parlato poco. Ma ritengo che il voto del 4 marzo sia stato un voto molto complesso, e che nell’esito della sconfitta abbiamo pesato tante variabili. Senza dubbio quello che a me è dispiaciuto di più, è essere stati definiti nell’analisi del voto “il partito dei colletti bianchi”. Credo anche che non abbiamo saputo parlare alle donne, non abbiamo saputo dire alle donne cos’avremmo potuto fare per loro, per migliorare la loro vita. Non abbiamo saputo dare corpo né voce a delle proposte da cui le donne potessero sentirsi rappresentate.

Del resto il Ministero per le Pari Opportunità è stato smantellato proprio dal Partito Democratico, e in particolare da Matteo Renzi.

Sì, ed è stato uno sbaglio enorme, una delle cose che non abbiamo mai perdonato al nostro partito! Abbiamo chiesto a più riprese che fosse ripristinato il Ministero e che venisse nominato un ministro. Perché una democrazia paritaria ha bisogno di un ministro per le pari opportunità, che sieda al Consiglio dei Ministri e dica la sua su tutte le politiche che il governo mette in campo.

Anche nel dibattito pubblico italiano non sembra che si sia un grande interesse sulle tematiche di genere. Secondo lei perché?

Perché non c’è consapevolezza del problema. In questo Paese si dà per scontato, ad esempio, che l’aspetto di cura, dei bambini, degli anziani e di chiunque stia male in famiglia, spetti alle donne. È una visione profondamente maschilista. Alla fin fine sono le donne a reggere il nostro sistema di welfare, e lavorano pure gratis. È una sfida culturale importante, questo è un Paese che non lascia spazio alle donne, lo si vede anche dai numeri della violenza di genere. Ma ogni volta che noi mettiamo l’accento su questi temi, ci sentiamo rispondere “ma con tutti i problemi che abbiamo…”

Eppure i problemi che riguardano le donne italiane riguardano la metà della popolazione. Quella femminile è una maggioranza “minorizzata”, mi passi il termine.

Esatto, siamo “minorizzate”. Ed è per questo che dico di cominciare a parlare di democrazia paritaria piuttosto che di quote rosa. Attenzione, non dico affatto che si debbano abolire le quote, ma così come vengono pensate, nell’immaginario collettivo creano un’immagine ghettizzata: con le donne in una sorta di recinto dove bisogna metterle per forza, perché la legge costringe a farlo. Invece parlare di democrazia paritaria rende meglio l’idea di un sistema che deve dare pari opportunità a uomini e donne. E, finché mancherà il punto di vista di metà della popolazione nell’elaborazione delle politiche, quelle politiche non saranno mai veramente rappresentative.

Crede che Towanda possa contribuire a rilanciare il PD e ad avvicinarlo in modo proattivo alla cittadinanza?

Deve farlo. Il risultato dev’essere proprio questo. Dobbiamo ripartire, ricostruire questo partito partendo dalle donne, dalle nostre competenze. Il Partito Democratico deve dare uguali opportunità a uomini e donne, e in queste candidature non l’ha fatto. Non ha rispettato il nostro statuto, che parla di 50 e 50. Non siamo stati credibili: e del resto non possiamo esserlo se come partito creiamo una norma antidiscriminatoria, e poi siamo i primi a non applicarla. Chiaramente c’è bisogno di una ricostruzione di tutto il PD, ma in questa ricostruzione la componente femminile dovrà giocare un ruolo importante.

In Italia la violenza di genere è un problema molto grave. Intendete fare qualcosa a riguardo?

Sì. Le idee non ci mancano, e una proposta di legge su tutti gli aspetti della violenza di genere è una nostra priorità. Anche perché una delle promotrici di Towanda è Francesca Puglisi, che è stata presidente della commissione sui femminicidi in Senato, una commissione che ha lavorato per comprendere a fondo questo fenomeno. E tutto quel lavoro può senz’altro servire a costruire una legge organica sulla violenza di genere.

Qualche appuntamento in programma?

Il 12 maggio ci siamo date appuntamento a Roma per discutere i prossimi passi da intraprendere: verranno le firmatarie del progetto da tutta Italia.

 

 

 

TAG: candidature, Discriminazione di genere, donne, elezioni, genere, italia, pari opportunità, parità di genere, partito democratico, Pd, politica, Towanda, violenza di genere
CAT: Partiti e politici, Questioni di genere

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