Candidato del centrodestra a Roma. Meno sondaggi, più logica

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28 Gennaio 2016

Il sondaggio IPR, pubblicato qualche giorno fa su Il Tempo, ha aperto una “rumorosa” discussione sulle primarie e in generale sul peso specifico del centrodestra a Roma.

Quella rilevazione ci dice diverse cose, ma va presa con le dovute cautele.

La prima riguarda proprio il sondaggio come strumento di indagine sulle intenzioni di voto. Tecnicamente, la rilevazione di IPR ha un margine di errore del 3.3%. In realtà sappiamo che ormai l’errore è molto più ampio. Non perché i sondaggisti non sappiano fare il loro lavoro, bensì perché gli elettori cambiano idea di continuo. Circa un terzo decide se e cosa votare il giorno stesso delle elezioni. In pratica, un tempo eravamo noi a essere molto più prevedibili e di conseguenza i sondaggi erano più attendibili. Oggi la volatilità elettorale regna sovrana e l’elettore psicolabile (cit. Marcello Veneziani) si prende gioco dei sondaggi, dei partiti e prima ancora di se stesso.

La seconda cautela ha a che fare col fattore tempo. È inevitabile che i risultati di oggi possano essere molto diversi dai risultati che avremo tra 4 mesi, in piena campagna elettorale, con tutti i candidati in campo e con la bagarre mediatica che accompagnerà, tra le altre cose, il processo su Mafia Capitale.

La terza riguarda i protagonisti. Ad oggi, gli unici candidati sicuri sono Marchini e Giachetti (che peraltro dovrebbe passare per le primarie). Non sappiamo quali e quanti candidati avrà Giachetti – se vincerà le primarie – alla sua sinistra. Né chi sarà il candidato M5S. Per il centrodestra abbiamo almeno quattro scenari, alquanto diversi tra loro.

La quarta chiama in causa la strutturazione del sondaggio, che non ci dice come andrebbero a finire, in base alle intenzioni di voto odierne, gli eventuali ballottaggi. E quest’ultima è una cautela importante in un’elezione a doppio turno quale quella per il Sindaco.

Dando per buona la previsione di IPR, Storace, Meloni e Marchini sarebbero tutti in grado di accedere al secondo turno. Ma quale potrebbe essere il loro rendimento al ballottaggio? Guardiamo alle recenti elezioni regionali in Francia, anch’esse svoltesi con un sistema a doppio turno. Il Front National ha portato ben 8 candidati su 13 al ballottaggio, 6 dei quali erano in testa al primo turno. Al secondo turno hanno perso tutti, comprese Marine e Marion Le Pen. È il destino dei candidati che scelgono un posizionamento “estremo”, radicale. O si è in grado di vincere al primo turno, oppure al ballottaggio si perde. Perché i candidati più trasversali hanno maggiori probabilità di allargare il proprio consenso. L’abbiamo verificato anche in “casa nostra” con (quasi) tutti i candidati a Sindaco del M5S vincenti al secondo turno. Candidati trasversali per definizione, in quanto non collocati né a destra né a sinistra, accomunati dall’ecumenico “tutti a casa”.

Se questa tendenza dei ballottaggi è vera – e la storia elettorale recente ci dice sia vera – l’unico candidato con buone probabilità di vittoria anche al secondo turno è Alfio Marchini, se appoggiato da tutto il centrodestra. Già oggi Marchini come candidato unitario vanta intenzioni di voto superiori a quelle degli altri. E in una campagna elettorale in cui inevitabilmente aleggerà lo spettro delle gestioni Alemanno e Marino e imperverserà la zuffa mediatica su Mafia Capitale, Marchini può solo incrementare i suoi numeri di partenza, data la sua estraneità. Per Meloni e Storace è verosimile il contrario, ossia che i numeri si riducano.

Il centrodestra, nonostante tutto (partiti pressoché polverizzati, mancanza di leadership unitaria, coalizione “forzata” e raffazzonata, esperienze di governo locale non proprio percepite come “esemplari”), ha la possibilità concreta di tornare a vincere a Roma. E ha a disposizione il miglior candidato possibile: civico, trasversale, con una lista propria accreditata del 7-10%, con un passato familiare di sinistra (il che può portare voti in un eventuale secondo turno contro il M5S). Il candidato ideale del “Partito della Nazione” pronto a fare le primarie nel centrodestra: un miracolo.

Eppure, ad oggi, questa scelta non è ancora avvenuta. Al contrario, c’è un balletto di nomi e di procedure di selezione pressoché infinito (primarie si, no, aperte, all’americana…). In questa snervante attesa, Marchini è anche obbligato a non esporsi: cosa risponderebbe alla domanda fatidica “lei corre per il centrodestra o da solo?”. Così facendo, rischia di perdere il vantaggio iniziale rispetto a Giachetti che è già in tour elettorale, giustamente.

È vero che l’elettore può cambiare idea fino all’ultimo, ma i partiti no. Sarebbe ora di decidere.

TAG: centrodestra, elezioni, mafia capitale, Marchini, Meloni, partito democratico, Roma, Storace
CAT: Partiti e politici, Roma

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