“Liberté, egalité, fraternité”, a casa mia e quando è possibile

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30 Giugno 2017

Ci si lamenta sui giornali dell’egoismo della Francia circa la questione degli immigrati  respinti a Ventimiglia a centinaia. Come se, una volta vinto Macron, i francesi provvisti per ciò stesso  di una nuova carica di idealismo, dovessero aprire Ventimiglia al mondo e consentire a quelli di Calais di andare dove pare loro. Non è così e non sarà così. C’è nelle grandi potenze come la Francia e gli Usa un doppio volto, come nelle religioni peraltro, uno idealista (o di misericordia pauperistica per le fedi religiose) e uno realista (o di compromesso con il potere per il cristianesimo), un doppio volto che si alterna secondo le circostanze come una doppia maschera veneziana  presso le leziose damine del Settecento.

La Francia si proietta nel mondo come la patria dell’Illuminismo e delle idee di fratellanza, ma come grande potenza, anche nucleare (che essa chiama “force de frappe”), ha logiche geopolitiche assolutamente ciniche e bare, andasse al potere anche un Jaurès redivivo. Ha un passato coloniale molto crudo, e detto per inciso non ha mai esaltato a differenza di altri film italiani meno “eroici”  la proiezione della “Battaglia di Algeri” (1966) di Gillo Pontecorvo, dove i militari francesi sono dipinti come oppressori verso il popolo  resistente e in armi. Ovviamente, altra ironia della storia, l’idealista Pontecorvo non poteva prevedere che quel popolo liberato dalla tirannide coloniale si trasformasse qualche decennio dopo in una pletora di sgozzatori coranici, si veda la vicenda del GIA (Gruppo Islamico Armato) degli anni ’90 che riguardò anche l’Italia con la strage di Djen-Djen (1994) dove vennero sgozzati sette innocenti marinai italiani.

La Francia è sospettata di essere dietro la strage di Ustica e come potenza geopolitica   ha combinato quel pasticcio in Libia in cui è intervenuta militarmente detronizzando Gheddafi e destabilizzando tutta un’area del mondo sottraendosi all’onere di  pagare alcuna conseguenza e procurando una lunga catena di guai all’Italia.

C’è un momento in cui un’idea si trasforma in una ghigliottina o in  una baionetta scriveva Balzac nelle “Illusioni perdute”. L’ideale armato genera giacobini dotati di volontà di potenza come il Garibaldi raccontato da Bianciardi (in da “Quarto a Torino”), ossia l’Eroe biondo  lungocrinito, “liberatore”,  che però spara sui contadini di Bronte che credevano fosse giunto il loro momento di libertà, come racconta Verga nella novella omonima.

E anche nel grande scenario mondiale l’America idealista raccontata in tutti i film di Spielberg è la stessa che considera il Sudamerica il proprio cortile di casa, che insedia un dittatore a Panama, invade Grenada e appoggia Pinochet contro Allende e ordisce con la CIA complotti in mezzo mondo, anche in Italia, al fine di mantenere la propria presa sull’orbe terracqueo dove pare voglia esportare la sua grintosa democrazia.

“Illusioni perdute” potrebbe essere il sottotitolo del bel libro che Luciano Canfora dedica a Carlo Botta, lo storico piemontese che si innamora delle idee giacobine salvo poi scoprire che quelle idee sulla propria pelle fanno molto male, soprattutto quando sotto l’impulso della realpolitik del Direttorio si trasformano in mera volontà di potenza. Scrive Canfora con il realismo dello studioso e tuttora estimatore (certo “realisticamente” e “storicamente”) degli esiti del comunismo sovietico, nella prefazione al libro che intitola significativamente “Il giacobino pentito” (2011).

«Nessuno può sperare di vedere le dinamiche storiche svolgersi allo stato puro, cioè depurate dall’ingombrante asprezza del fattore umano, dell’impiantarsi degli egoismi individuali dentro un progetto ideale. E il fatto che proprio il Direttorio emanasse quelle disposizioni riservate e iper-realpolitiche ai suoi generali è una prova in più della ingenuità dei sognatori di una storia senza scorie e per la quale soltanto, poiché “pura”, ci piacerebbe impegnarci».

Sunt lacrimae rerum, e la ragione della forza pare trionfare sempre sulla forza della ragione in questo basso mondo.

 

TAG: Francia, Giacobini, Giuseppe Garibaldi, Luciano Bianciardi, Luciano Canfora, realpolitik
CAT: Storia

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