Nell’era delle foibe, lo scandalo di una squadra triestina nel calcio jugoslavo

9 Febbraio 2016

«Allo stadio [di San Sabba] l’Amatori Ponziana farà oggi la sua prima comparsa davanti al pubblico triestino ospitando per il massimo campionato jugoslavo la squadra dell’Hajduk di Spalato». Così titolava “Il Corriere di Trieste” del 22 dicembre 1946. Eh già perché nel dopoguerra, per tre anni, caso probabilmehte unico nella storia dello sport, Trieste ebbe due squadre di serie A: una che militava nel campionato italiano, la Triestina, e l’altra nella massima divisione jugoslava, l’Amatori Ponziana. Nello stadio Comunale, a San Sabba, a due passi dalla Risiera, l’unico lager nazista in Italia, arrivavano una settimana la Juventus o il Milan e la settimana dopo la Stella Rossa di Belgrado o la Dynamo di Zagabria. Nel Giorno del ricordo della foibe dell’esodo (10 febbraio) vale la pena ricordare anche questa storia che oggi fa sorridere, ma al tempo venne vissuta come un vero e proprio dramma. Una storia sconosciuta per molti anni (non a caso: nessuno ci teneva a raccontarla). Il primo a farla uscire dall’oblio è stato un giornalista triestino, Giuliano Sadar, che nel 2003 ne ha scritto in un libro: “Una lunga giornata di bora”. L’anno scorso uno studente dell’università di Bologna, Nicolò Falchi, dedica la sua tesi di laurea a: “Il calcio di confine. Il caso di Trieste”.

L’Amatori Ponziana era nato su iniziativa e con finanziamenti di Belgrado, in contrapposizione alla Triestina, sulla quale si era invece steso il mantello protettivo della Democrazia cristiana. L’uso politico dello sport non era affatto una novità, già in epoca asburgica se ne faceva abbondante utilizzo. Le prime squadre di calcio di Trieste nascono nel 1906: una tedesca, Eintracht, e una boema, Blackstar. Qualche tempo dopo ribattono gli irredentisti italiani, creando l’Edera (la polisportiva Edera era però del 1904), e nel 1912 viene fondato il Ponziana. Quest’ultima è la squadra del quartiere di San Giacomo, operaio, multietnico e socialista. La Triestina nascerà soltanto nel dopoguerra, il 18 dicembre 1918, con il chiaro intento di sottolineare il carattere italiano della città.
Passano il fascismo, la guerra successiva, e il 1° maggio 1945 entrano a Trieste le truppe jugoslave, seguite da quelle neozelandesi alle quali si arrende l’ultimo nucleo di tedeschi in armi che resisteva all’interno del tribunale. Il 12 giugno 1945 si insedia il Governo miltare alleato, il 10 febbraio 1947, dopo la firma del trattato di Parigi, si crea il Territorio libero di Trieste, una specie di staterello amministrato parte dagli anglo-americani (zona A), parte dagli jugoslavi (zona B). Lo status della città è incerto e ognuno gioca le sue carte. Non è un mistero che Tito voglia annettere Trieste alla Jugoslavia e avere una squadra triestina che giochi nel proprio campionato sarebbe un buon colpo propagandistico. Detto, fatto.

Il Ponziana, compagine operaia e comunista, milita in serie C. Alcuni giocatori si sentono fare una proposta allettante: «Vuoi giocare in Prima divisione?» Nel caso avessero accettato, si sarebbero visti sestuplicare lo stipendio: da 5 a 30 mila lire al mese. Non viene loro specificato che si tratta sì della serie A, ma non di quella italiana, bensì della massima divisione jugoslavia. Qualcuno risponde affermativamente, qualcuno no. Avviene di fatto una scissione e nasce l’Amatori Ponziana, maglia bianca con fascia orizzontale azzurra, che esordisce nel campionato 1945-’46. Nella prima partita a Belgrado, contro la Stella Rossa, rimedia una sonora batosta: 7-1.
Il Gma guarda con sospetto la cosa. Non vorrebbe che le associazioni sportive cittadine abbiano legami con le federazioni nazionali e siano iscritte nei rispettivi campionati. Quindi impone che la Triestina giochi a Udine e l’Amatori Ponziana disputi quasi tutte le partite in Jugoslavia. Gli incontri ufficiali sono ancora pochi, l’Amatori Ponziana gioca parecchie amichevoli e perde quasi sempre. Tra l’altro i giocatori devono sobbarcarsi lunghissime trasferte in treno, lungo linee ferroviarie spesso ancora interrotte a causa dei passati combattimenti. Possono metterci giorni per andare e tornare a Trieste.
Per il campionato successivo bisogna rafforzarsi, i soldi non mancano: paga Tito. Il primo a ricevere una telefonata è un triestino che gioca a Legnano, Ettore Valcareggi, fratello meno noto e più brocco del celebre Ferruccio (sarà l’allenatore della nazionale italiana a Messico ’70, quello di Italia-Germania 4-3 e della finale persa col Brasile di Pelè). Nella squadra della provincia di Verona ha un ingaggio di 300 mila lire, a Trieste gli offrono un milione. Non ci pensa due volte e torna a casa. Lo seguiranno altri triestini che giocano in varie squadre italiane. Inoltre il governo di Belgrado mette a disposizione della squadra un vagone ferroviario sempre in attesa nella stazione di Lubiana e un piccolo aereo per le trasferte più lontane.

spalato

Il Gma ha concesso alla Triestina di giocare a Trieste, e quindi non può negare che lo stesso accada per l’Amatori Ponziana. Le due squadre utilizzano lo stadio Comunale; quando il calendario sovrappone gli incontri, si tira a sorte chi giocherà lì e chi no. La partita d’esordio del campionato 1946-’47 è quella citata all’inizio: Amatori Ponziana-Hajduk Spalato, vinta per 1-0. La squadra ha mediamente 4-5 mila spettatori, ma quando arrivano i grandi nomi jugoslavi si moltiplicamo. Fa il botto la partita con la Stella Rossa Belgrado che richiama allo stadio 12 mila spettatori. In questo caso, però, il 16 marzo 1947, l’Amatori Ponziana perde, per 1-0. Le aveva prese sonoramente anche il 12 gennaio 1947, dalla Dynamo Zagabria, 4-0 in casa.

Alla popolazione di lingua italiana quell’andarivieni di squadre con la stella rossa di Tito non piace affatto. Negli uffici girano circolari che «sconsigliano» di andare allo stadio a vedere l’Amatori Ponziana. Scrive “Il Lunedì” del 7 luglio 1947: «C’è stato qualcuno che, tradendo la nostra causa, ha introdotto il cavallo di Troia del campionato jugoslavo nel chiuso fortilizio della nostra italianità. Pensavate che anche gli slavi, poverini, avevano il diritto a giocare le loro partite. Perché non vi siete opposti a tutte quelle altre penetrazioni che costituiscono un pericolo reale e non sono una cosa innocua come le partite dell’Amatori Ponziana?»
I giornali rispecchiano le divisioni della città. “Il Piccolo” su posizioni nazionaliste filoitaliane tace: neanche menziona le partite dell’odiata squadra jugoslava. Le riporta, invece, “Il corriere di Trieste”, quotidiano autonomista e favorevole al Tlt. Ovviamente le esalta il “Primorski Dnevnik”, quotidiano di lingua slovena e filojugoslavo.
Più distesi i rapporti tra i giocatori: si considerano colleghi. Nereo Rocco (già Rok, di origine slovena, cognome italianizzato dal fascismo), che in quegli anni allena la Triestina, fa disputare partitelle di allenamento infrasettimanali fra le due compagini della città. Una volta sospende l’incontro perché i giocatori stanno cominciando ad andare giù duri.

Il campionato, però, va male per entrambe le squadre. La Triestina arriva addirittura ultima. Dovrebbe andare in B, ma non è cosa. Viene reinserita in serie A per decisione politica, allargando il campionato italiano da venti a ventuno squadre. Il 23 giugno 1947 “L’Espresso” afferma: «Non deve retrocedere la squadra alabardata. Se essa è l’ultima in classifica è però la prima nel cuore e nel sentimento degli italiani.»
L’Amatori Ponziana è arrivato decimo, ma anche al suo orizzonte si profila la B. Così come viene salvata la squadra italiana, altrettanto accade con quella jugoslava. Il campionato successivo, arriva terz’ultima. Ma la politica l’ha fatta nascere, la politica decreta la sua fine. Spiega Sadar che quando Tito lascia il Cominform, nel 1948, il significato politico di avere una squadra italiana nel campionato jugoslavo, viene meno. E così la singolare posizione di Trieste con due squadre nella prima divisione di due stati diversi, svanisce nel nulla. L’Amatori Ponziana ha disputato tre campionati. Nel 1949 i due Ponziana si riuniscono e l’Amatori sparisce. Nel Ponziana giocherà Fabio Cudicini, futuro portiere Roma e Milan, ed esordirà di Giovanni Galeone, futuro allenatore di serie A, la società si scioglie nel 2015, mentre lo Stella Rossa Belgrado torna a giocare a Trieste, non proprio in città, ma nella vicina Basovizza, per un’amichevole contro lo Zarja disputata pochi giorni fa, il 26 gennaio 2016 e vinta con un funambolico 10-2.

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CAT: Storia

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