Cronaca della notte di Monaco di Baviera

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23 Luglio 2016

Secondo un sondaggio della televisione pubblica ZDF di ieri mattina, 22 luglio, il 77% dei tedeschi si aspettava un imminente attacco terroristico in Germania.

Quando, proprio ieri, arriva la notizia che alle 17.52 sono stati esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco nel centro commerciale Olympia di Monaco di Baviera, la sensazione nel paese è quella di una drammatica conferma della paura. Alla fine, si dovranno piangere 9 vittime, tra cui diversi adolescenti, e 16 feriti, tra cui diversi bambini.

I FATTI E LA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE DA PARTE DELLA POLIZEI

Fin dai primi minuti, la Polizei di Monaco tratta l’emergenza come un caso di attacco terroristico, facendo scattare la massima allerta, circondando la zona degli spari, fermando i trasporti pubblici, interrompendo e deviando il traffico nell’area.
Al tempo stesso, la Polizei applica subito una strategia di enorme cautela nella gestione delle informazioni, offrendo un continuo canale di comunicazione alla stampa e alla cittadinanza, ma invitando costantemente a non speculare sull’accaduto e a lasciare il tempo alle forze dell’ordine di concludere le proprie operazioni.

Nelle prime ore della sera, la sola concreta informazione, cruciale, è quella secondo cui durante l’assalto avrebbero agito “fino a tre attentatori”, che sarebbero potuti essere ancora in fuga in città. Per questo motivo, l’intera cittadinanza del capoluogo bavarese viene invitata a non muoversi dalle proprie case. Durante la notte, però, questa informazione della Polizia si delineerà come una precauzione operativa, fondamentale per poter operare nell’area e stabilire che il numero degli attentatori di Monaco si sia in realtà limitato a un solo individuo.

Com’è immaginabile, la costante domanda degli organi d’informazione è quella in merito alla natura dell’assalto, a partire da un’eventuale matrice jihadista o, comunque, d’ispirazione islamista.
Su questo punto, però, la Polizia è in grado di stemperare con rara efficienza ogni tipo di eccessiva speculazione. Se non esistono ancora dati sufficienti per giudicare concretamente l’operato delle forze dell’ordine sul campo, dal punto di vista del management della comunicazione la Polizei di Monaco ha già ricevuto un unanime plauso dalle varie parti politiche e da ampi settori dell’opinione pubblica.
Durante l’intera notte, infatti, uno dei pochi punti fermi nel pieno della confusione sono stati proprio i canali social della Polizia, che ha anche twittato in più lingue straniere. Canali a cui si sono aggiunte le dichiarazioni live del portavoce della Polizia di Monaco, Marcus da Gloria Martins, che ha costantemente dialogato con la stampa e le televisioni, pur restando saldamente ancorato all’estrema cautela in merito a modalità e motivazioni dell’attacco all’Olympia.

Alle ore 01:25 i mezzi pubblici di Monaco ricominciano a muoversi, segno che l’operazione di ricerca della Polizia è conclusa. Alle ore 01:30 la Polizia dichiara ufficialmente che l’attacco è stato eseguito da un solo attentatore, che si sarebbe tolto la vita, poco dopo aver aperto il fuoco in un McDonald e in altri spazi del centro commerciale. Il corpo del presunto omicida sarebbe stato ritrovato in prossimità dell’Olympia.
Il suo nome verrà più tardi comunicato come David S., ma la Polizei, alle 2:25 di notte, dichiara unicamente di aver identificato un giovane “tedesco-iraniano di 18 anni”, residente a Monaco. Poco dopo, le squadre speciali SEK perquisiscono la casa del presunto attentatore, che viveva con i genitori nel quartiere di Maxvorstadt.

I DUE VIDEO ATTORNO AI QUALI SI MUOVE L’INFORMAZIONE DURANTE LA NOTTE

Mentre la Polizia raccoglie materiale video e testimonianze da quelli che definisce “più di 100 testimoni oculari”, dal punto di vista giornalistico, oltre alle dichiarazioni della stessa Polizia, sono due i video che contribuiscono a delineare quanto sarebbe accaduto. Su questi due video va a svilupparsi la narrazione dei fatti da parte dei maggiori organi d’informazione.

I due video dell’orribile attacco compaiono velocemente in rete e, fino a una possibile prova contraria, possono essere considerati autentici.
Nel primo video si vede il presunto attentatore uscire da un McDonalds e sparare freddamente sulle persone in fuga.
Nel secondo video, forse il più trasmesso durante l’intera notte di venerdì, il presunto attentatore discute animatamente con un uomo (o forse due) allarmati dalla sua pistola. Il giovane si aggira in stato confusionale sul tetto di un edificio, mentre i suoi interlocutori alternano grida e insulti nei suoi confronti. Volendo utilizzare i due video per fare informazione, ci sono alcuni punti che avrebbero potuto aiutare un’analisi fattuale:

– In entrambi i video si vede agire la stessa persona. Durante l’intera serata, a parte le comunicazioni operative e precauzionali della Polizia, non emergono elementi che suggeriscano che a operare sia stato un commando terroristico.
– Le modalità d’azione del presunto attentatore nei due video palesano fin da subito una scarsa professionalità. Si tratta di un dettaglio sgradevole da approfondire, ma che ha potuto suggerire che non ci si trovasse di fronte a un assassino addestrato o al membro di una cellula terroristica. Come fa velocemente notare un esperto di antiterrorismo sulla televisione tedesca N24, la stessa posizione in cui l’omicida maneggia la pistola è indice di una certa improvvisazione. Questo, purtroppo, non significa affatto che le conseguenze del suo atto non siano state orribili e sconvolgenti.
-Nel secondo video, il presunto omicida parla apertamente di questioni personali, dall’essere cresciuto con il sussidio a quelle che sembrano essere state delle cure psichiatriche. Una discussione che trasmette elementi di un profondo blackout psichico e che sembra aver poco a che vedere con motivazioni immediatamente politiche, integraliste o ideologiche dell’orribile strage. Certo, i confini in questo senso sono sempre più labili di quanto si creda, ma, come detto sopra, preparazione militare e appartenenza a un network sono due discrimanti da considerare quando si parla di terrorismo internazionale.
-Nel secondo video, il presunto omicida dichiara “Io sono tedesco”, ma aggiunge anche, pochi secondi dopo “sono nato in Germania”. Una precisazione, la seconda, che può essere considerata tipica di chi ha la cittadinanza tedesca, pur provenendo da una famiglia straniera. Sottolineare questo dettaglio sembra scorretto, ma sarebbe stato utile tenerne conto, soprattutto in Italia, in cui, invece, si è deciso di usare il video per avventurarsi in titoli che saltavano dall’estremista islamico al tedesco nazista che odia gli stranieri.
-All’inizio del secondo video, il presunto omicida dichiara “ora ho dovuto comprarmi un’arma”. Un altro dettaglio che sembra confermare l’azione solitaria e non particolarmente organizzata del giovane. Un’arma, una pistola, che, nonostante voci discordanti, potrebbe essere stata la sola arma della strage.

Ovviamente, i due video sono solo una parte dei dati in merito agli omicidi di Monaco e non possono essere considerati minimamente esaustivi, da qualsiasi punto di vista. Eppure, come detto, sono le due maggiori fonti usate per indagare i fatti durante la notte. Purtroppo, però, soprattutto in Italia, il secondo video è stato utilizzato estrapolando frasi (talvolta addirittura tradotte male) e rendendo ancora più confuso lo scenario della tragedia.

Se, durante lo svolgersi degli eventi che seguono l’assalto omicida, l’informazione in Germania si adegua alla strategica cautela delle forze dell’ordine, in Italia si sceglie di aggiungere dettaglio su dettaglio, ipotesi su ipotesi. Un grande calderone di cui, dopo la mezzanotte, è difficile comprendere il senso o l’utilità.
Per intenderci, a un certo punto, sulla homepage di uno dei maggiori giornali italiani, la strage di Monaco è forse islamista, fatta da tre elementi di un commando, anzi il colpevole è uno straniero che però “è tedesco”, che avrebbe urlato “Allah è grande”, ma anche imprecato contro gli stessi stranieri e i turchi, essendo forse ispirato dall’anniversario dei terribili fatti di Utoya, in Norvegia. Forse, nelle prossime ore, almeno una delle circostanze verrà confermata, ma dirne cento per indovinarne una non sembra il metodo più professionale per informare su tragedie di tale gravità e intensità.

In quanto alle diverse riviste o quotidiani italiani ed europei che, a nemmeno due ore dalla strage, hanno parlato esplicitamente di un commando jihadista che avrebbe attaccato Monaco, non resta che l’imbarazzo.
Proprio perché quella di attacchi terroristici da parte di cellule islamiste è, in questi mesi, una circostanza più che verosimile, cercare di perseguire la precisione, seppur nell’indeterminatezza, dovrebbe essere un obiettivo costante.

IL GOVERNO HA ORA IL COMPITO DI DARE RISPOSTE CHIARE

Dopo la cautela operativa delle prime ore, adesso il compito della Polizia e del Governo è di dare risposte chiare e precise su quanto sia avvenuto, sia per quanto riguarda le reali motivazioni dell’attentatore sia per le complete dinamiche fattuali in cui gli omicidi sono avvenuti.
Per intenderci, in Germania non andrebbe seguito l’esempio offerto della Polizia e dal governo francesi dopo i terribili fatti di Nizza degli scorsi giorni.
Un veloce, efficace e non evasivo approccio alla vicenda è cruciale per gestire i fatti di Monaco in modo politicamente e socialmente responsabile.

TAG: terrorismo
CAT: Terrorismo

Un commento

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  1. claudio-farina 8 anni fa

    La Süddeutsche Zeitung pubblicava ieri in seconda pagina un dato molto interessante: su più di 100 segnalazioni di testimoni oculari pervenute alle forze dell’ordine, 80 si sono rivelate false o ingannatorie, con un notevole aggravio sul numero di interventi inutili resisi necessari a carico della Polizei per la verifica di queste segnalazioni. Ciò ha contribuito anche al corto circuito comunicativo e mediatico, secondo il quale la stessa Polizia ha inizialmente segnalato la presenza di terrroristi armati con armi a canna lunga sui tetti degli edifici adiacenti al luogo della strage. Su questo ha influito, oltre che l’azione dei mitomani, anche la presenza nei luoghi caldi della città di molti agenti in borghese, non facilmente riconoscibili dalla popolazione ma palesemente armati e quindi spesso scambiati per terroristi. E’ questo un punto caldo ricordato anche in chiusura di prima pagina, individuato come un possibile tema di dibattito, ricordando la parola d’ordine fatta circolare venerdì sera dal capo della LKA (il servizio investigativo nazionale) che prevedeva l’azione immediata da parte della Polizei senza porre alcun interesse all’abbigliamento indossato.

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