Da Berlino a Milano: le notizie ufficiali sulle indagini

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30 Dicembre 2016

Mentre anche in Italia si indaga sui contatti e gli spostamenti del tunisino Anis Amri e vengono vagliate le immagini delle telecamere delle stazioni individuandone il passaggio, in Germania i media nazionali assolvono l’operato dei servizi segreti indicando che piuttosto che di fallimento si deve parlare di sfortuna. La Süddeutsche Zeitung scrive che Amri anche dopo il termine di un regime di osservazione continua protrattosi per mesi era comunque restato nel radar delle autorità che avrebbero steso un rapporto su di lui ancora pochi giorni prima del gesto terroristico. Gli inquirenti avrebbero saputo -scrive il quotidiano- addirittura tutte e 15 le moschee che Amri aveva frequentato. Solo non lo ritenevano capace di un attentato. La ARD titola a sua volta nel suo canale internet “Né inefficienza dello Stato, né delle autorità”. L’attentato di Amri non era probabilmente prevedibile cita Michael Götschenberg della rete televisiva nazionale. Egli riporta che nel Centro antiterrorismo si era parlato del caso Amri 7 volte prima dell’attacco al mercatino di Natale. Gli investigatori sapevano che il 24enne tunisino aveva già ricercato in internet informazioni su come costruire una bomba, ma in assenza di conferme concrete l’osservazione continua doveva essere interrotta per legge, nondimeno lo tennero comunque d’occhio.

Francamente desta qualche perplessità comunque che un uomo così sistematicamente tenuto nel radar dei servizi segreti, che gli avevano anche affiancato un informatore, sapesse guidare un camion senza che gli investigatori lo avessero individuato.

Resta poi il fatto, come rileva anche la SZ, che i responsabili dell’immigrazione in Nord Reno Vestfalia dopo il rigetto della domanda di asilo avrebbero dovuto intervenire notando che Amri risiedeva a Berlino, fuori dal Land.

In questo clima di incertezze la Procura Generale tedesca ha dato nella giornata di giovedì 29 dicembre 2016 alcune indicazioni sulle prime risultanze investigative:
• il filmato di affiliazione di Amri all’ISIS viene ritenuto autentico;
• il cittadino 40 enne di origini tunisine fermato mercoledì (ne ha riferito tra gli altri Repubblica) perché creduto essere stato un contatto di Amri in virtù di un numero telefonico registrato sul cellulare di quest’ultimo, è stato rimesso in libertà in quanto estraneo ai fatti;
• Anis Amri prima di entrare in Francia è probabilmente transitato dall’ Olanda, stante che aveva un sim card telefonica distribuita gratuitamente attorno a Natale in quel Paese;
• la salma del camionista polacco Lukasz Urban, prima vittima dell’attentatore, non presentava come inizialmente indicato ferite di arma da taglio, ma  è comunque morto poco prima dell’attentato, gli è stato sparato un colpo calibro 22, dati precisi però sono rimandati alla divulgazione degli esami autoptici in gennaio. Intanto è stata trasmessa alle autorità italiane un’impronta del proiettile usato per freddarlo perché si possa verificare se l’arma usata da Amri per ferire l’agente Christian Movio, una pistola Erma di fabbricazione tedesca calibro 22, fosse la stessa;
• il camion Scania R 450 usato per l’attentato era dotato del sistema avanzato di frenata d’emergenza EABS e potrebbe essersi fermato prima grazie ad esso, altrimenti ci sarebbero potute essere ancora più vittime.

In verità quest’ultima tesi è messa in dubbio dall’amministratore della Associazione federale tedesca del trasporto merci, logistica e smaltimento BGL Karlheinz Schmidt alla SZ, il quale ipotizza che invece Amri possa essersi gettato nel mercatino con la marcia troppo alta e rallentato dagli urti contro i chioschi il motore si sarebbe spento. L’influenza dell’EABS potrebbe infatti essere superata, specifica il quotidiano tedesco, sia premendo semplicemente l’acceleratore, sia escludendo a priori il sistema elettronico.

TAG: Anis Amri, Berlino, Germania, isis, milano
CAT: Terrorismo

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