Andrea
Dusio

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Milanese, 1970, vive tra Roma e Milano. Ha scritto per Diario, Il Nuovo, Giudizio Universale, Il Giornale, Linkiesta, Pagina 99, Rockerilla. Collabora con le testate b2b del gruppo Tespi. Per Culture si occupa di progettazione e curatela di interventi nel settore cultura. Appassionato maniacale di ciclismo, atletica e sci, dal 1978 è ininterrottamente allenatore in [...] pectore della Beneamata, di cui compone e ricompone senza sosta la formazione ogni notte da mezzanotte all'alba

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Ultimi commenti

Pubblicato il 17/03/2018

in: L’ombra di Moro nelle parole di Maurizio Martina

Ma non è che le è scappato un titolo un cicinino (non so de dossettiano) esagerato? Oggi all'Aventino si va in trattoria, tutti assieme, Lega Pd e Cinque Stelle, se in comitiva praticano lo sconto,

Pubblicato il 04/12/2017

in: “Sugli scali liberiamoci della venerazione per l’ennesima archistar”

non ho seguito tutta la discussione ma non mi ritrovo troppo nella sintesi del titolo. La questione non è a quale punto della scala di celebrità degli studi di architettura individuare il modus operandi corretto ma la difficoltà a generare processi partecipativi che non siano meri strumenti di creazione di consenso ex post su [...] quanto si sta facendo. Qualche anno fa in un libro su Milano ponevo la questione dell' "in between" (un malato dei Cure non poteva che porre così il paradigma della trasformazione urbanistica). Non si tratta tanto di cambiare i progettisti ma l'idea di progettazione urbana, facendola diventare uno strumento open source. Milano è pronta a farlo, ma per farlo ha bisogno di archistar, buoni progettisti giovani e una traduzione pratica di diversa efficacia degli spunti che vengono prodotti dai processi partecipativi dal basso

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Pubblicato il 25/01/2016

in: Nardella che a Firenze applica le idee della Lega è la linea del PD nazionale?

Abitando in una via dove in un anno hanno aperto otto minimarket indiani in trecento metri approvo cosa ha fatto Nardella, e lo approverei anche se il regolamento dicesse che per aprire un'attività bisogna essere alti un metro e ottanta. Non per il degrado in sé, ma perché non mi sono chiari i perimetri [...] entro cui si muovono queste realtà e ho l'impressione (impressione, non ho notizie fondate in tal senso) che operino come misteriosi gruppi d'acquisto in cui la liquidità ha provenienze boh e la rotazione delle merci logiche di racket. Le nostre città non hanno molto da guadagnare dalla moltiplicazione di queste attività, e se non sono un pericolo sociale diretto certamente rappresentano una minaccia per la tenuta (non parliamo d'integrità che tanto si è fottuta da vent'anni) del tessuto commerciale

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Pubblicato il 20/01/2016

in: L'antipatico, l'ovvio e lo sbagliato: SarriMancini e l'omofobia nel calcio

Buongiorno Tom, parlo della quarta ginnasio e dunque del primo anno del quinquennio del classico. A quell'epoca esisteva una convergenza tra Fronte della Gioventù e paninari, convergenza che appunto non era un'assimilazione, come l'episodio che ricordo dimostra. Ma al Beccaria c'era un gruppo di panozzi sanbabilini in un senso e nell'altro. Limitato nel numero ma [...] piuttosto deciso nelle azioni: ricordo lanci di uova durante le ore di assemblea studentesca in aula magna e altre azioni. Se ricordo bene nel 1985 si presentarono anche alle elezioni di istituto-e d'altronde si figuri, per dire che i tempi sono molto lontani, che il leader della componente cattolica vicina a Cl era Guido Meda, l'aedo delle gesta di Valentino Rossi...

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Pubblicato il 20/01/2016

in: L'antipatico, l'ovvio e lo sbagliato: SarriMancini e l'omofobia nel calcio

a me invece, che la curva dell'Inter l'ho frequentata solo un paio di volte perché antisemitismo e razzismo mi facevano orrore, questa storia ricorda un episodio dei tempi del liceo. In quarta ginnasio (dunque quando eravamo dei primini) avevo due compagni volponi che si mettevano alla finestra e facevano a gara a ciccava più lontano. [...] Prova e riprova, sputa e risputa, beccano in testa uno dei paninari più incazzusi di tutto il Beccaria, tale Moro, amico del temutissimo Vinciguerra, esponente di spicco del Fronte della Gioventù milanese. Moro sale al terzo piano, attacca uno dei due al muro. E quello coraggiosissimo indica che a ciccare è stato l'altro. E quello si prende uno schiaffone che lo fa girare come la porta dell'Hilton. Indignati per quell'atto fascista andiamo dai responsabili della sinistra del beccariota. Quelli più cazzuti, che nelle manifestazioni giocano ancora a fare il servizio d'ordine. Gli raccontiamo i fatti e loro decidono di prendere Moro tra il lusco e il brusco e regolare i conti. Il mattino dopo andiamo a chiedere com'è andata. "Moro? Ma no, Moro è a posto, ha il piumino Ciesse solo perché va a sciare, ci ha detto che è cossuttiano". Parafrasando: non è che con Sarri andiamo morbidi perché il passato operaio, le buone letture, gli attestati di fede comunista condizionano i giudizi? Il nostro è recidiva, perché è il tipico prodotto del calcio minore secondo cui il calcio non è uno sport da signorine. Maurizio Sarri è un uomo intelligente? Maurizio Sarri sino a prova contraria è uno dei tanti, per intelligenza, visione, capacità professionali, dentro fino al collo alla retorica dell'uomo di campo (alla retorica, non alla realtà). Roberto Mancini, l'antipatico, il sovrastimato, ha fondamentalmente un difetto: essere un fenomeno. A 17 anni esordiva in A come una delle più promesse del calcio italiano. E nella carriera si è confermato dei cinque maggiori giocatori italiani degli ultimi trent'anni. Da allenatore è il più titolato della serie A, l'unico con un collaudato profilo internazionale. Paga le pashmine e i capelli lunghi, che nel mondo virile del calcio (e non solo, fatevelo dire da uno cui riccioli e sciarpette hanno sempre zavorrato il curriculum) vengono guardati da sempre in un certo modo. Al di là del fatto di essere recidivo, Sarri non ha sparato nel mucchio né tanto meno buttato lì un insulto a vanvera. Vada per l'attenuante generica del momento particolare della gara, ma le sue parole sono state chirurgiche e mirate. A fine gara ha spiegato che avrebbe potuto anche dire "democristiano". Non è vero, al di là del fatto che gli uomini si giudicano per gli atti, non per le intenzioni. Ha detto frocio e finocchio perché è esattamente questo che voleva dire a Mancini. E che l'insulto sia andato a segno lo dimostra il fatto che da ieri sera i siti beceri di calcio-fate un giro sui motori-si chiedono se il Mancio sia davvero gay, citando il suo divorzio come prova a favore e i figli come prova contro. Viviamo in un Paese di merda e Maurizio Sarri-operaio, compagno, lettore di John Fante, è solo un perfetto esemplare di Italiano medio.

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