Debora
Malaponti

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Debora è Creative Solutions Consultant per un'agenzia di comunicazione inglese partner di diversi media internazionali e Gli Stati Generali. Africanista di formazione, ha studiato e lavorato in Africa Sub-Sahariana, Europa e Asia come giornalista free-lance, ricercatrice e responsabile editoriale. Dopo 10 anni di vagabondaggio, ha deciso di imparare a stare nel momento, più che in [...] uno spazio. Il suo motto è: guardarsi indietro solo per prendere la rincorsa.

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Ultimi commenti

Pubblicato il 01/08/2016

in: Pubblicità e giornalismo. E' arrivato il momento di cominciare a dirci la verità

Ciao Leonardo, grazie per il tuo articolo che trovo confuso in alcuni punti. Da sempre ai giornalisti gli uffici stampa corrispondono regalie di vario tipo. Ciò che è cambiato sono forma e livello di "segretezza" della moneta di scambio. Oggi si offre rimborso spese viaggio e alloggio, ieri buste bianche con favolosi weekend per due [...] si materializzavano sulle scrivanie delle redazioni. La questione dell'indipendenza si poneva prima come si pone adesso. Altro sono invece i contenuti sponsorizzati la cui realizzazione e pubblicazione segue a un accordo preciso tra le marche + relativi uffici stampa e le divisioni marketing degli editori. Il paradosso è che nonostante sia più diffusa oggi la pratica di pagare spese di trasferta e alloggio ai giornalisti, è invece molto più difficile per le marche uscire sui giornali.

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Pubblicato il 06/06/2015

in: La retorica del «gratis è bello» che scalda i cuori di Jovanotti e Luca Sofri

Caro Michele, grazie di questo articolo con cui mi trovo d'accordo fino ad un certo punto. E' vero "il lavoro per i giovani è una ferita che sanguina", ma la finta morale della dignità del lavoro come risposta in automatico a domande che dovrebbero indagare altro - Come sta cambiando il mondo? Io giovane cosa [...] scelgo per me? Quale visione voglio realizzare nella mia vita? - sono la vera condanna di una generazione e di una grossa parte di un paese che recita ogni giorno in ogni luogo la litania del lamento. Io mi ricordo sempre di quella volta che la mia vicina italo-americana cresciuta in Pennsylvania, parlando di come scrivere un CV in USA, mi disse che il fratello minore, nel suo, menzionava il fatto che adolescente tagliava l'erba di casa sua dietro compenso minimo del papà. Il lavoro è una tensione, lo strumento attraverso cui l'individuo si afferma nella società dispiegando e potenziando i suoi talenti e le sue capacità. Il self made man è protagonista della sua vita contro le avversità. In Italia il lavoro è una necessità: se e finché non hai bisogno di lavorare, non lo fai. Fine. Nella cultura piccolo-medio borghese svolgere small jobs in età adolescenziale e anche oltre non aggiunge, anzi, è fortemente controproducente per quelli che si spaccano lavorando per fare il salto da una classe sociale ad un'altra. Dal mio punto di vista, quello di una giovane laureata (prima nella sua famiglia) figlia di un'operaia metalmeccanica e di un carpentiere che lavora da quando ha 14 anni, è impensabile che un ragazzo a 24-25 anni finita l'università non abbia MAI lavorato nella sua vita e che lo stesso ragazzo rivendichi un posto di lavoro qualificato. Sì, siamo figli del benessere e i nostri genitori hanno la loro parte di colpe, ma ora è tempo per una generazione intera di maturare, di confrontarsi senza ipocrisia, di smetterla di farsi chiamare la generazione perduta perché davvero siamo noi individui a dover costruire il nostro futuro con impegno e perseveranza contro le avversità, così è sempre stato, in Italia e nel mondo, e lo sarà ancora. La rete s'infervora, ma dove va a finire poi tutta questa rabbia? Rimane incastrata nella rete e nel lamento complessivo di una generazione che non vuole saperne di crescere.

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