Francesco
Gadaleta
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Pubblicato il 20/04/2017

in: Il lavoro subordinato è morto

Personalmente non sono pienamente d’accordo con queste parole: è vero che una parte del mondo del lavoro sta cambiando, ma è altrettanto vero che c’è un bisogno profondo del concetto di subordinazione per un’altra parte di quel mondo, non esigua. L’industria 4.0 ha imposto cambiamenti, ma non tutta l’industria si è dotata di questo modello [...] organizzativo, probabilmente perché a certe realtà produttive non serve: il lavoro dipendente c’è ed è prestato da soggetti deboli oggi così come 30 anni fa. Basti pensare alle cassiere, agli operai metalmeccanici, ai commessi. Le idee di Ichino sono affascinanti, ma scontano forse una visione parziale dei problemi: la retribuzione, ad esempio, non è solo una sorta di premio assicurativo, ma contiene il corrispettivo della prestazione del lavoratore, nonché la componente minima. Perchè questo? Perchè il nostro ordinamento ritiene di dover proteggere i soggetti deboli, ritiene di non poter lasciare alla libera dinamica delle parti certi “affari”, perché il risultato sarebbe una corsa al ribasso dei compensi di questi soggetti deboli (basti vedere lo scandalo, a mio avviso, dei tirocini). Sarebbe più utile, allora, pensare a come tutelare i nuovi lavori senza, per questa via, abbattere le tutele per i lavori tradizionali. Il lavoro subordinato non è morto, forse qualcuno vuole ucciderlo. PS i dirigenti non godono esattamente delle stesse garanzie giuridiche, per esempio in tema di licenziamento; le buonuscite, poi, sono frutto di accordi tra le parti o previste dai contratti collettivi.

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