La realpolitik col culo degli altri

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26 Marzo 2020

Negli Stati Uniti si preparano all’emergenza. A modo loro. Con algoritmi morali che chiamano “linee guida”. Perché a lasciare i medici soli si fa peccato. Ma non tanto per ragioni di supporto psicologico, quanto per il timore di eventuali dispersioni delle risorse. Salvare le vite che contano meno, perché di questo si tratta, sarebbe uno spreco. Giuramento di Ippocrate e management non sempre si rivolgono la parola.

Il Tenessee, lo stato di Washington, lo stato di New York, lo Utah, il Colorado e l’Oregon invitano gli operatori sanitari a vagliare il livello di abilità fisica e intellettiva dei pazienti affetti da Covid-19. Per il Tennessee chi ha la distrofia muscolare deve rinunciare all’ospedalizzazione. Per il Minnesota cirrosi epatica, malattie polmonari e scompensi cardiaci escludono dalle liste per la respirazione artificiale. In Alabama i “disabili psichici” vengono definiti “candidati improbabili”. Nello stato di Washington si dà particolare rilievo alla “capacità cognitiva” nel fare selezione tra i rianimabili potenziali.

Più in generale, in situazioni meno orientate, in caso di terapia intensiva prossima al sold out, il criterio è vagliare se il paziente in attesa di ricovero sia disponibile a cedere il proprio posto a chi, da quadro clinico, ha più chance di sopravvivere oppure a chi, da quadro di inquietante definizione, ha “un maggiore valore per la società”. Una specie di suicidio meritocratico, con curriculum da esibire. Il meno meritevole per la società, in carne e ossa, deve cedere, sua sponte, il proprio letto d’ospedale al più meritevole astratto e condannarsi a morte. Non si sa bene in base a quali parametri, essendo le graduatorie esistenziali di merito piuttosto arbitrarie: gli Stati Uniti, almeno ufficialmente, non sono ancora uno stato etico.

Confidiamo in una pronta stesura di ulteriori linee guida, magari da divulgare in pratici opuscoli, che possano dirimere rapidamente i probabili dilemmi morali e psicologici dei pretendenti al sacrificio. Sebbene, per paradosso, da una prospettiva di tutela del tessuto comunitario, chiunque decidesse di sacrificarsi per il bene della comunità dimostrerebbe, de facto, di meritare un respiratore forse ancor di più dei meritevoli con autocertificazione.

Ricapitoliamo, dunque: i disabili, gli anziani, gli immunodepressi, i cardiopatici e i vaghissimi “non meritevoli”, in tempi di “guerra”, non possono pretendere un trattamento sanitario equo, sarebbe una pretesa da anime belle, il cerchio dei “più idonei” va preservato, pazienza se i rudimenti essenziali della società civile tracollano. Il triage estremo va applicato aprioristicamente e non come ultima spiaggia. Ai morti per coronavirus e ai morti con coronavirus, distinti da una preposizione ma non dalla sostanza, gli Stati Uniti, per disposizioni governative, aggiungono alle loro statistiche i morti preventivi per coronavirus e i suicidi meritocratici da coronovirus.

Chiamiamo questa roba, per il momento, realpolitik. Gli amanti del linguaggio rustico tradurrebbero con permesso-di-fare-schifo-senza-affanni oppure con stragismo di stato a rate. Ma noi continuiamo, comunque, a chiamarla realpolitik. Suona meglio. Inoltre, i ceti medi riflessivi adorano chiacchierarne quando la si applica alle altrui chiappe, è una specie di giocattolo teoretico con cui dimostrare dimestichezza col dramma, con cui fustigare le banalità superiori, l’arma segreta definitiva della meditazione storica che non osa guardarsi allo specchio. Lasciamogliela.

TAG: COVID-19, linee guida, medici, meritevoli, realpolitik, usa
CAT: America

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