Lezioni americane

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9 Novembre 2016

Abbiamo conosciuto il candidato Donald Trump, conosceremo il presidente. Il primo non mi è piaciuto. Credo che il secondo sarà coerente nel rappresentare gli umori che lo hanno portato alla Casa Bianca, ma dovrà cambiare. Perché governare non è comiziare. La democrazia statunitense è forte e il voto lo ha dimostrato: i poteri apparenti contano meno di quelli elettorali, che sono in mano al popolo. Quel sistema istituzionale è forte anche perché si regge su una Costituzione nata nel 1787 ed emendata solo 27 volte (la nostra è nata nel 1948 ed è già stata cambiata 36 volte). E’ importante non mascherare i guasti politici come fossero guasti costituzionali.

Tre cose mi paiono importanti ed istruttive. 1. L’umore tetro, diffusosi nell’Occidente democratico, non viaggia sullo stesso binario del prodotto interno lordo. Quello statunitense cresce, come cresceva quello degli inglesi. Non di meno larga parte della borghesia (divenuta classe generale, quindi di tutti) si sente minacciata, chiede di avere indietro non sa cosa, ma di averlo indietro. Un mondo imparagonabilmente più ricco di qualunque altro Paese estraneo alla storia del capitalismo e delle democrazie, un popolo che ha consumato più di quel che ha prodotto (vedasi alla voce: debito), sente il dolore d’essere stato espropriato e defraudato. Al netto delle questioni relative alla distribuzione interna della ricchezza (e ricordando che i Paesi con maggiore disparità sono quelli che crescono di più), tale sentimento è figlio del trionfo. La globalizzazione è il trionfo dell’Occidente, con la sconfitta dell’impero sovietico. Ha portato ricchezza ovunque, con i morti di fame diminuiti (dal 1990) di 1 miliardo e 300 milioni. Ma ha dato ai propri cittadini l’impressione dello squilibrio, del favore ad altri e innescato la paura dell’impoverimento. Servono idee nuove e nuove visioni del mondo, per non lasciarsi risucchiare dal fascino del tempo andato, che fu tempo di guerra.

2. Negli Usa ne escono distrutti entrambe i due partiti nazionali: i repubblicani per avere subito il vincitore, che li ha divorati; i democratici per non avere saputo scegliere il candidato e avere perso nel mentre la dirigenza repubblicana tifava Clinton. Da noi i partiti sono morti da tempo. In Francia si spappolano. In Uk sono stati trapassati da Brexit. Reggono in Germania. Cosa succede ai partiti? Succede che gli interessi reali, che le classi dirigenti (economiche, ma anche culturali) hanno smesso d’occuparsene e hanno supposto possibile delegare i mediocri. Tanto, si ragionava, non ci sono più appuntamenti storici in agenda. E’ così che spuntano i Trump, è così che si distrugge l’Unione europea. Si pensa di non avere più grandi conquiste da fare e si viene conquistati. L’intermediazione affidata ai mediocri è un suicidio della democrazia.

3. La storia che comincia ora offre all’Ue opportunità interessanti. Se esistesse, l’Ue. Non l’insieme delle regole che reggono la convivenza monetaria, ma l’insieme di interessi e valori che dovrebbero rendere coeso un continente non desideroso di ripiombare nei nazionalismi, ovvero nel veleno che lo ha ripetutamente ammazzato. Gli Usa di Trump non inizieranno una politica isolazionista, perché quella è iniziata otto anni fa, con Obama. La continueranno, magari con forme e toni diversi. Noi europei siamo l’area più ricca del mondo, ma anche la meno dotata di capacità militari e iniziativa politica. Affidare la nostra sicurezza ai contribuenti americani poteva essere possibile finché c’era la guerra fredda. Affidare la politica estera a chi non aveva già senso guidasse quella italiana non è mai stato ragionevole, ma potentemente ridicolo.

La storia è torna a bussare, senza che nessuno si sia alzato per andare ad aprire. Il lato bello di The Donald è che ha buttato giù la porta.

 

Davide Giacalone

@DavideGiac

www.davidegiacalone.it

TAG: Donald Trump
CAT: America

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