/CONFINI/ intervista a Elettra Mallaby, attrice

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18 Aprile 2021

per /CONFINI/ di Vera Pravda

 

Raccontaci di te: quali sono i campi che, per esperienza di vita o lavorativa ti sono più affini?

E.M.: E allora parto proprio dalla parola CAMPO, perché da lì è iniziata la mia vita: sono cresciuta in un piccolo paesino, in campagna, nel pianurone veneto e questo fatto è il campo principale della mia vita che è come una seconda pelle, che mi porterò per sempre dietro. I Campi successivi sono stati la fotografia, la recitazione, il magico mondo dell’ infanzia, la moda, l’architettura. Anche se ho messo i piedi un po’ in tantissimi mondi, camminandoci scalza col piacere e il dolore che ciò comporta.

 

Parlami del concetto di confine nella tua attività. Cosa significa ‘confine’ nel lavoro che fai?

E.M.: Il confine è qualcosa che si deve rompere, oltrepassare. La prima volta che ho messo piede su un palcoscenico la sensazione è stata questa: la possibilità di uscire dai miei personali confini. Di scoprire cosa c era dove non sapevo andare. Qualcosa che a che fare col cambiamento e col coraggio. E poi imparare che i confini si possono mischiare a quelli di registi/e e degli altri attori/attrici e che tutto cambia continuamente. Mi fa piacere ricordare le recenti esperienze con Emanuela Rossi nel film ‘Buio’, quella speciale di ‘Sport Crime’ con Daniela Scalia e Luca Tramontin e con Francesco Bruni in ‘Cosa sarà’. Quando fotografo è diverso; lì mi piace stare ad osservare lo sconfinamento del mondo, il suo trasbordare, mi piace aspettare in silenzio al mio posto e trovare il momento dove la realtà diventa qualcosa di assoluto, al di fuori di sé stessa. Di tremendamente irreale o talmente reale da essere incredibile, da essere dimenticato, da voler essere invisibile. A proposito di questo recentemente con Novella Pellegrini, che ne ha scritto, abbiamo fatto un reportage a maggio 2020 su diverse famiglie di giostrai confinate in un parcheggio a Cecina a causa del Covid. Entrare nelle loro roulotte invisibili normalmente è stato proprio entrare in un luogo altro, un mondo sconfinato, un luogo dove i miei personali confini non sarebbero arrivati. E poi fotografare è superare il confine del tempo, rendere infinito un momento che nella realtà si era consumando avvenendo.

© Elettra Mallaby, set di Sport Crime

 

E nella vita privata quali sono i confini che senti maggiormente visibili?

E.M.: Nella vita privata i confini più forti e difficili da superare sono quelli che ci creiamo noi stessi perché i più difficili da abbattere. Perché è più facile continuare ad avere le stesse paure, che in qualche modo sappiamo come gestire, piuttosto che avere il coraggio di essere attraversati da paure nuove. Ma che cos’è la vita se non questa grande possibilità di ricrederci? Di provare a cambiare? Di incontrare continuamente varianti e di allargare quei confini, cercare di modificarne il contorno? Esistono così tante cose che si possono attraversare e ognuna è un regalo se lo vogliamo prendere. È faticoso ma io credo proprio di non poterne farne a meno, di questa ingordigia di vita. Ogni relazione umana mi affascina, m insegna, mi fa cambiare. Ho sempre avuto una grande attrazione per il mondo dell infanzia, con cui ho anche lavorato grazie al teatro, e ora che ho anche un figlio mio e lo posso fare più da vicino e quotidianamente, non c è niente di più bello che osservare come i confini di ogni essere umano siano fluidi. Un altro grande insegnamento sui confini personali me lo ho dato la boxe – sport che ho praticato per anni – dove un confine/limite si scopre continuamente come qualcosa che può essere superato.

 

In questi giorni di ‘confino’ come è cambiata la tua percezione dei confini?

E.M.: Nel mio piccolo quello che ho cercato di fare è stato ed è cercare di andare in verticale se in orizzontale non ci è permesso: andare a fondo, scavare, guardare la stessa cosa centinaia di volte e scoprire che è sempre diversa. Come quell’angolo di strada fotografato tutti i giorni da Thomas nel film Smoke. Come Giacomelli che ha fotografato per una vita la sua terra, le Marche, muovendosi solo in bicicletta e scattatando, a mio parere, alcune delle fotografie più meravigliose e assolute della storia della fotografia. E così a volte fermarsi in un senso non vuol dire essere inchiodati a terra. Significa dare un nuovo valore alle cose. Riconoscerle diverse. Anche l’astrologia, per esempio, è questo: una visione verticale del mondo. Detto questo ho una gran voglia di una birra al bancone di un bar dopo le 18 chissàdove e conchissàchi. Di un treno, un aereo, un lungo viaggio in macchina, una macchinata piena di persone, un concerto… L’imprevisto mi manca moltissimo e rimangono dei vuoti che sono incolmabili. Ci sono delle cose a cui non voglio abituarmi neanche provvisoriamente.

 

Come pensi che cambieranno le nostre vite dopo questa esperienza? Quali saranno i nostri nuovi confini?

E.M.: La domanda più interessante che ho letto sugli effetti della pandemia se la fa Emily Flake : “What happens to all the un-hugged hugs?” E immagina che i nostri desideri di abbraccio diventino dei fantasmi colorati e pieni d’amore che aleggiano sul mondo. Ecco io non posso credere che questo desiderio di fisicità affettuosa possa scomparire. Immagino che ora siamo come in un lunghissimo terremoto che ci da delle scosse continuamente e che poi ci sarà molto da ricostruire, ferite da curare, case da rifare, nuovi sistemi antisismici da mettere a punto, pezzi da aggiustare, ci sarà da rimboccarsi le maniche parecchio. Ma ho molta fede nell’essere umano e nelle risorse che abbiamo a disposizione nel 2021. L’ importante credo sia ora non arredare questo tunnel in cui siamo, ma ricordarci sempre che la lucina che vediamo in fondo è l’uscita. E fuori tutto ci aspetterà di nuovo, luminoso e sconfinato come sempre.

© Elettra Mallaby

 

 

 

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Elettra Mallaby, dopo diversi anni di dedizione alla fotografia soprattutto nel campo musicale e teatrale (Vinicio Capossela – Afterhours – Edda – Amalia Grè) nel 2010 inizia, quasi per caso, a studiare recitazione e a prendere parte ai primi cortometraggi e spettacoli teatrali. Lavora con Alberto di Stasio, Manuela Cherubini, Alessandro Berdini. Da lì in poi prosegue gli studi attraverso workshop con molti maestri americani come Susan Batson, Xavier Galito Oliva, Doris Hicks. Parallelamente inizia a lavorare per il cinema – Paolo Virzì, Checco Zalone, Alessandro Gassman fino ai più recenti ‘Buio’ di Emanuela Rossi e ‘Andrà tutto bene’ di Francesco Bruni e per diverse serie tv: Don Matteo, Un passo dal cielo, Sport crime, L’allieva, Una pallottola nel cuore. Riceve il premio come miglior attrice emergente a Cortinametraggio nel 2018. Lavora anche per diversi reading che fa per Blumotion, Roberto Litta, Roberta Lena. Nel 2020 inizia a collaborare con Full Color Sound e a registrare audiolibri.

 

 

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/CONFINI/

 

@Confiniartproject è un instaproject, un’opera d’arte partecipata creata con i contributi visivi inviati durante l’emergenza coronavirus.

È un progetto dell’artista visiva Vera Pravda in collaborazione con Viafarini DOCVA – Documentation Centre for Visual Arts per generare comunità culturali, stratificazione visiva, vicinanze virtuali in questo tempo sospeso.

Chi desidera può partecipare al progetto con uno o più immagini o video sui confini su www.confiniartproject.it o condividendo su instagram foto di libri sui confini con gli hashtags @confiniartproject e #confinibookchallenge

In affiancamento alla pagina Instagram, riportiamo qui highlights e approfondimenti.

 

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TAG: arte, arte contemporanea, cinema, confini, ConfiniArtProject, Elettra Mallaby, fotografia, intervista, Vera Pravda
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