Sembra che ci risiamo, quindi prendo subito posizione per sgombrare il campo da equivoci: c’è una questione sanitaria e poi il resto. Quale resto? Beh, le questioni sono economiche, sociali, psicologiche, sociologiche, volendo filosofiche. C’è molto dolore e tutti [spero] abbiamo capito che il claim ‘Andrà tutto bene’ era una fuffata.
Non è andato tutto bene e difficilmente lo farà.
Così chiederei un po’ di riflessione, prima di catapultarci sui social col dito puntato, perché la situazione è grave ed è più grave di prima.
L’esperienza del lockdown non ci ha migliorati, anzi: lo abbiamo capito tutti, no?
Bene, quello che eviterei è proprio il dito puntato: contro i runner, contro i giovani, contro le discoteche, contro chi non indossa la mascherina…Non serve a niente puntare il dito. Non serve a niente farsi attrarre da questa maledetta polarizzazione digitale per cui ogni discussione è un derby. Non è utile.
Proviamo, tutti, a metterci anche solo per 1 minuto [UN SINGOLO MINUTO] nei panni di chi questa piaga la sta vivendo sulla sua pelle senza per forza dover individuare colpe negli altri.
Così, mi viene in mente che c’è chi sta male fisicamente e c’è chi sta male perché il futuro è minaccia e non più promessa.
Baristi, fiorai, organizzatori di eventi, musicisti, artisti, ristoratori, operatori dello spettacolo, gestori di cinema, agenti di viaggio…Intere filiere economiche, anzi intere economie azzerate. Gente per strada, amici miei.
Gente per strada.
Così, tu che ti incazzi per le mascherine CHE VANNO INDOSSATE SEMPREEEHHH, tu che ce l’hai con chi ha una discoteca ‘Perchè tanto fa tutto in nero e poi lì ci si droga’, tu che dici che la musica dal vivo non serve perchè tanto c’è Spotify…Tutti voi: metteteci un po’ di compassione, per un minuto della vostra vita.
Un po’ di compassione, e poi tornate pure a puntare il dito.
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