/CONFINI/ intervista ad Alessandra Caccia, artista e fotografa

per /CONFINI/ di Vera Pravda
Raccontaci di te: quali sono i campi che, per esperienza di vita o lavorativa ti sono più affini?
A.C.: Mentre la Milano da bere stava evaporando lasciandosi dietro anni effimeri e inconsistenti per i ragazzini di allora, il muro di Berlino cadeva, portandosi dietro conseguenze politiche e sociali che di lì a poco avrebbero squarciato il mondo intero.
Niente sarebbe stato più come prima neppure per me.
Durante l’adolescenza una malattia renale cambiò il corso della mia esistenza e delle mie scelte.
Da lì iniziò il mio interesse per l’arte, una necessità in cui buttare quel cuore sofferente che non aveva capito cosa stava succedendo. La macchina fotografica di mio padre fu l’antidoto per non farmi abbattere dagli eventi.
Posso dire che la fotografia, l’arte, mi hanno salvata, insieme al video e al cinema. Ho iniziato a scrivere la mia storia attraverso le immagini, fotografie che procedevano in sequenza come frame di un video in un flusso continuo. Ho deciso di guardare e fotografare il mio corpo per non abbandonarlo, per rimanere attaccata alla vita, al desiderio dell’esistenza, per non perdere la mia identità in una stanza d’ospedale. Vita è la restituzione di questo processo durato dal 2002 al 2018.
In modo naturale poi è emerso il desiderio di aiutare altre persone a raccontare la loro vita e le loro esperienze e ho approfondito il concetto di cura e arte producendo un video che racconta l’esperienza della dialisi. Mi sono avvicinata alla Medicina Narrativa, iniziando una nuova avventura con la scrittura assieme alla narrazione per immagini. In seguito ho elaborato dei percorsi di storytelling non solo rivolto ai pazienti, ma anche tutte quelle persone che mai come in questo momento si ritrovano fragili e disorientate.
Parlami del concetto di confine nella tua attività. Cosa significa ‘confine’ nel lavoro che fai?
A.C.: ll confine nel lavoro che faccio si definisce nella rappresentazione di un limite fisico o mentale, per il quale esiste sempre una possibilità di superamento e di trasformazione in qualcosa di diverso da prima. Il confine per me implica sempre un limita da valicare, una sfida.
Spingersi oltre e superare quella linea di demarcazione tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Ho sperimentato come siano proprio le situazioni di costrizione ad aprire nuove possibilità. Solo nell’atto di oltrepassare il limite può avvenire la nostra trasformazione, che porterà ad un cambiamento, non solo nostro, ma anche famigliare e sociale.
La vita di Helen Keller (1880-1968) a cui ho dedicato un video è emblematica in questo senso.
Diventata sordo cieca all’età di 2 anni, grazie alla sua istitutrice imparò a parlare. Fu la prima donna ipovedente a laurearsi e diventò un’affermata scrittrice e attivista sociale, che girò tutto il mondo e conobbe le personalità più influenti del suo tempo, da Charlie Chaplin, a Winston Churchill a molti Presidenti degli Stati Uniti.
Questa donna straordinaria trasformò le sue limitazioni fisiche in un’opportunità per creare una grande vita piena di valore anche per gli altri. Helen Keller scriveva nel suo Libro The Story of my Life:
“La meravigliosa esperienza dell’esistenza umana perderebbe qualcosa della gratificante gioia che dà, se non ci fossero limitazioni da superare. Il momento del raggiungimento della vetta sarebbe enormemente meno meraviglioso se non ci fossero vallate buie da attraversare.”

Vita Sovrapposta, © Alessandra Caccia
E nella vita privata quali sono i confini che senti maggiormente visibili?
A.C.: Ho passato lunghi periodi in ospedale, quindi lo stare chiusa forzatamente in una stanza o in luogo non è una cosa che inizialmente mi ha causato delle difficoltà, sopratutto perché ero a casa mia e con tutti i comfort, il mio letto, il mio bagno, il cibo che mi piaceva mangiare. Le restrizioni che avevo affrontato nei vari ricoveri mi avevano preparata alle limitazioni!
La mia vita passata è stata utile per comprendere meglio il senso di cosa è essenziale e di cosa è superficiale.
Nella prima fase è stato importante riflettere in un tempo sempre più dilatato.
I vuoti, le sospensioni, il rallentare potevano rappresentare una possibilità. Cercare di afferrare tutti quei pezzi di vita, quegli istanti che passavano cosi velocemente e inciderli dentro di me, era la vera gioia. Allora ho ricordato com’era vivere intensamente quei frammenti di sublime della natura, il frantumarsi dell’onda che investe la roccia, la luce che espande gli occhi dissolvendosi nei colori del tramonto, e poi l’affetto e l’amore, stringere la mano di mio fratello nella mia dopo tanti anni che non succedeva, penso che alla fine è questo quel che resta nel grande magazzino della vita.
Ho deciso di ascoltare e di vivere quei vuoti. Come in musica occorrono le pause, così nella vita dobbiamo dare spazio e valore al silenzio per meglio cogliere ritmo, intensità e senso, per meglio penetrare in noi stessi e più estenderci nel mondo. Perché è da questo nuovo tempo e da questi silenzi che può avere inizio la nostra nuova storia.

Sentimental © Alessandra Caccia
In questi giorni di ‘confino’ come è cambiata la tua percezione dei confini?
A.C.: Nella mia vita privata la percezione di un mondo delimitato, come dicevo inizialmente non ha turbato la mia quotidianità. Poi con il passare del tempo e nel proseguire dei giorni pesava l’assenza di quella libertà per la quale avevo tanto combattuto. Potermi finalmente spostare e viaggiare, visto che il trapianto di rene mi aveva reso libera dalla macchina della dialisi. Mi è mancata quell’emozione prima di ogni nuovo viaggio che avevo appena iniziato a riassaporare. Solo ora sto riprendendo a riprogettare tutti i viaggi lasciati in dietro nel corso degli anni.
Come pensi che cambieranno le nostre vite dopo questa esperienza? Quali saranno i nostri nuovi confini?
A.C.: Qualcuno diceva la bellezza ci salverà io aggiungo anche l’empatia.
Penso che l’essere umano davvero completo è capace di rivolgere uno sguardo empatico verso le altre persone, di iniziare a sentire gli altri, le loro vite, non per soccombere, ma per creare assieme una nuova strada mettendo al centro la vita, che è la cosa più preziosa che abbiamo. Non penso sia possibile costruire la propria felicità sull’infelicità degli altri.
Il poeta austriaco Hugo von Hofmannsthal (1874-1929) scrisse che una persona che vive realmente si identifica con gli altri e condivide le loro gioie e le loro sofferenze.
Nel momento in cui comprendiamo che esistiamo perchè gli altri esistono e ci preoccupiamo di ciò che ci circonda automaticamente avviene un cambiamento in noi.
Il fatto di trascurare il controllo di sé e di insistere soltanto sui propri diritti porta alla distruzione dell’ambiente, da cui dipende la nostra vita e mette in forse la sopravvivenza del genere umano.
È per questo motivo che ho una grandissima fiducia nel potere dell’arte e della cultura e nelle ultimissime generazioni, che ora stanno lottando per la loro casa/ambiente/natura e che stanno portando avanti una rivoluzione non solo dell’ambiente, ma anche umana. Sosteniamo questo immenso potenziale che ce la sta mettendo tutta per conservare quel che resta di questa Terra violentata e a brandelli, che richiede la più amorevole delle cure. Dobbiamo riappropiarci della relazione col vivente, animali, vegetali. Difendere l’ambiente è difendere noi stessi. Molti ancora pensano che ci sia separazione tra noi e l’ambiente circostante, che non è da intendersi solo come natura, ma anche come ambiente relazionale, e invece non è così. Questo momento costituisce una grossa sfida, ma l’arte ha il potere di aiutarci nel processo di umanizzazione.
Personalmente cerco di sfondare quel muro di naturale separazione tra le persone, infatti nasciamo tutti divisi, quello che è difficile è unirsi in un unico intento, le rivoluzioni e i cambiamenti nascono proprio da questa unità. Spero che emergano sempre più persone consapevoli, che con le loro azioni creino le correnti profonde di un’epoca.

Helen coulor © Alessandra Caccia
Alessandra Caccia
è nata a Milano. Ha studiato fotografia all’Istituto Riccardo Bauer e frequentato la Scuola Civica di Cinema Luchino Visconti. Nella sua ricerca utilizza principalmente fotografia, video e video-installazione. Partendo da una matrice di natura autobiografica esplora temi quali identità, sessualità, capacità di trasformazione, resistenza e resilienza dell’individuo, aprendosi poi a una memoria sociale e collettiva attraverso fatti di cronaca, costume, storia e letteratura.
Tra le principali mostre e i recenti festival presso musei e gallerie si ricordano : MTN Museo Temporaneo Navile, Bologna; Vetrine di Libertà, Mambo Museo D’Arte Moderna Bologna; Macro Museo d’Arte Contemporanea Roma; talk and screening Viafarini DOCVA, Milano; Vetrine di Libertà, Fabbrica del Vapore, Milano; Quarta Vetrina, Libreria delle Donne, Milano; Mars Milan Artist Run Space; Palazzo Vecchio, Firenze; Acquario Civico, Milano; Università Ca’ Foscari, Venezia; Sala de Exposiciones El Aguila, Madrid; Vir Open Studio Farini, Milano; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Basilica Palladiana, Vicenza; Cinémathèque Québécoise, Montréal; Auditorium Parco della Musica, Roma; Fondazione Merz, Torino; Galleria Franco Noero, Torino; Milano Film Festival; Videoart Yearbook, Bologna; Filmmaker International Film Festival, Milano; Visualcontainer box, Milano; Play Festival Berlino.
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/CONFINI/
@Confiniartproject è un instaproject, un’opera d’arte partecipata creata con i contributi visivi inviati durante l’emergenza coronavirus.
È un progetto dell’artista visiva Vera Pravda in collaborazione con Viafarini DOCVA – Documentation Centre for Visual Arts per generare comunità culturali, stratificazione visiva, vicinanze virtuali in questo tempo sospeso.
Chi desidera può partecipare al progetto con uno o più immagini o video sui confini su www.confiniartproject.it o condividendo su instagram foto di libri sui confini con gli hashtags @confiniartproject e #confinibookchallenge
In affiancamento alla pagina Instagram, riportiamo qui highlights e approfondimenti.
www.instagram.com/confiniartproject
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