Se mancano gli intellettuali e si hanno così tanti scrittori illetterati


per /CONFINI/
di Vera Pravda
Chiara Tinonin, economista dell’arte, ha risposto nei giorni scorsi alle domande di /CONFINI/ in un’intervista che potete leggere per intero qui, e ha scelto tra i video del progetto quello di Emilia Faro, artista, di cui trovate qui l’intervista. É nata quindi l’idea di una conversazione allargata, in cui abbiamo coinvolto anche Giulio Verago, curatore di Viafarini.
C.T.: Penso che possa essere interessante spiegare a Emilia perché ho scelto proprio il suo video. Forse le mie motivazioni potrebbero darci una chiave di lettura o essere il punto di partenza di questa conversazione. Rispondendo all’intervista – e specialmente alla domanda sui confini nella mia vita privata – ho posto i confini là dove si definiscono dei ruoli. Sfogliando la pagina Instagram del progetto ho avuto un immediato ritorno visivo, estetico, con il video di Emilia. La sua ripetitività esprime in modo immediato l’idea che ho dato di confine in termini identitari, ciò che si rivela nei gesti quotidiani: nei gesti che assumo come madre, come moglie, come lavoratrice, in tutto ciò che mi definisce e che alla fine diviene confine. Penso che uno dei tuoi obiettivi, Vera, sia stato stato di essere il più aperta e democratica possibile, per questo credo che il video di Emilia, la sua forza estetica, emerga facilmente tra i tanti.
V.P: Bene che vi siate trovate, fantastico! Si, l’apertura del progetto Instagram è a tutti per scelta. Ci sono molti progetti dedicati solo agli artisti, mentre l’idea di /CONFINI/ è proprio di aprire anche a chi non raggiungere una qualità formale o estetica dovuta al fatto che quella sia la sua pratica di lavoro. Ho pensato invece di aprire a tutti perché tutti potessero dare un loro contributo sul tema. Emilia tu come ti senti rispetto alla scelta di Chiara, rispetto a queste motivazioni?
E.F: Io mi ritrovo tantissimo in quello che ha detto Chiara, la ripetizione, la ripetitività, è qualcosa che abbiamo un po’ tutti ritrovato e che fa molto bene all’anima. Io sto bene in questi giorni a casa, e quel gesto ripetitivo di mangiare acqua, io lo associo molto alla preghiera, al digiuno. Questo è un video che avevo già realizzato nel 2015 – ho giocato facile! – e ho estrapolato questo frame perché mi ricorda lo stato d’animo che sto vivendo adesso, che stiamo vivendo un po’ tutti. L’ambiente domestico per me è una cura, perché sei in silenzio, e il silenzio è d’oro per ognuno di noi, aiuta a fare delle riflessioni in maniera molto più profonda.
V.P: Bellissimo! Tra l’altro Emilia, tu suoni, vero?
E.F: Si, suono il pianoforte, e in questi giorni sto suonando tantissimo! Pensa che non suonavo da circa tre mesi, perché uscivo la mattina alle 9 per andare a lavorare e mi ritiravo la sera alle 18, ero stanchissima, non facevo neanche attenzione a quello che mangiavo, non davo retta ai miei gatti, non osservavo gli oggetti della mia casa. E il pianoforte era assente, silenzioso. So che è un momento doloroso per tanti – e non posso dire che sia bello tutto questo – però sono sicura che serva.
G.V.: Anche io devo dire che è curiosa questa scelta di Chiara – e grazie per aver esteso la conversazione – perché penso che uno dei cardini di questo progetto sia proprio il dialogo tra contributi diversi a un qualcosa che ci riguarda tutti. L’idea di confine letta attraverso il video di Emilia ha una capacità di entrarti immediatamente dentro, proprio per questo gesto universale che giustamente tu Emilia associavi anche al digiuno, quasi anche alla ritualità; perché la ripetitività è in fondo un po’ anche l’elemento che accomuna tutti i rituali, sia quelli religiosi, sia quelli apotropaici, o quelli che vorrebbero suggerirci una fine di questo periodo assurdo che stiamo vivendo. E quindi anch’io ho visto questa qualità nel lavoro di Emilia – ovviamente ci ho visto anche la qualità del tuo lavoro, e quella sai che l’apprezzo da molto tempo – ma ci ho visto anche la capacità di giocare con elementi molto quotidiani, molto semplici, introdurre l’idea di confine come l’idea della speranza verso qualcosa che non c’è: in quel caso non c’è nulla da mangiare, perché c’è solo acqua. Penso che questo dialogo a più voci possa dare dei punti di vista interessanti e far capire meglio proprio il senso di /CONFINI/, che è diverso da altri progetti che stiamo vedendo; ovviamente poi, il contenuto di ogni progetto in questo periodo è preziosissimo. Anche io l’ho trovato con una capacità di entrare all’interno di questioni che sono universali, però anche molto legate al nostro panorama quotidiano, che abbiamo tutti i giorni di fronte agli occhi, ma che magari non vediamo.
V.P: Devo dirvi che nei video che ricevo – e sono parecchi – la maggior parte è legata ai gesti quotidiani. Un po’ forse per forza di cose, certamente, ma non solo, prova ne è che mi arrivano anche frame di video passati o di esperienze diverse. Però la maggior parte dei video è legata ai gesti di tutti i giorni e a una riflessione su questi gesti. Forse questo può essere un portato. Voi cosa ne pensate? Che portati potrà avere questo periodo di blocco, il fatto di fermare tutto, di mettere l’orologio in stand-by?
C.T.: Forse la cosa più vera che si può dire è che questa esperienza investirà tutte le sfere dell’essere umano, quella psicologica, la sfera economica, sociale, narrativa. Viviamo una parentesi oppure una realtà nuova? Io penso che l’essere umano tenda a riconquistare le cose che gli vengono sottratte, diciamo, inaspettatamente. Un domani, quando ci si ritroverà a poter condividere di nuovo gli spazi, a tornare nel proprio ufficio, a prendere l’autobus o la metropolitana per spostarsi, penso che il mio desiderio andrà verso le cose che facevo prima. Non penso, però, che gli occhi saranno gli stessi: gli occhi saranno diversi perché si è vissuta questa esperienza. Quello che impareremo, onestamente, dipenderà da ognuno di noi. Si parla molto di effetti economici collaterali, ma penso che il rilievo psicologico di questa situazione sia molto forte, molto più di di quanto possiamo percepire ora e le situazioni sono molteplici. Io, per esempio, sto vivendo l’esatto contrario rispetto alla condizione di Emilia: sono lontana dalla mia casa, sono ospite in una casa più affollata del solito, ho due figli piccoli che richiedono tutte le mie attenzioni; ho spostato il mio centro gravitazionale e non vedo l’ora di ritrovare una dimensione tutta mia: la mia identità in questo momento è multipla. Per l’Italia non sarà una ripresa facile. Ci aspetterà un altro periodo faticoso, ricco, ma faticoso.
E.F.: Io penso che torneremo alla vita fuori come persone diverse, perché vedere l’altro sarà una gioia incredibile: toccarlo, abbracciarlo. Anche i nostri obiettivi, le cose che ci affliggevano prima: io ero ossessionata dal fatto di dover comprare una casa, stavo cercando in tutti i modi, con le banche, di avere soldi per un prestito, stavo male, dormivo male, vivevo male; poi si è fermato tutto e penso che domani, quando mi sveglierò da questo incubo le mie priorità saranno diverse, non vorrò più possedere, ma stare con gli altri, amare gli altri nella maniera migliore possibile. Voglio fare questo, stare di più con la mia famiglia, queste sono le cose che contano di più. Eravamo troppo ossessionati dal possedere, dal fare. Anche io! – se l’arte tende a disumanizzare l’artista – nonostante questo, ero veramente molto, molto umana. Però sono sicura che cambierà qualcosa in me e in tutti, perché se cambia ognuno di noi, cambiano anche le persone che ci sono accanto. Speriamo. Speriamo di non dimenticare quello che sta succedendo, perché noi umani ci adattiamo facilmente a tutte le situazioni e questo volge anche a nostro sfavore. Non ci dobbiamo dimenticare tutto quello che ci sta insegnando questo periodo e dobbiamo sforzarci di essere migliori: io farò così.
G.V: È un ottimo proposito, che condivido peraltro. Penso che sia ovviamente ancora presto per avere la capacità di leggere la portata del cambiamento, che peraltro trovo in molte analisi che sto leggendo già anticipato da tutto quello che l’ha preceduto e che forse adesso leggiamo meglio alla luce di quello che stiamo vivendo. E cambiamento è anche un po’ un termine ambiguo: come il termine ‘fortuna’ – esiste la buona fortuna e la cattiva fortuna – è una vox media. Quello che cambierà sicuramente sarà il nostro sguardo sulle cose. Secondo me il confino è un acceleratore di cambiamento dello sguardo, sia su ciò che siamo noi, individualmente – e questo il progetto /CONFINI/ lo coglie bene perché ci costringe ad avere un secondo sguardo rispetto alla nostra quotidianità e alla nostra interiorità – sia cambierà inevitabilmente lo sguardo verso l’altro e quindi anche, inevitabilmente, a livello valoriale secondo me un cambiamento ci sarà. Non necessariamente magari saranno privilegiate l’interiorità e la condivisione, però inevitabilmente delle storture subiranno un mutamento. Lo stiamo vedendo già anche adesso, io lo vedo anche nei social media. Per esempio il colpo incredibile che questa situazione sta dando alla celebrity culture, che è qualcosa che c’entra anche con il mondo dell’arte perché anche il mondo dell’arte è parte di tutto questo, e inevitabilmente cambia. Cambia anche la percezione che hai dell’altro nella loro quotidianità: voi in collegamento vedete la mia casa, io vedo la vostra, entriamo uno nell’intimità dell’altro attraverso lo sguardo ed è un qualcosa che negli appuntamenti programmati, dove tu ti rappresenti, decidi di vestirti e di porti in un determinato modo, non c’è. Forse non ci pensavamo, e adesso ci stiamo pensando. Queste cose mi fanno riflettere. Poi su tutto il resto, è un tale cambiamento che penso ci impegnerà tutti, dagli artisti, agli economisti, ai curatori, a chiunque abbia a che fare con la cultura per almeno i prossimi decenni, tranquillamente. Per cui lasciamo anche scorrere i pensieri iberi, senza farci troppo bloccare da risposte difficili.
V.P.: Bene! Vi propongo di chiudere questa chiacchierata con tre hashtag, in puro stile Instagram, tre parole che ritenete importanti per adesso e per dopo, sempre legate al concetto dei confini. Grazie di questo bel dialogo.
Emilia Faro:
#ripetizione #sguardo #futuro
Chiara Tinonin:
#iorestoacasa del Ministero della Salute, perché ora più che mai c’è bisogno di senso civico
#museichiusimuseiaperti per l’accelerazione digitale che i musei sono stati in grado di compiere (finalmente)
#parisreview perché regala sempre letture meravigliose
Giulio Verago:
#dontlookback
Vera Pravda:
#confini #resilenza #consapevolezza
/CONFINI/
@Confiniartproject è un instaproject creato con i video inviati dalle persone durante l’emergenza #coronavirus
È un progetto di Vera Pravda in collaborazione con @viafarini_org per generare comunità culturali, stratificazione visiva, vicinanze virtuali in questo tempo sospeso.
Chi desidera può partecipare al progetto con uno o più video di 15 sec. su www.confiniartproject.it
In affiancamento alla pagina Instagram, riportiamo qui highlights e approfondimenti.
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