/CONFINI/ intervista a Byron Gago, artista visivo

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15 Aprile 2021

per /CONFINI/

di Vera Pravda

 

 

Raccontaci di te: quali sono i campi che, per esperienza di vita o lavorativa ti sono più affini?

B.G.: Ho sempre coltivato passione per le arti specialmente le arti visive, materia di cui mi occupo. Da qui posso dire di essere attratto da aspetti paradossali e momenti distopici, ho un particolare interesse ai momenti di frattura tra elementi di realtà e fiction.

 

Parlami del concetto di confine nella tua attività. Cosa significa ‘confine’ nel lavoro che fai?

B.G.: Posso dire che nella mia pratica è sempre stato qualcosa di tangibile e letterale in quanto frontiera. Ho svolto dei periodi di osservazione nella foresta amazzonica nel territorio tra Ecuador e Colombia, è un territorio compromesso dallo stato che favoreggia un’intensa attività da parte delle industrie petrolifere che genera problemi per le culture locali e le popolazioni indigene influenzando negativamente sistemi sociali e politici più interni. Il confine può essere interpretato anche come complementare alla normativa e dunque a quello che concerne tutto il dispositivo politico e culturale applicato sull’individuo, mi riferisco in dettaglio alla relazione tra le società senza stato e il loro avanzare in un processo di modernizzazione dettato dalle esigenze delle industrie petrolifere. Nel mio nuovo lavoro basato sul caso di Antigua Ciudad Guerrero si traccia l’evoluzione di un villaggio allagato ed abbandonato a seguito della costruzione della diga Falcon. Il villaggio, ormai in rovine e sotto la minaccia dei narcotrafficanti, è situato nella regione di Tamaulipas in Messico al confine con gli USA. È interessante la transizione da un modello di architettura coloniale spagnolo a quello più recente legato all’industria e alla architettura sul modello Texano, in un incidente tra sovrapposizioni ed implicazioni. Entrambi i casi per me sono significativi di quanto il confine o la frontiera possa essere al di là di un limite anche una zona di ambiguità, dove le parti presenti sono spesso trasformate ed impiegate nei processi di amministrazione e dunque politici che hanno un forte impatto a livello identitario. La situazione attuale dunque è sempre correlata ad un senso di continua interpolazione che determina una tensione tra il senso di appartenenza e quella di destinazione. Non credo esistano confini predefiniti e statici, nella mia visione sono delle zone o momenti di transizione che condensano tensione verso quello che può essere l’altro. Da un punto di vista formale in entrambi i lavori ho avuto un approccio fotografico e audio-video messo in relazione ad immagini di archivi sia fisici che digitali.

© Byron Gago, Manonegra, 2018

 

E nella vita privata quali sono i confini che senti maggiormente visibili?

B.G.: È curioso come il concetto di confini impone da sé un tipo di struttura e limite con l’altro diventando dunque una zona potenzialmente vulnerabile perché esposta. Il confine esiste nella sua condizione di fragilità, questo può essere modificato e processato o altrimenti rinforzato e portato all’estremo. Sul privato riscontro che i miei confini personali sono spesso correlati a meccanismi di difesa, dunque anche al rapporto col prossimo. Penso sia importante sostare e permettersi quella vulnerabilità per poter ampliare e ridefinire la percezione di sé o dell’ambiente, è un momento o area utile a poter rinegoziare e comprendere.

© Byron Gago, Guerrero Viejo, 2021

 

In questi giorni di ‘confino’ come è cambiata la tua percezione dei confini?

B.G.: Personalmente è stato il rapporto col digitale ad essere in me cambiato, vissuto in un quanto confine e contenitore per una serie di pratiche altrimenti più di natura sociale, allo stesso tempo è stato anche uno strumento di accesso. Questo mi ha permesso di approfondire e mettere in pratica aspetti legati al digitale anche nel mio lavoro e di indagare le forme decentralizzate e potenzialmente accessibile a tutti. Ho avuto un momento di indagine e scoperta verso tecnologie 3d siano esse di modellazione o relative al raccoglimento di dati utili a digitalizzare oggetti, mi riferisco a sistemi cloud data come usati in fotogrammetria. Queste tecniche fanno parte del video di Guerrero Viejo, nel quale unisco immagini satellitari appartenenti a diverse epoche utili a sottolineare l’evoluzione del territorio e del suo paesaggio insieme a un lavoro di fotogrammetria, queste immagini saranno accompagnate dalle interviste e suoni campionati durante l’esperienza sul campo nel intento di offrire un’esperienza che evoca memorie e fatti appartenenti a Guerrero Viejo.

© Byron Gago, Gardens Hypothesis, 2017

 

Come pensi che cambieranno le nostre vite dopo questa esperienza? Quali saranno i nostri nuovi confini?

B.G.: Penso ogni generazione avrà un lascito diverso alla fine di questa esperienza, personalmente spero presto si evolva verso una situazione di decompressione e stabilità generale. Per quanto riguarda i nuovi ed ipotetici confini spero non si abusi della capacità di adattamento e tolleranza. Ho paura che una direzione ed esercizio di potere di questo tipo su scala globale favorisca l’avanzare di politiche retrograde che promuovono ancora discorsi di natura classista discriminando etnie o minoranze.

 

 


 

Byron Gago (1994) è nato a Guayaquil, Ecuador, si è laureato in arti visive presso NABA Milano (IT) e ha poi proseguito la sua ricerca con un master presso ECAL con sede a Losanna, dove attualmente vive e lavora. Le sue opere sono state esposte in vari spazi tra cui: Galerie Crèvecœur (FR), Careof (IT), Current (IT), Galleria San Paolo Invest (IT), La Rada (CH), OnArte (CH), alla Giovani Biennale di Monza in Italia, Morcote Public Art Exhibition in Svizzera e al LagosPhoto Festival in Nigeria.

 

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/CONFINI/

 

@Confiniartproject è un instaproject, un’opera d’arte partecipata creata con i contributi visivi inviati durante l’emergenza #coronavirus .

È un progetto dell’artista visiva Vera Pravda in collaborazione con Viafarini DOCVA – Documentation Centre for Visual Arts per generare comunità culturali, stratificazione visiva, vicinanze virtuali in questo tempo sospeso.

Chi desidera può partecipare al progetto con uno o più immagini o video sui confini su www.confiniartproject.it o condividendo su instagram foto di libri sui confini con gli hashtags @confiniartproject e #confinibookchallenge

In affiancamento alla pagina Instagram, riportiamo qui highlights e approfondimenti.

 

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TAG: amazzonia, ambiente, arte, arte contemporanea, Byron Gago, confini, ConfiniArtProject, intervista, Vera Pravda
CAT: Arte, tutela del territorio

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