Il duetto delle ciliegie

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17 Giugno 2020

Che il Capitano non fosse un gran damerino si sapeva. E lui stesso lo sa, anche se finge di meravigliarsi ogni volta, schermendosi dietro una facciata di rispettabilità che è invece pura burina ostentazione. Ma è, appunto, la burina ostentazione per il suo elettorato. Dai rosari alle ciliegie, dalle ruspe alle felpe, il Capitano è uso snocciolare una raffinatezza dopo l’altra, perché il suo staff di marketing gli dice di fare così, di dire così, di urlare così. E forse anche di sputare i noccioli delle ciliegie nel mezzo di un discorso coinvolgente.

In un’epoca di assenza di piazze, la stella, la forza del Capitano, si è affievolita; un’eclissi parziale che però sembra giunta all’afelio e magari verrà deviata dalla gravitazione di altri astri.

La pandemia ha penalizzato il Capitano e ha rinforzato l’immagine, più presentabile secondo molti, del governatore della Serenissima, il quale esce trionfante dalla lotta al virus come se avesse combattuto l’idra di Lerna. Poi si scopre che non è proprio così, almeno secondo Crisanti, il vero esperto di virus della regione che ha alzato i siparietti, ma nell’immaginario collettivo il Doge, il salvatore della Patria è lui.

Ora, visto che di cabaret si tratta, entrambi giocano al poliziotto cattivo e al poliziotto buono, in questo caso il poliziotto cafone e il poliziotto educato.  Bisogna anche farsi rimproverare in diretta per non essere riuscito a resistere al selfie colla signora ammiratrice abbassandosi la mascherina, rischiando di contagiarla o di essere contagiato e di portare il contagio ovunque, vista la sindrome ipercinetica che caratterizza il Capitano.

Perché, si chiederà il pubblico?

Perché, tramontando la cometa Capitana, che se ne torna lentamente nella Nube di Oort, insieme ai quarantanove milioni, i taxi del mare e tutte le pagine che il paese deve voltare perché ci sono altre priorità, avendo la pandemia scoperchiato il vuoto pneumatico che ci stava dietro, ci vuole un’altra stella, più presentabile di uno che ormai è identificato coi rosari al vento, come talismani tipo sorpresa dell’uovo di Pasqua, colle pance al medesimo vento del Papeete e colle felpe polimorfe.

Basta, dopo l’epidemia bisogna cambiare rotta.

Il Capitano così si rende sempre più insopportabile e il Doge incassa i voti dell’altro, momentaneamente ospitati nell’ampio parcheggio della sorella d’Italia. È così facile da capire. Lo staff di marketing della Lega è veramente basico. Come i suoi elettori.

Je ne suis plus le Capitain. Je suis le Doge. Les jeux sont fait.

I sessanta milioni di figli, pardon di orfani, saranno pertanto adottati dal doge? Certo, farsi carico di una prole così eterogenea è impegnativo. È più probabile che saranno internati in un orfanotrofio. Senza libera uscita.

Può darsi che un giorno la cometa riapparirà; ma, chissà, nel frattempo la Lega sarà diventata la Ligue d’Europe, che combatterà contro qualcuno o qualcosa di extraeuropeo e lo staff di marketing dovrà inventarsi qualcosa di nuovo. Capitano non voglio encomi, sono morto per la mia terraTanto la fine dell’Inghilterra è già avviata.

TAG: ciliegie, felpe, lega, papeete, rosario, salvini, trash, zaia
CAT: costumi sociali, Partiti e politici

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